Lavoro e professione

Lettera del coordinamento Conaps alla Lorenzin: «Alt a nuove professioni sanitarie»

«È sicuramente obiettivo condiviso e fa onore al legislatore che si sia posto il problema di garantire maggiore sicurezza agli utenti che si affacciano ad un fenomeno (quello delle cosiddette "discipline alternative o non convenzionali") privo di regolamentazione e che riguarda comunque attività sanitarie. Tuttavia, non si comprende perché, invece di regolamentare la pratica e la disciplina che insistono su ambiti attualmente propri di altre professioni della salute già normate, la proposta sia di istituire nuove professioni sanitarie. Il riferimento è alle cosiddette figure di "osteopata" e "chiropratico". Non è possibile, infatti, prima istituire una nuova professione sanitaria e poi verificarne o peggio identificarne le competenze, rilevando solo a posteriori se queste confliggano con quelle già assegnate alle professioni sanitarie esistenti. In alcuni emendamenti, inoltre, si fa cenno a titoli equipollenti la cui tracciabilità oggi è assolutamente impossibile, essendoci in Italia solo scuole private la cui certificazione non può che essere autoreferenziale». Questo è quanto emerge da una lettera aperta, inviata dal presidente nazionale del Coordinamento nazionale delle professioni sanitarie, Antonio Bortone, al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ai senatori membri e al presidente della XII commissione Igiene e Sanità del Senato, Emilia Grazia De Biasi.

Proprio al Senato si trova, ormai da molti mesi, il Ddl 1324 per l'istituzione degli Ordini professionali per le professioni sanitarie. «Già oggi – spiega Antonio Bortone – esistono professionisti sanitari, per esempio, che praticano tecniche osteopatiche e di terapia manuale, che alcuni vorrebbero incluse nel capitolo "chiropratica". E lo fanno con la forza e la serietà della formazione universitaria di base, di quella avanzata aperta solo a professionisti sanitari, con la disciplina del proprio Codice Deontologico, la riconoscibilità del proprio agire derivante dall'esame di Stato abilitante, ma soprattutto la capacità di indagare scientificamente i presupposti e le prove di efficacia di questi ‘approcci non convenzionali' ai fini di dimostrarne sicurezza, efficacia, sostenibilità all'interno del nostro paradigma scientifico. Il proseguire della Commissione in quella che è una palese incongruenza, ci obbliga a ribadire la posizione già più volte espressa: il riferimento alle nuove professioni deve essere totalmente stralciato dal Ddl 1324».
Nel merito delle nuove versioni di detti emendamenti, relativi al c.d. "osteopata" e al "chiropratico", è d'obbligo, ai fini della tutela della salute dei Cittadini e nel rispetto del sistema delle professioni in un ambito così delicato come quello della salute pubblica, fare le seguenti considerazioni:
1) In primis, è sicuramente obiettivo condiviso e fa onore che il Legislatore si ponga il problema di garantire maggiore sicurezza agli Utenti che si affacciano ad un fenomeno (quello delle c.d. "discipline alternative o non convenzionali") privo di regolamentazione e che insiste comunque su attività sanitarie. Tuttavia, non si comprende perché, invece di regolamentare la pratica e la disciplina, che insistono su ambiti già attualmente propri di altre professioni della salute già normate, la proposta sia di istituire nuove professioni sanitarie.
2) Il riferimento alla L. 43/2006, pur doveroso, è posto negli emendamenti in una inversione logica: non è possibile prima istituire una nuova professione sanitaria e poi verificarne o peggio identificarne, secondo i dettami della legge succitata, le competenze, rilevando solo a posteriori se queste confliggano con quelle già assegnate alle professioni sanitarie esistenti. Negli emendamenti in questione si fa cenno a titoli equipollenti la cui tracciabilità oggi è assolutamente impossibile, essendoci in Italia solo Scuole private la cui certificazione non può che essere autoreferenziale.
3) Il razionale della L. 43/2006, nella fattispecie all'art. 5, è che tali valutazioni (se esista quello specifico bisogno di salute, che esista una nuova disciplina che possa rispondervi, che questa possa essere racchiusa in una nuova professione, che le competenze di quest'ultima siano effettivamente "nuove" cioè non rappresentino duplicazioni né parcellizzazioni delle professioni sanitarie esistenti) debbano essere fatte prima dell'istituzione -eventuale- di una nuova professione sanitaria. «Al fine di evitare derive pericolose per il DDL in questione, che ci costringerebbero a disconoscerlo - conclude Bortone - chiediamo che il riferimento alle nuove professioni venga totalmente stralciato. Allo scopo, chiediamo con urgenza un confronto con il Ministero ed una nuova audizione in XII^ Commissione».