Lavoro e professione

Ricerca, le assunzioni restano un miraggio

di Silvio Garattini (direttore, Irccs Istituto di Ricerche farmacologiche “Mario Negri”, Milano)

La nuova legge sul lavoro è stata accolta con interesse da tutti coloro che hanno attività produttive. Le «tutele crescenti» sembrano essere un buon compromesso fra la rigidità portata all'estremo e la flessibilità senza regole. Alcune eccezioni sono state proposte nei decreti attuativi, ma non sembra vi sia stata molta attenzione nel considerare quali siano le conseguenze della riforma nei confronti della ricerca scientifica. Ciò non sorprende nessuno visto che la ricerca in Italia è ritenuta una spesa anziché un investimento e perciò in tempo di crisi serve solo per poter dimostrare che si fanno dei tagli, ancorché le risorse per la ricerca siano così ridotte da non permetterne altri. Nella speranza che questa “nottata” passi, e guai se non avessimo questa speranza nell'interesse del Paese, può essere utile fare alcune considerazioni.

Lo scenario di queste note è quello di organizzazioni non-profit che hanno come scopo la realizzazione della ricerca o il sostegno della stessa. Sono in generale Fondazioni che devono pagare gli stipendi dei loro addetti sotto varie forme: alcuni addetti sono strutturati, ma non sono dipendenti pubblici, altri offrono i loro servizi attraverso una Partita Iva, altri ancora fanno parte dei co.co.pro. Questa varietà di rapporti in linea generale è utile perché la ricerca scientifica è un'attività estremamente dinamica che non può contare sempre e solo sulle stesse persone, ma ha bisogno di volta in volta di avere competenze diverse per realizzare specifici progetti. Tuttavia, la varietà di rapporti ha creato un notevole invecchiamento della popolazione di ricercatori strutturati. In pratica, come in altri campi della nostra società, è saltata una generazione che è rimasta relegata in quel che è definito “precariato”. Per questa ragione il Jobs Act sembrerebbe soddisfare la necessità di creare occupazione relativamente stabile, ma al tempo stesso permettere un ricambio dei ricercatori in sintonia con il cambiamento delle problematiche e delle tecnologie della ricerca, soprattutto quella biomedica.

L'attesa di nuovi posti di lavoro nel campo della ricerca andrà tuttavia delusa, se non si attueranno almeno due condizioni. La prima riguarda il supporto economico della ricerca. Se non aumenteranno le risorse e non vi sarà un'adeguata programmazione per dare certezza dei tempi, sarà difficile assumere i giovani. Oggi i bandi di concorso sono troppo pochi e le cifre sono tanto irrilevanti rispetto alla complessità della ricerca e al numero di istituzioni concorrenti da non permettere alcun utilizzo del Jobs Act. Anche le disponibilità europee cui si fa spesso riferimento, sono molto scarse rispetto alla competizione. Val la pena di ricordare che i ricercatori italiani sono fortemente handicappati nella competizione, perché sono pochi rispetto agli altri Paesi, non hanno alcun supporto politico e sono sfavoriti perché non possono svolgere certi tipi di ricerca sugli animali d'esperimento e hanno notevoli freni sul piano burocratico e amministrativo. Perciò il Governo deve decidersi a stimolare la ricerca, facendo in modo che vi sia almeno un raddoppio del misero e comunque bugiardo 1,2 per cento del prodotto interno lordo.

La seconda condizione è più di tipo burocratico. Oggi, quando si vince un bando di concorso per realizzare un progetto, non è possibile inserire nel budget il salario di un ricercatore strutturato. In altre parole si può riportare nel rendiconto delle spese solo la retribuzione dei co.co.pro., dei servizi a Partita Iva e dei borsisti. Perciò oggi la Fondazione che avesse la “malaugurata” idea di assumere un giovane co.co.pro. dovrebbe pagarlo con soldi che non possono derivare né dai fondi di ricerca ministeriali né dai fondi regionali e neppure dai fondi delle charities. In altre parole, come spesso accade in Italia, con una mano si dà vantaggio e con l'altra si crea un ostacolo. Se vogliamo rilanciare l'occupazione dei giovani e al tempo stesso il futuro della ricerca scientifica indispensabile per il progresso, occorrono risposte concrete e non più dilazionabili ai problemi sopra riportati.


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