Lavoro e professione

La ricetta contro il boom medicina difensiva? Ripensare la responsabilità medica

Un fenomeno che genera inefficienze e sprechi fino a 13 miliardi non può essere ulteriormente aggravato ma impone una rapida corsa ai ripari. Che parte da un ripensamento della disciplina vigente in tema di responsabilità medica. A fare il punto sul peso e sui risvolti della medicina difensiva in Italia è il Ceis-Tor Vergata di Roma, che ha organizzato a Roma il convegno dedicato alle "Regole che la inducono, regole che la riducono".

L'adozione della medicina difensiva - spiegano dal Ceis - rappresenta un problema enorme per i sistemi sanitari di tutti i paesi industrializzati, in particolar modo per quello italiano. Il fenomeno incide per oltre 10 miliardi di euro (circa lo 0,75% del Pil) e determina una serie negativa di effetti sul sistema sanitario che influiscono sulla sua efficienza complessiva: allungamento delle liste d'attesa per gli esami specalistici, aumento negli accessi al pronto soccorso e occupazione più del dovuto di posti letto nelle strutture ospedaliere.

Le soluzioni possibili. Se il problema è grave, drastiche e tesmpestive dovranno essere le soluzioni. «Guardando all'aspetto giuridico - spiega il direttore del Ceis Tor Vergata Vincenzo Atella - è necessario prendere atto dell'inefficienza della vigente disciplina della responsabilità medica e della necessità di un suo ripensamento, non nella prospettiva di favorire qualcuno degli attori della prestazione dell'assistenza medico-sanitaria, ma di incentivare il funzionamento "corretto" del sistema, rendendolo così più efficiente e garantendo una maggior tutela di tutti i suoi attori, in particolare dei medici e dei pazienti/utenti. Per arrivare a ottenere un tale cambiamento è, però, necessario procedere a un radicale ripensamento della responsabilità medica fondata sull'atto medico e sul rapporto medico-paziente, ricostruendo, invece, il sistema intorno al nuovo paradigma di prestazione dei servizi sanitari, soprattutto ospedalieri, come servizi integrati in organizzazioni complesse, considerando l'errore medico non necessariamente in termini di "colpa", ma come un rischio tipico dell'attività. In tal modo il vero problema diventerebbe quello di minimizzare il rischio dell'evento e questo garantirebbe anche alle imprese assicurative di svolgere meglio il proprio mestiere».

Questo cambio di prospettiva consentirebbe, quindi, di risolvere il problema dell'abbandono del mercato della responsabilità civile medica da parte delle compagnie assicurative, che dipende non tanto (e non solo) dall'incremento del relativo contenzioso e dell'ammontare dei risarcimenti quanto, piuttosto, dalla impossibilità di predeterminare modelli di copertura dei rischi in ragione dell'assenza di informazioni complete e attendibili su quantità e qualità di eventi risarcibili verificatisi storicamente».

Il contributo della ricerca nel settore. Per contribuire a tale cambiamento è, però, necessario investire di più in ricerca in questo settore. Il Ceis Tor Vergata, insieme con l'Università Tor Vergata di Roma e l'Università Giustino Fortunato di Benevento, ha inaugurato un'iniziativa di ricerca in materia di responsabilità medica e medicina difensiva istituendo un centro ad hoc che «guarderà al fenomeno - spiega ancora Atella - lungo due direttrici. Da un lato quella di ispirazione economica, che intende procedere a una quantificazione attendibile del fenomeno della medicina difensiva e definire meglio la struttura degli incentivi che la determina. Dall'altro, contribuire a una riduzione del fenomeno nella prospettiva della indagine giuridica. Tutto ciò avverrà con un approccio multi-disciplinare, che è l'unica strada da seguire per provare a trovare una soluzione a un problema di enorme impatto economico e sociale e intrinsecamente complesso».