Lavoro e professione

Sedentarietà, la provocazione dei medici dello sport: «Il Ssn la riconosca come malattia»

Riconoscere la sedentarietà come una vera e propria malattia, riconosciuta dal Servizio sanitario nazionale. E' la provocazione lanciata dai medici della Federazione medico-sportiva del Coni (Fmsi), riuniti da domani a domenica a Catania per il 34mo congresso nazionale.

La base d'appoggio non manca: l'Italia, infatti, rientra nella top 20 delle nazioni più pigre al mondo con oltre 24 milioni di sedentari, pari a circa il 42% della popolazione e un indice di inattività del 54,7%. Proprio questo tema è al centro del congresso "Sedentarietà: una nuova patologia": l'obiettivo è fare in modo che il ministero della Salute italiana possa essere il primo al mondo a introdurre la sedentarietà come vera e propria malattia riconosciuta dal Servizio sanitario nazionale. Al pari dei disturbi cardiovascolari, del diabete, di tumori e altro.

I motivi, spiegano alla Fmsi, presieduta da Maurizio Casasco, sono tanti. A partire dalle dimensioni del fenomeno: il nostro Paese è la 17esima nazione più pigra al mondo, con un indice di inattività del 54,7%, con un media che si ferma al 31,1%. Se rapportati all'Unione Europea, il quadro è ancora più desolante. Siamo quinti, superati soltanto da Malta, Cipro, Serbia e Regno Unito. L'Istat censiva, nel 2013, oltre 24 milioni di sedentari, pari a circa il 42% della popolazione.
Diversi studi hanno ormai dimostrato che la sedentarietà riduce la neuroplasticità e le dimensioni dell'ippocampo, oltre a favorire l'invecchiamento dei telomeri. L'attività fisica, favorisce al contrario un effetto neuroprotettivo, con risultati di apprendimento migliorati. Ecco perché rimane fortemente indicato pure in terza età.

Secondo l'Oms, i decessi per le 'non communicable diseases' aumenteranno del 17% nei prossimi 10 anni ma, con interventi coordinati, sarà possibile evitare oltre 30 milioni di morti premature nel mondo entro il 2015, delle quali quasi il 50% negli under 70. La Federazione medico sportiva italiana, spiegano dalla stessa organizzazione, ha i mezzi e le competenze per aprire la strada a una rivoluzione, anche economica sulle spese risparmiate per le cure. Ricordando, però, che è il medico sportivo competente per la prescrizione della terapia, al pari di un farmaco, nella giusta dose individuale.