Lavoro e professione

Medici manager: «Basta piangere»

di Andrea Silenzi, segretario generale Società italiana medici manager (Simm) e Paolo Parente, coordinatore Area giovani - Società italiana medicimanager (Simm)

Era il 1885 e i braccianti delle province di Mantova e Rovigo inneggiavano alla rivoluzione con le note de "La boje", un inno di lotta dalle seguenti parole: «L'Italia l'è malada. Per far guarì l'Italia. Tajem la testa ai sciur». I signori erano i dirigenti dell'epoca e la scure era ritenuta un rimedio efficace per risolvere i problemi che attanagliavano quella comunità.
Quelle parole, con i dovuti distinguo, non sono molto differenti dalle tante che, con approccio disfattista e populista, sempre più spesso attraversano la nostra società in maniera trasversale, senza risparmiare, ovviamente, la nostra sanità.

D'altronde, tagli di teste o tagli lineari - di posti e costi della sanità - si confermano continuamente come rimedi inefficaci a medio e lungo termine nella risoluzione dei problemi.

E allora cosa fare se i problemi che la nostra sanità sta affrontando sono quelli della sostenibilità presente e futura della tutela del diritto alla salute?

È quello che ci siamo chiesti come Società italiana medici manager (Simm) quando abbiamo affrontato la strutturazione dei contenuti da presentare con il nostro VII Congresso nazionale, che si è svolto a Roma il 23-24 giugno 2014. Scelta difficile e non scontata perché, già a novembre 2013, durante i lavori del nostro VI Congresso nazionale, avevamo lanciato l'ultima chiamata per aggregare professionisti, cittadini, politica e Istituzioni attorno a un impegno comune per salvare il nostro Servizio sanitario nazionale, rivoluzionandolo. "S.O.S. Servizio sanitario nazionale: ultima chiamata!", appello chiaro e universale che, nonostante gli impegni e le promesse da parte della politica e dei decisori, non aveva, però, prodotto nessun risultato concreto.

Le vie da imboccare erano due: o un requiem del nostro Ssn e dei suoi princìpi fondanti, in primis l'universalità delle cure, l'equità e la solidarietà, omaggio anticipato a una fine ingloriosa già scritta, dettata da uno stato inerziale e da un'incapacità di rilanciarsi intrinseca della nostra sanità; oppure uno slancio di orgoglio passionale quanto fondato, un monito a crederci ancora e a trasformare quel che di buono c'è in meglio illuminando la qualità che, purtroppo, troppo spesso c'è ma non si vede.
Questi i motivi che ci hanno spinto a cercare nel "basta piangere!" il filo conduttore dei lavori congressuali dove molti sono stati gli ospiti illustri che hanno contribuito al successo, in termini scientifici e propositivi, della due giorni Simm.

Come ha ricordato Walter Ricciardi, presidente Simm, in Italia stiamo vivendo la combinazione di cinque fattori critici. Quattro di questi li condividiamo con tutto il resto del mondo. Il quinto lo stiamo subendo, del tutto passivamente, soltanto noi, insieme a Spagna, Portogallo e Grecia. Questi fattori critici sono l'invecchiamento della popolazione, l'aumento dei bisogni e della domanda, l'offerta di nuove tecnologie e, per la prima volta, la scarsità di operatori sanitari. In Italia e negli altri Paesi dell'Europa del Sud a questi fattori se ne aggiunge un quinto: la crisi economica che ci costringe ad affrontare i primi con scarsissime risorse.
Se non ci si muove in tempo il sistema, come una nave dalle vele ammainate, si dirigerà inesorabilmente verso una vera e propria "tempesta perfetta" dove queste cinque ondate gigantesche si abbatteranno sulla nave del Servizio sanitario nazionale che sarà destinata, inesorabilmente, ad affondare.

Il ruolo dell'equipaggio può diventare determinante in situazioni come questa, permettendo a capitano e nave di affrontare la navigazione in maniera del tutto diversa, finanche a cambiare rotta. Ecco perché la Simm rilancia il ruolo centrale della leadership medica e della responsabilità sociale dei medici nella sanità del presente: troppo spesso assistiamo a sterili contrapposizioni di parte tra rappresentanze professionali senza cimentarsi nelle sfide che, quotidianamente, una sanità sempre più organizzata e complessa sottopone ai professionisti. Per rilanciarsi il medico deve avere contezza del palcoscenico sul quale si sta muovendo - ovvero quello rappresentato da una sanità iper-organizzata, multi-professionale e in perenne ricerca dell'equilibrio tra sostenibilità e universalità delle cure - e contaminare la propria professionalità con le competenze degli altri, in primis quelle dei manager.

La Simm, nata nel 2006 dalla stretta collaborazione con la British association of Medical managers e con l'American college of Physician executives, ha sempre operato per promuovere, sviluppare e consolidare anche in Italia il ruolo e la funzione manageriale nella professione medica.
Perché, in un'ottica di medicina di popolazione, il medico deve esercitare una funzione di stewardship sull'utilizzo delle risorse, non solo economiche ma anche umane e tecnologiche, e deve rilanciare il proprio ruolo di leader interessandosi alla direzione da prendere, pena la scelta di rotte altre che poco hanno a che vedere con la tutela del diritto della salute del singolo e delle comunità.

Per la Simm il Servizio sanitario nazionale (Ssn) rappresenta ancora un tesoro inestimabile da difendere e supportare, soprattutto in un momento di generale difficoltà perché, come affermò Aneurin Bevan, padre del National health service inglese fondato negli anni del dopoguerra, «è nei momenti di difficoltà e preoccupazione, economica e sociale, che si misura la civiltà di una Nazione». Questo passaggio è stato ricordato nella mattinata di apertura sia dalla lettura magistrale di David Stuckler, autore di "The Body Economic", best-seller mondiale sull'effetto prodotto dalle politiche austerity sulla salute, sia dalla tavola rotonda sugli investimenti in salute in Europa che ha visto confrontarsi tre ex ministri della Salute medici (Spagna, Italia e Slovenia) e membri del panel di esperti degli investimenti in salute della Commissione europea.
Ma oltre al coraggio e alle competenze dei professionisti, oltre al patrimonio di cultura e conoscenze posseduto da centri di ricerca e società scientifiche, ci sarà sempre più bisogno della capacità degli individui di uscire dagli schemi per trovare soluzioni, ci sarà sempre più bisogno di passione. Perché soltanto ri-appassionandosi e mettendosi in discussione ogni medico e/o professionista sanitario potrà essere custode della tutela del diritto alla salute delle comunità e, con questo, saprà essere protagonista della rivoluzione del nostro Servizio sanitario nazionale.