Lavoro e professione

Che stress resto a casa: ricerca Fiaso per attivare gli antidoti a un male che costa 3 miliardi

di Ernesto Diffidenti

Che stress oggi resto a casa. E’ un pensiero ricorrente tra i lavoratori sempre più sfiduciati alle prese con la spending review delle aziende e i crescenti oneri familiari. Un peso che schiaccia a letto i dipendenti che accumulano ogni anno 30 milioni di giornate di assenza per un costo di circa 3 miliardi di euro. Per la Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso) lo stress lavoro-correlato può diventare il «male del secolo» e per questo ha avviato una ricerca per tracciare l’identikit dei sintomi ma anche attivare gli antidoti.

E’ stata l’Europa per prima a capire la serietà del problema tanto che nel 2008 ha stipulato uno specifico accordo tra imprese e parti sociali. L’Italia ha recepito l’intesa con un decreto ad hoc, entrato in vigore dal 1 gennaio del 2012. E in sanità il Laboratorio Fiaso ha fatto da apripista, sperimentando una politica di promozione del benessere nelle aziende sanitarie che ha portato negli uffici e nelle corsie un tasso di assenze ben al di sotto della soglia del 10%, contro un buon 25% di partenza. Che è poi la media europea dei lavoratori colpiti da quella sindrome da stress correlato al lavoro che alle economie dei Paesi Ue costa ben 20 miliardi di euro l’anno, tra calo della produttività e il 60% di tutte le giornate di malattia riscontrate nei luoghi di lavoro. I risultati, presentati oggi a Roma, sono stati raccolti in un dossier di oltre 200 pagine che si propone come stimolo per affermare un nuovo welfare non solo nella sanità ma anche nel resto del mondo lavorativo.

Migliorare l’habitat lavorativo aumenta la produttività
Individuate le difficoltà, proposte le soluzioni, dunque, la «cura» si è rivelata efficace. Nelle 19 aziende campione, infatti, oltre il 77% dei dipendenti, dai medici agli infermieri, dai tecnici agli impiegati, ha dichiarato di stare benissimo da un punto di vista psicologico. Al contrario, la quota dei dipendenti rimasti «stressati» è scesa sotto il 10%. Ma resta il fatto che la lotta allo stress lavoro-correlato ha contribuito a migliorare sensibilmente la produttività e ad abbattere le giornate di assenza per malattia. Tant’è che la Asl Cuneo 2 e la Asl 12 di Viareggio, capofila del progetto, risultano essere anche in cima alla classifica delle aziende con minor tasso di assenteismo.

I comportamenti e le situazioni che stressano i lavoratori
Cosa A influire positivamente su questi risultati sono 13 variabili sul benessere organizzativo, rilevate dalla ricerca Fiaso. In una scala a 1 a 5, a influenzare maggiormente lo stato di benessere sul lavoro sono valori legati alle capacità lavorative, come l’abilità (4,26) e la capacità di utilizzare risorse proprie (4,20). Ma particolarmente rilevanti sono anche la chiarezza del proprio ruolo (3,95), la capacità di fronteggiare gli eventi avversi (3,92), la soddisfazione lavorativa in genere (3,92). Da non trascurare anche le altre variabili. In primis la condivisione degli obiettivi (3,77) e il senso di comunità (3,58). Fattori di disagio lavorativo sono invece prima di tutto i carichi di lavoro (3,57), frutto non solo della politica di
quasi permanente blocco delle assunzioni in sanità, ma anche di inefficienze organizzative a cui le aziende stanno ponendo rimedio. Seguono poi i problemi di conciliazione lavoro-famiglia e i trasferimenti o cambi di mansione.

Le proposte operative del Laboratorio Fiaso
Molte e variegate sono le iniziative proposte dal Laboratorio Fiaso e messe in atto per migliorare lo stato di benessere dei 65mila lavoratori coinvolti nella sperimentazione: dall’assistenza allo studio e nel tempo libero per i dipendenti della Asl di Bergamo ai percorsi «per fare squadra» della Asl Cuneo 2, dalle giornate dedicate all'inserimento dei neo-assunti nella Asl di Firenze al training per l’inserimento degli infermieri nella prima linea delle aree di emergenza/urgenza.

Per i direttori generali delle aziende sanitarie è strategico conciliare al meglio la vita con il lavoro e per questo suggeriscono di introdurre gli asili per i figli dei dipendenti, la flessibilità in entrata e in uscita, bus navetta, la rimodulazione del part-time a misura delle esigenze del dipendente.

Il fattore “maternità”
Un discorso a parte, secondo Fiaso, meritano poi le dipendenti in dolce attesa. Per le donne che lavorano in sanità lo stato di gravidanza può diventare più che per altre lavoratrici un fattore di stress lavoro-correlato, che colpirebbe una gestante su due a causa delle difficoltà riscontrate nella ricollocazione lavorativa dopo la maternità e delle tensioni che a volte si creano con i colleghi. Anche loro stressati dal fatto che in oltre il 60% dei casi le lavoratrici che vanno in maternità in Asl e Ospedali pubblici non vengono sostituite, per via delle sempre più austere politiche di bilancio imposte dai tagli alla sanità pubblica.

Investire nel capitale umano e professionale
«La ricerca condotta da Fiaso - sottolinea il presidente, Francesco Ripa di Meana - dimostra che, soprattutto in tempo di crisi, assume valore strategico investire nel capitale umano e professionale. Il Laboratorio mostra però che il perseguimento del benessere organizzativo, oltre che attraverso la conciliazione fra vita privata e lavoro, passa anche per la capacità del management di generare un forte senso di appartenenza aziendale e di individuare soluzioni organizzative che prendono di petto il tema dell'innovazione. Quello che spesso in questi anni di blocchi contrattuali e del turn-over ha permesso di continuare a incentivare professionisti e lavoratori della nostra sanità pubblica, centrando obiettivi economici e di qualità altrimenti impensabili».


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