Lavoro e professione

Osteopati, non sono figli di un Dio minore

di Paola Sciomachen (presidente Roi, Registro osteopati d’Italia)

Come ormai tutti sanno, è attualmente - per usare un eufemismo - al vaglio della Commissione Sanità del Senato, il disegno di legge 1324/14 (c.d. “Ddl Lorenzin”, “legge omnibus” ecc) che prevede, tra le altre cose il riconoscimento dell'Osteopatia come professione sanitaria.
Il Ddl Lorenzin, è ormai fermo da un anno in Commissione Bilancio, e la stessa senatrice De Biasi, relatrice del Ddl 1324 e firmataria dell'emedamento sul riconoscimento dell'osteopatia come professione sanitaria, nella sua intervista al Sole-24 Ore Sanità del 9 settembre, dichiara che «è incomprensibile il ritardo di questo disegno di legge e a questo punto diventa difficile pensare che ci sia qualche problema tecnico, piuttosto qualche ostacolo politico e si augura che il problema non sia solo del riconoscimento degli osteopati».

Il Registro Roi degli osteopati
Sappiamo bene che il problema non è certamente solo quello - come spiega poi ampiamente la stessa senatrice – ma quello che a volte si dimentica è che la mancanza di regolamentazione può invece diventare un problema per molti, cittadini e professionisti compresi. Ci spieghiamo meglio. Ad oggi gli osteopati operano in Italia all'interno di un importante e non più accettabile, vuoto legislativo. 25 anni fa è nato il Roi, il Registro degli Osteopati d'Italia , che mira a stimolare la diffusione, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio storico e culturale dell'Osteopatia nel nostro Paese, perseguendo una qualità più elevata di ricerca, aggiornamento e formazione per i suoi associati a garanzia della qualità professionali dell'osteopata e, conseguentemente, della tutela del cittadino che si affida alle loro cure. Siamo lieti di portare avanti questi nobili obiettivi ma, oggi più che mai, ci chiediamo: spetta alle associazioni di professionisti il compito di tutelare la salute della popolazione o dovrebbe essere lo Stato a fare da garante per primo?
Il riconoscimento dell'osteopata quale professione sanitaria rappresenterebbe una novità per la legislazione italiana mentre è una realtà consolidata da tempo in moltissimi Paesi, quali Stati Uniti, Regno Unito, Francia ecc. In questi Paesi l'Osteopatia è praticata da professionisti che seguono un percorso formativo specifico, indipendente dalle altre professioni sanitarie e ad esse complementare, che assicura una più proficua collaborazione tra professionisti. Che l'Italia sia più lenta di altri Paesi nella concretizzazione di alcuni obiettiviti, spesso sostanziali, è ormai un triste dato di fatto. Siamo seriamente preoccupati all'idea che questa lentezza possa trasformarsi in uno stallo permanente a danno di tutti. All'interno di questo scenario, il Roi vuole riportare l'attenzione sulla necessità di una regolamentazione urgente del settore a tutela della salute dei cittadini che sempre più si rivolgono all'Osteopatia e che, senza una regolamentazione istituzionale, non possono avere la certezza di rivolgersi a un osteopata abilitato e che abbia sostenuto un percorso formativo adeguato. Attualmente circa il 7-8% della popolazione ricorre ai circa 6mila osteopati, che esercitano in Italia. Pensiamo davvero che il riconoscimento di una professione ormai così diffusa e la tutela della salute di tutti quei cittadini che ne traggono beneficio sia una questione di secondaria importanza?


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