Lavoro e professione

Dopo i ricorsi è caos a Medicina:«Impossibile fare lezione, pronti a dimissioni di massa»

di Marzio Bartoloni (da www.ilsole24ore.com)

Inutile girarci intorno. Il numero programmato nella facoltà di Medicina è saltato: dopo la pioggia di ricorsi i Tar hanno imposto agli atenei l'iscrizione di 6mila candidati in più, in pratica oltre il 50% dei circa 10mila posti programmati. Per i corsi di laurea in Medicina in partenza in questi giorni il rischio caos è dietro l'angolo tra aule, laboratori e reparti che non saranno in grado di accogliere tutti questi studenti. Da qui l'appello della Conferenza dei presidenti dei corsi di laurea in Medicina che ha approvato nei giorni scorsi una mozione nella quale dichiara lo stato di agitazione e minaccia, in assenza di risposte del Governo, dimissioni di massa.

Medicina a rischio caos
«Non vogliamo essere complici del degrado della formazione medica italiana», avverte Andrea Lenzi che presiede questo organismo che riunisce tutti i coordinatori nazionali dei corsi. «I colleghi europei - continua Lenzi - ci dicono che i nostri corsi sono tra i migliori e non vogliamo che i nostri studenti debbano subire le conseguenze dell'impoverimento della nostra area formativa: non ci stiamo». Nasce da qui la mozione approvata all'unanimità che prevede, «in assenza di segni di urgente riscontro», l'auto sospensione in massa dei coordinatori e dei docenti. Per chi lavora ogni giorno alla formazione dei futuri medici servono insomma garanzie e indicazioni chiare dal ministero su come portare in porto il prossimo anno accademico. Senza risposte si arriverà anche alle «dimissioni - recita la mozione - di tutti i Presidenti di corso di laurea magistrale in medicina e chirurgia di tutte le sedi universitarie italiane». Non è tutto. A preoccupare è anche il fronte delle specializzazioni mediche che seguono la laurea. A parte il concorso nazionale, investito nei giorni scorsi da una bufera per il pasticcio nei quiz, per i presidenti dei corsi pesa il fatto che viene dato scarsissimo valore al curriculum di studi degli studenti nell'accesso alle scuole di specializzazione. «A questo - continua Lenzi - si aggiungono le notizie legate alla modifica degli ordinamenti delle scuole stesse a tappe forzate e senza una possibilità di audizioni e consultazioni di tutti i soggetti interessati». La riforma della scuole dovrebbe avvenire infatti entro la fine dell'anno, una scadenza troppo vicina per cambiare gli ordinamenti di oltre 50 specializzazioni. Una fretta, questa, che rischia di complicare ancora di più il percorso formativo che conduce gli aspiranti medici dalle aule alle corsie degli ospedali.

Il ministro conferma: stop ai test d'ingresso
Intanto il ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini, ha confermato nei giorni scorsi che allo studio del governo c'è l'ipotesi di eliminare i contestatissimi test d'ingresso alla facoltà di Medicina. In un primo momento si parlava di un addio già dal prossimo anno accademico, ma secondo alcune indiscrezioni la riforma potrebbe slittare anche a quello dopo. «Abbiamo istituito una commissione mista per arrivare a una selezione qualitativamente migliore», ha spiegato il ministro. Il modello di riferimento potrebbe essere quello francese che prevede l'apertura a tutti gli aspiranti medici il primo anno con una selezione successiva, forse dopo un anno, che funzionerebbe da sbarramento per non superare il numero programmato.
Intanto, però, le università hanno dovuto correre ai ripari per accogliere i vincitori dei ricorsi al Tar, riammessi a lezione. «I ricorsi sono una costante di questo Paese. Come si parla di una procedura selettiva, si annunciano i ricorsi», ha aggiunto ancora la Giannini alle prese anche con l'altra bega, quella dell'ammissione alle scuole di specializzazione in medicina le cui prove di selezione sono finite nella bufera per un pasticcio sui quiz che sono stati invertiti: «Non è un episodio - ha concluso il ministro - che deve mettere in discussione i principi per cui è stato fatto il test nazionale, cioè un esame che deve essere uguale per tutto il territorio».