Lavoro e professione

Sperimentazione animale, i giovani medici Smi chiedono garanzie sui «metodi alternativi»

Una guida chiara e precisa sugli adeguamenti che le università italiane dovrebbero attuare in merito alle “metodologie alternative” alla sperimentazione animale; una maggiore considerazione (prima di modificare le leggi che regolamentano le sperimentazioni scientifiche) del parere di docenti, ricercatori universitari e studenti; la possibilità di applicare la sperimentazione animale qualora, dopo aver analizzato i metodi «alternativi», gli atenei italiani li ritenessero non sufficientemente adeguati dal punto di vista scientifico. Sono queste le richieste dell’area degli studenti universitari del Sindacato dei medici italiani (Smismi) che sulla questione hanno scritto una lettera alla ministra della Salute, Beatrice Lorenzin e alla ministra dell'Università e della Ricerca, Stefania Giannini.

A destare preoccupazione, secondo lo Smismi, sono le quattro mozioni approvate il 5 maggio scorso per la “Promozione della cultura contro i maltrattamenti degli animali”. Fra queste una è finalizzata a rendere ancor più restrittivo il decreto legislativo (n.26 del 04/03/2014) per l'attuazione della direttiva sulla protezione degli animali usati a fini scientifici degli studenti universitar(2010/63/UE).

Nella lettera si sottolinea come le mozioni impegnino il Governo a promuovere, nel rispetto delle disposizioni comunitarie, così come recepite a livello nazionale, iniziative volte a informare a diffondere le metodologie alternative alla sperimentazione animale.

A tal proposito, quindi, Smismi chiede all'Esecutivo spiegazioni per «ottenere delle garanzie riguardo agli aggiornamenti sulle cosiddette “metodologie alternative” alla sperimentazione animale».

«Nella maggior parte dei nostri atenei – scrivono - come accade in gran parte del mondo, USA, Canada, UE, Cina, vengono effettuati trial clinici che constano di più fasi cliniche precedute da una fase di sperimentazione pre clinica in vitro e in vivo: in Italia tutto ciò è regolamentato anche dall'Aifa (agenzia italiana del farmaco). Prima di essere testato dai volontari sani (fase I di sperimentazione clinica) l'ipotetico farmaco o trattamento terapeutico chirurgico o medico di qualsiasi natura, deve essere sottoposto a determinati standard pre clinici. Nel caso di un farmaco si devono avere delle indicazioni attendibili sulla tossicità, sulla farmacodinamica e sulla farmacocinetica della sostanza che si andrà a testare sull'essere umano. Tali standard pre clinici non sono dei valori assoluti, ma delle stime, che sono finora state delineate a partire da modelli animali. Solo una sostanza che in vitro dimostra di possedere potenzialità terapeutiche può accedere a una seconda fase pre clinica di sperimentazione animale: questa è già di per sé una garanzia che la ricerca biomedica non si accanisca inutilmente nei confronti delle cavie da laboratorio».

«La ricerca biomedica –continuano - ha sempre dovuto affrontare impegnative sfide di carattere etico. La sperimentazione animale pone importanti interrogativi: da una parte si deve tutelare la vita dell'animale, che, in quanto essere senziente e dotato di un livello di consapevolezza, non può essere trattato come un mero oggetto inanimato, dall'altra è necessario tutelare il diritto alla salute e del cittadino, la sicurezza clinica nella sperimentazione, la salvaguardia dei diritti fondamentali dell'uomo sanciti dalla nostra Costituzione».

«La modalità prescelta dai ricercatori dell'ambito biomedico – spiegano - per fornire una sperimentazione su volontari sani umani che eviti di essere eccessivamente nociva nei confronti dei pazienti è stata la sperimentazione animale».

«La ricerca biomedica pre-clinica – che si avvale di modelli animali è molto diffusa nella realtà internazionale, ma anche sul nostro territorio, considerando i laboratori presenti in numerose facoltà di medicina e chirurgia presenti su tutto il territorio nazionale…La sperimentazione animale condotta nei nostri atenei, oltre che ad essersi dimostrata finora uno strumento di aiuto e di tutela del paziente nei trial clinici è diventata un'importante fonte di prestigio in termini economici e didattici per il nostro Paese. Molti studenti scelgono di effettuare tesi pre cliniche sperimentali su modello animale al fine di conseguire il titolo di studio e in diverse occasioni lavori scientifici di pregio vengono citati a livello internazionale e sono motivo di orgoglio per il nostro Paese. Ne è un esempio la recente scoperta dei “neuroni specchio”, condotta dal prof. Giacomo Rizzolatti et al., che ha rivoluzionato il modo di studiare e di approcciarsi alle neuroscienze e che è stata possibile grazie all'osservazione dei macachi in laboratorio».

«Auspichiamo pertanto – concludono nella lettera - che l'ipotizzata sostituzione della sperimentazione animale con le “metodologie alternative” indicate nel testo approvato dal Senato, si preoccupi di tutelare innanzitutto il diritto alla salute dei cittadini, ma anche la ricerca medico-scientifica, patrimonio inestimabile per la nostra repubblica, coerentemente con quanto affermato dall'art. 9 della Costituzione: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica”».

Le richieste dello Smismi

•che venga fornita una guida chiara e precisa sugli adeguamenti che le università italiane dovrebbero attuare in merito alle “metodologie alternative”, con una rigorosa bibliografia e dei validi riferimenti scientifici che si ispirino al principio della medicina “evidence based”;

•che venga preso in considerazione il parere di docenti, ricercatori universitari e studenti, quale parte sociale privilegiata, prima di modificare le leggi che regolamentano qualsiasi metodologia di sperimentazione scientifica;

•che sia possibile applicare la sperimentazione animale qualora, dopo aver analizzato i metodi da voi proposti, gli atenei italiani li ritenessero non sufficientemente adeguati dal punto di vista scientifico e/o non statisticamente significativi o in conflitto con le leggi internazionali vigenti già precedentemente esposte.


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