Lavoro e professione

Manovra, Medici: «No alla devolution della sanità.Torna l'Università pigliatutto?»

L'intersindacale medica si scaglia contro l'emendamento delle Regioni alla legge di stabilità sull'"efficientamento del servizio sanitario" (v. testo in allegato). Una proposta che si scontra, a quanto pare, anche con il parere negativo che la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin avrebbe già espresso.

L'emendamento modifica l'articolo 2 del Dlgs n. 517 del 1999 che disciplina i rapporti fra Servizio sanitario nazionale e università. Nel testo si legge che «le Regioni e le Province autonome possono realizzare la collaborazione tra Servizio sanitario regionale e Università, in deroga al modello unico aziendale di cui al comma 3, anche attraverso modelli istituzionali che comportino diverse modalità organizzative delle funzioni assicurate dalle aziende sanitarie, da definire nell'ambito dei protocolli d'intesa tra Regione e Università».

Secondo medici e dirigenti sanitari l'emendamento «assesta un ulteriore colpo» al carattere unitario del Ssn. «Dopo la balcanizzazione delle competenze professionali, affidate a variabili intese locali - si legge in una nota - oggi la devolution tocca un aspetto centrale di ogni sistema sanitario, quale i rapporti tra Servizio sanitario e Università, tra assistenza e formazione dei medici e delle altre professioni sanitarie, delegati a protocolli di intesa tra le singole regioni e le singole Università».

Il rischio è quindi quello di una devolution della Sanità in condominio con l'Università. «A dispetto degli annunci, e dei pareri delle Commissioni Parlamentari - continua l'intersindacale - di un ritorno dello Stato alla guida delle politiche generali di indirizzo in Sanità, oggi lo stesso Stato abdica a ogni ruolo nazionale, perseverando nell'errore del 2001, ri-consegnando la sanità alle Regioni in condominio con l'Università. Vale a dire con chi non è eletto dai cittadini, né in primarie né in secondarie, e ad essi non risponde, ma lascia gli oneri economici a carico delle loro tasse e dei loro ticket».

«Siamo al baratto tra i tagli chiesti dal Governo - continua la nota - la perdita del carattere vincolato del fondo sanitario regionale, che diventa il bancomat per le inefficienze organizzative e gli sprechi delle singole Regioni, e una delega legislativa in bianco, addirittura sugli assetti istituzionali di un complesso sistema che riguarda non solo la formazione, anche quella post laurea oggi nell'occhio del ciclone, ma anche le sue ripercussioni sulla qualità e quantità delle attività assistenziali erogate ai cittadini».

La prospettiva è quella di un ulteriore inasprimento delle differenze regionali. «Si accentuano le differenze tra le Regioni e tra i cittadini, creando un cortocircuito - sottolinea la nota dell'intersindacale - a tutto vantaggio della vanagloria di qualche Governatore e del potere universitario che, superando le mura dell'ospedale, si prepara a metastatizzare in tutta la rete assistenziale regionale, senza alcuna garanzia, visti i precedenti, di maggiore efficienza e minori costi.

E gli apologeti del rapporto fiduciario come criterio di scelta dei Primari dovranno accontentarsi di decisioni unilaterali, sostitutive di curricula professionali e procedure selettive. Il pozzo senza fondo delle Scuole di Medicina, il cui carattere di variabile indipendente rappresenta oggi l'unico elemento unificante i servizi sanitari regionali, continuerà ad ingoiare risorse con i risultati che non vede solo chi è abbagliato dalla frequentazione di magnifici ed amplissimi».

«Le Organizzazioni sindacali - concludono le sigle - fanno appello ai Senatori affinché non si facciano complici di uno scempio che si intende realizzare con un colpo di mano che, violentando logica e regolamenti parlamentari, pretenderebbe di introdurre provvedimenti ordinamentali in una legge finanziaria. Contro il presente e il futuro di un sistema che solo noi, evidentemente, ci ostiniamo a volere e chiamare nazionale».