Lavoro e professione

Rebus formazione, medici in corsa senza meta. La ricetta di Anaao

di Matteo d’Arienzo (coordinatore Anaao giovani Emilia-Romagna), Domenico Montemurro (responsabile nazionale Anaao giovani), Fabio Ragazzo (direttivo nazionale Anaao giovani), Carlo Palermo (vicesegretario nazionale vicario Anaao

I conti ancora non tornano. Nonostante da tempo l’Anaao chieda che vengano rivisti al ribasso i numeri di accesso al Corso di laurea in Medicina e chirurgia, la parola “programmazione” non sembra essere nel vocabolario di chi “dà i numeri”, nel senso reale (ma anche figurato) dell’espressione. Il richiamo all’attenzione sul tema non è un capriccio, ma un tentativo di evitare il fenomeno di una possibile “pletora medica”, ovvero un alto numero di laureati, specialisti e non, disoccupati, dovuto a una disattenta programmazione dei fabbisogni nazionali. Negli ultimi anni gli studenti ammessi alle scuole di medicina sono drammaticamente aumentati, passando da 7.402 matricole per l’anno accademico 2006-2007 a 10.023 matricole per l’anno accademico 2014-2015 (aumento stimato del 35,4% -onte: statistica.miur.it), con una lieve contrazione a 9.513 ammessi per l’anno accademico 2015-16 (fonte: Miur). A questi numeri devono essere sommati i ricorsisti riammessi dai Tar, circa 6.700 unità per l’anno accademico 2014-15 e circa 1.800 unità che si sommano ai 10.157 per l’anno accademico 2013-14(fonte Mastrillo, su dati Miur) arrivando in due anni accademici a 28.680 accessi complessivi. La media di accessi negli ultimi 10 anni, dal 2006-07 al 2015-16, considerando i sovrannumerari, è stata di circa 10.000 (fonte Mastrillo e Anaao su dati Miur). Considerando che circa l’81,5% (fonte Miur e nuclei di valutazione Atenei) degli ammessi arriva a laurearsi in sei anni, si avranno dal 2013-14 al 2022-23, come somma degli immatricolati 6 anni prima, a invarianza di programmazione, circa 78.000 nuovi medici (fonte Anaao su dati Miur); di questi circa 26.000 rimarranno disoccupati senza contratto di formazione specialistica o di formazione in Mmg, con possibile ampliamento di questi numeri legato ai laureati fuori corso il cui dato è difficoltoso da calcolare vista l’estrema dinamicità dei comportamenti individuali. Il numero di pensionamenti previsto per il decennio 2014-2023 è di circa 88.000 medici tra specialisti (circa 58.000 considerati i medici dipendenti del Ssn, universitari dipendenti del Miur, specialisti ambulatoriali) e Mmg (circa 30.000) (fonte: Anaao-Conto Annuale del Tesoro, dati al 2013 e Ced-FnomCeO 2015).

La proposta di Anaao
È innegabile che la formazione medico-specialistica in Italia sia ancora dominio delle Università che, nonostante la teorica esistenza di una rete formativa ospedaliera, troppo spesso mantengono gli specializzandi all’interno della propria “campana di vetro”, per motivi che purtroppo esulano dall’avere a cuore la formazione del giovane medico. Negli ultimi anni qualche progresso è stato fatto, ma è ancora del tutto insufficiente, soprattutto guardando ciò che accade nel resto d’Europa.

Anaao propone al Miur alcune modifiche del Dlgs 368/1999 sulla formazione medico-specialistica per poter aumentare il numero di borse, limitare il vulnus dell’ “imbuto formativo” e migliorare il sistema d’insegnamento rispetto all’attuale, ormai obsoleto:

ridurre gli accessi a medicina fino al 2018-2019 a 7.750 unità e successivamente a 6.200/anno fino al 2022-2023 per assorbire gli eccessi degli iscritti in sovrannumero (fonte: studio Anaao 2014); un’ulteriore riduzione della durata di alcuni corsi di specializzazione, al pari di quella minima stabilita dalla Direttiva 2005/36/CE. Con la riduzione di un anno delle scuole di ginecologia e ostetricia, oftalmologia, otorinolaringoiatria, pediatria e di anestesia e rianimazione, si risparmierebbero circa 50 milioni di euro permettendo di mettere a bando ben 490 borse in più per tutte le scuole di durata quadriennale (prendendo ad esempio una borsa quadriennale e calcolando in 102.000 euro il costo della stessa); formazione in ospedali di insegnamento (Teaching hospital, Th) per “imparare facendo”, con contratto di formazione-lavoro a tempo determinato, da svolgersi presso strutture del Ssn, con insegnamento della parte teorica a carico delle Università (analogamente alla proposta ex-articolo 22 Patto della Salute); alla fine del piano di studi, possibilità di accesso ai ruoli del Ssn con contratto a tempo indeterminato, superando un concorso pubblico. In futuro si potrà pensare anche a contratti tipo “jobs act” a tutele crescenti.

Nel dettaglio, la nostra proposta prevederebbe, dopo i primi anni passati tra le mura universitarie, il completamento della formazione per 24 mesi in ospedali extra-universitari che abbiano specifici requisiti di “ospedali di apprendimento”, mediante la stipula di un contratto ad hoc di formazione medica abilitante a tempo determinato, con finanziamento integrativo regionale, al posto dell’attuale contratto di formazione specialistica (unicum tra i grandi paesi europei, con il quale lo specializzando è un ibrido tra studente e lavoratore, con assai ridotti diritti e tutele). Una proposta potrebbe essere quella di un contratto a tempo determinato part-time da 19 ore che si aggiungerebbe al contratto di formazione specialistica, che passerebbe da 38 ore a 19 ore, permettendo il dimezzamento della borsa a carico delle università che passerebbe da 26.000 a 13.000 euro. Calcolando un solo anno, consentirebbe allo Stato il risparmio di 65 milioni di euro che diviso 89.000 euro (nuovo costo di una borsa quadriennale) permetterebbe la stipula di 730 nuove borse di durata quadriennale, scaricando una parte del costo di formazione alle Regioni (queste ultime tenute a cofinanziare la quota di cui vengono “alleggerite” le università); l’introduzione della scelta di optare per la libera professione extramuraria per gli specializzandi, riducendo il loro compenso mensile di 200 euro, ma dando loro la possibilità di nuove compatibilità lavorative.

Attualmente lo specializzando non può, per contratto, svolgere attività libero-professionale al di fuori della sua sede di formazione, ad esclusione delle sostituzioni dei Mmg e delle Guardie di continuità assistenziale. Con l’abolizione di questo divieto, i giovani colleghi potrebbero esercitare la libera professione con poche limitazioni, alla pari dei medici dipendenti in extramoenia. Se un medico in formazione specialistica su 4 dovesse scegliere questa opzione (quindi 5.349 su 21.397 specializzandi entrati negli ultimi 4 anni - calcolo effettuato sulla durata media di 4 anni della scuola), si risparmierebbero 12,84 milioni di euro, permettendo di mettere a bando ulteriori 126 borse in più per scuole di durata quadriennale;

considerata la crescente fuga di laureati e specialisti verso altri paesi dell’Ue, si potrebbe avanzare una richiesta di finanziamenti europei, strategici per un ulteriore bilanciamento del numero di contratti specialistici rispetto al numero di concorrenti.

Con queste semplici modifiche, il Miur potrebbe garantire la formazione post-laurea a circa 1.350 neo-laureati medici in più (oltre il 21% rispetto al numero attuale, senza contare gli eventuali aiuti europei), a saldo zero per lo Stato, con un modesto contributo da parte delle Regioni, stimolate a coprire, così, parte del fabbisogno specialistico da esse stesse richiesto.

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