Lavoro e professione

Emergenza, Pronto soccorso «pigliatutto»

di Gian Alfonso Cibinel (presidente nazionale Simeu)

In questi anni di profonda trasformazione del Ssn, il pronto soccorso può essere assunto come emblema del cambiamento. Dagli anni ormai lontani in cui l'attività consisteva prevalentemente nello smistamento ai diversi reparti dei casi clinici più o meno urgenti, il ruolo del pronto soccorso sta diventando sempre più centrale per il sistema: in pronto soccorso si fa diagnosi, si cura e si avviano percorsi assistenziali. Inoltre il pronto soccorso è sempre più il punto di riferimento per molti casi sociali, che non trovano risposte in altre sedi e che costituiscono circa il 20% degli accessi totali.

Di tutto questo si parlerà da oggi all'8 novembre al Centro Congressi del Lingotto di Torino, nelle tre giornate del IX congresso nazionale Simeu. In un fitto calendario di incontri si affronteranno le problematiche abituali, come il trauma, le infezioni, le malattie cardio-vascolari, l'insufficienza respiratoria e il paziente fragile polipatologico; ma si parlerà anche dell'approccio a situazioni particolarmente delicate dal punto di vista etico e umano come la violenza di genere, i maltrattamenti delle fasce deboli e le problematiche del fine vita. E poi saranno dibattuti importanti aspetti organizzativo-gestionali e giuridici, dall'errore al controllo del rischio clinico, dal precariato medico alla copertura assicurativa dell'attività sanitaria.

Oggi i medici e gli infermieri dell'emergenza sono formati per una presa in carico globale del paziente che accede al pronto soccorso. Dal punto di vista dei percorsi di cura il triage infermieristico, insieme ad altri modelli che coinvolgono il medico nella fase di accettazione, garantisce una risposta sempre più efficace in termini di definizione delle priorità: le attese medie per la prima visita dopo l'accettazione sono irrilevanti per i codici rossi e contenute per i codici gialli, fatte salve le differenze da Regione a Regione. Altro sono le attese per il ricovero nei diversi reparti dell'ospedale, dopo la valutazione del medico d'urgenza, che possono arrivare ad alcuni giorni, data la drastica riduzione di posti letto. Ne consegue il problema diffuso dell'affollamento del pronto soccorso, dovuto proprio all'impossibilità di ricoverare i pazienti, e molto meno agli accessi impropri, che negli ultimi anni sono diminuiti, e che pesano solo per un 20-30% sul problema.

Proprio in seguito al taglio dei posti letto ospedalieri, con un tetto previsto di 3.1/1.000 abitanti, quelli residui sono dedicati quasi esclusivamente alle acuzie. Questo esige una diversa organizzazione dei percorsi ospedale-territorio, con una rete di assistenza alternativa al ricovero: di questa rete il pronto soccorso è il nodo cruciale, perché qui si decide il percorso del paziente, ricoverandolo se necessario, ma anche dimettendolo, spesso dopo un'osservazione di 24-36 ore che permette la definizione diagnostica e l'avvio delle cure. La dimissione può essere diretta, accompagnata eventualmente da un contatto con il Mmg, oppure concomitante all'avvio, direttamente dal Ps, di percorsi che coinvolgono soggetti diversi, dai servizi specialistici ambulatoriali all'Adi, dai Nuclei di assistenza infermieristica all'ospedalizzazione a domicilio, dalle Rsa alle Riabilitazioni di I e II livello. La possibilità di dimettere i pazienti in sicurezza dopo una fase diagnostico-terapeutica protratta oltre le sei ore, così come la possibilità di avviare percorsi di cura e assistenza per i pazienti fragili o con problematiche sociali, è strettamente dipendente dalla disponibilità in ogni pronto soccorso di risorse strutturali e umane per l'attività di osservazione (Obi), attività non ancora operativa in molti ospedali; solo la presenza di Obi in tutti i pronto soccorso permetterà di usare al meglio la risorsa critica dei posti letto ospedalieri, evitando il collasso funzionale delle strutture.

Un altro tema critico che sarà affrontato nel congresso è quello delle unità di terapia semintensiva, destinate ad accogliere pazienti acuti necessitanti di cure ad alta intensità. A fronte del modello di semintensiva mono-funzionale (solo per pazienti post-chirurgici, o con problemi cardiovascolari, o respiratori o neurologici) deve essere considerato il modello multifunzionale, che può accogliere pazienti critici diversi: traumatologici, medici e anche post-chirurgici. Le semintensive multifunzionali sono da attivare in tutti gli ospedali sede di Dea, come componenti delle strutture complesse di medicina d'urgenza e pronto soccorso; possono infatti essere governate in modo adeguato dal medico di emergenza-urgenza, unico specialista con competenze specifiche medico-chirurgiche, disponibile 24 ore su 24, che si avvale della consulenza dei diversi specialisti presenti in ospedale.

La triade funzionale pronto soccorso - osservazione breve - terapia semintensiva, è il futuro dei nostri ospedali, sempre più organizzati per intensità di cura. Una triade che può dare una risposta organizzativa e professionale adeguata a molti problemi del nostro sistema sanitario e soprattutto ai bisogni sanitari e sociali dei cittadini. È chiaro peraltro che i servizi di emergenza ospedaliera non possono essere lasciati soli ad affrontare i problemi sociali e che devono essere diretti da professionisti competenti e presidiati da personale formato, motivato e in quantità adeguata.