Lavoro e professione

Laurea in Medicina: quest’anno 9.146 posti. Fnomceo: serve una svolta sulla formazione

di Rosanna Magnano

Saranno 9.146 i posti a bando per l’anno accademico 2015-16 per la laurea magistrale a ciclo unico in Medicina e chirurgia pari al 9,3% in meno rispetto ai 10.083 dello scorso anno accademico (-937 posti). Una prima riduzione in vista di un trend che tutti prevedono in discesa nei prossimi anni per arrivare gradualmente a quota 7mila, un numero che secondo Fnomceo e Cun potrebbe rappresentare un punto di equilibrio con la futura programmazione della formazione post laurea. L’esame di ammissione sarà l’8 settembre e quindi il bando dovrebbe usicre almeno 60 giorni prima . Il numero è stato anticipato questa mattina durante la conferenza stampa indetta dalla Fnomceo per rilanciare sul tavolo del Governo i problemi della formazione medica.

Per adesso anche l’idea di una programmazione è completamente saltata e con il trend attuale, sottolinea la Federazione degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri, in Italia si sforneranno ogni anno circa 2.000/2.500 laureati in Medicina privi di futuro e dell’opportunità di completare il percorso formativo. Uno stato di fatto che proiettato nei prossimi dieci anni porterà ad avere una popolazione di circa 25mila medici che non avranno possibilità di sbocchi occupazionali nel Ssn. Un «limbo» che si trasforma in una trappola vera e propria. Dunque serve una svolta.

Un primo segnale positivo viene dal ministero della Salute con un progetto pilota europeo che dovrebbe aiutare l’Italia e i partner comunitari ad arrivare a una corretta programmazione della formazione professionale sanitaria: «Si tratta di una joint action coordinata dal nostro Paese - spiega Rossana Ugenti, alla guida della Direzione generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del Ssn - che dovrebbe conludersi entro aprile 2016 ed è calibrata su cinque professioni: medici, farmacisti, odontoiatri, infermieri e ostetrici. Le sole finora armonizzate a livello Ue».

Intanto l’Italia procede con difficoltà e già incorciare i dati si trasforma in una vera impresa. Oltre all’assenza di corrispondenza tra il numero dei contratti di formazione specialistica, le reali necessità assistenziali e il numero dei laureati, secondo Fnomceo il sistema formativo del medico e dell’odontoiatra va profondamente rivisto «sin dalle sue radici». I nodi da sciogliere: accesso a Medicina, programma del corso di studi, esame di abilitazione, programmazione. «È una questione di giustizia - afferma la presidente della Fnomceo, Roberta Chersevani -. Non è giusto negare il futuro ai nostri giovani, costringendoli a perdere anni del loro percorso formativo, professionale, di vita. Comprendiamo le problematiche legate alla situazione finanziaria. Ma un Paese che non investa sui giovani è un Paese senza speranza. Non è più il tempo delle attese e dei rinvii: con estrema urgenza occorre invece garantire quelle opportunità di formazione - adeguate agli standard europei - che sono necessarie ai professionisti per poter svolgere con competenza il proprio ruolo all’interno dei sistemi sanitari e che sono indispensabili per assicurare cure di qualità ai cittadini».

Il risultato finale del corto circuito formativo è che un gran numero di giovani laureati in Medicina e di specialisti (circa 1.000 l’anno) decide di emigrare abbandonando il nostro Paese, che pure ha investito importanti risorse per la loro formazione. A fronte di questa fotografia sconcertante, Fnomceo ritiene che, «pur nel totale rispetto delle diverse esigenze, ridurre il numero di accessi in Medicina rappresenti un segnale importante - spiega Ezio Casale, delegato della Fnomceo sulla tematica della programmazione del fabbisogno del personale sanitario- in attesa di una revisione dei criteri della programmazione del fabbisogno dei professionisti medici da formare più aderente alle esigenze e alle reali future domande di salute dell’intera popolazione. Ci sembrano assolutamente in linea con questa posizione le dichiarazioni del presidente del Cun, Andrea Lenzi, secondo cui 7mila accessi sarebbero sufficienti a soddisfare il futuro fabbisogno di medici, evitando di riprodurre una nuova pletora medica come quella creatasi negli anni antecedenti all’introduzione del numero programmato».

Rafforzare il territorio e la Medicina generale
Un discorso a parte va fatto sulla formazione in Medicina generale. Nel 2014, le domande al concorso per accedere al corso di formazione specifica in Medicina generale sono state 9.848 in 19 Regioni (mancano i dati relativi all’Emilia-Romagna) a fronte dei circa complessivi 900 posti disponibili. Troppo poche in vista di un auspicabile rafforzamento delle cure sul territorio.

«Pur considerando tutte le attuali criticità - spiega Roberto Stella, referente del comitato centrale per l’Area strategica “Formazione” - vanno aumentate le borse di studio sulla base di una seria programmazione degli accessi che tenga conto dei fabbisogni regionali e nazionali anche in relazione all’andamento della curva demografica e delle curve di pensionamento e uscita dalla professione, ma soprattutto sulla valutazione delle reali possibilità lavorative».

Attualmente sono previste poco meno di mille borse di studio all’anno gravate da un tasso di abbandono del 15-20% annuale. E se si considera un’ipotesi di uscita media dalla professione a 67 anni, i numeri dicono che nei prossimi cinque anni 15.105 medici di famiglia usciranno dalla professione. Un’altra priorità per la Medicina generale sarebbe quella di dare maggiore omogeneità alla formazione: «Deve essere uniformato e reso omogeneo a livello nazionale per contenuti, obiettivi e programmazione - spiega Stella - il tirocinio che presenta oggi ancora notevoli difformità a livello delle singole Regioni. Sono necessarie linee di indirizzo condivise e cogenti sull’intero percorso formativo, nel rispetto delle esperienze regionali già consolidate per le quali si deve prevedere una quota di autonomia».

Secondo Fnomceo, vanno inoltre individuate e introdotte nel percorso di tirocinio attività integrative professionalizzanti, già previste peraltro dal decreto Balduzzi, nell’ambito delle cure primarie definendole all’interno del contratto di categoria. «Tali attività potrebbero permettere - conclude Stella - di completare e rendere più formativo il periodo di tirocinio e costituire una fonte di risorsa economica per i tirocinanti, integrativa di una borsa di studio attualmente insufficiente e non parificata a quella delle altre scuole di specializzazione».

Se la laurea fosse abilitante
«I tempi di accesso alla professione - spiega Luigi Conte , segretario generale Fnomceo - sono attualmente eccessivi e tra tirocinio e abilitazione si perdono circa sei mesi. La nostra proposta è di accorciare l’iter, introducendo un “progress test” con il quale valutare gli studenti lungo tutto il percorso accademico e trasformando il sesto anno della facoltà di Medicina in un anno professionalizzante: prima della laurea, a giugno, luglio e settembre lo studente dovrebbe frequentare il tirocinio valutativo. A ottobre sostenere l’esame scritto e a novembre laurearsi. A dicembre si potrebbe così indire il concorso per le scuole di specializzazione e i ragazzi sarebbero pronti, avendo risparmiato almeno metà anno».

A questo proposito Lenzi ha assicurato che il decreto è pronto sul tavolo della ministra dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini: «Il provvedimento è fatto in modo da obbligare le università a consentire l’abilitazione nell’immediato post laurea. Poi si può discutere se sono necessari tre mesi dopo la lurea o meno, perché si possono anche riassorbire all’interno del corso. E certamente appoggeremo il progress test». Sull’accesso a Medicina, secondo Lenzi stringere le maglie in entrata non basta. «Bisogna anche agire sull’orientamento precoce - spiega - perché non è possibile che ci siano 80mila aspiranti medici in Italia».


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