Lavoro e professione

Appropriatezza e Dm Lorenzin, Garattini: «Bene eliminare gli esami inutili, agire a monte dei problemi coinvolgendo i medici. La missione è salvare il Ssn»

di Silvio Garattini (Irccs-Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri)


Appropriatezza è un termine simpatico e anche abbastanza di moda. E' invitante e indica una cosa o un intervento buono, accettabile, adatto.Tuttavia il termine può suscitare reazioni opposte: ad esempio ciò che può essere appropriato per un venditore può non esserlo per il cliente. In medicina l'appropriatezza dovrebbe avere un significato univoco perché si deve riferire all'ammalato.Una diagnosi , un intervento chirurgico, un dispositivo medico o un farmaco è appropriato se esercita un effetto utile o benefico per chi ha uno stato di malessere più o meno grave. Gli ammalati fanno parte tuttavia di una comunità che si chiama Servizio Sanitario Nazionale e utilizza risorse pubbliche che non sono infinite ma limitate e quindi nell'accezione di appropriatezza deve entrare anche un'attenzione alla componente economica.

In altre parole un intervento medico per essere appropriato deve dare al paziente il meglio che esiste, ma a parità di condizioni deve tener conto del costo. Il meglio, naturalmente non è necessariamente ciò che pensa il medico ma deve essere fortemente ancorato a una solida evidenza scientifica. E' proprio così nella pratica medica sul territorio e nelle strutture ospedaliere? Si può rispondere che i margini di miglioramento sono molto ampi! Gli esempi che si possono dare sono molteplici e in molti campi della medicina.Le risonanze magnetiche, le tomografie computerizzate come pure tanti altri interventi sofisticati si sprecano. Sono molto spesso un primo esame diagnostico per situazioni spesso banali, mentre dovrebbe essere posto al termine di un procedimento graduale. Una situazione appropriata sarebbe quella in cui il medico pone un quesito diagnostico lasciando allo specialista il compito di scegliere i test più opportuni per rispondere alla domanda.

In campo farmacologico l'inappropriatezza è ancora più evidente
Basti pensare alle differenze su base regionale; a parità di popolazione si dovrebbe ritenere che le variazioni di prescrizione dovrebbero essere molto piccole. Non è così come si può leggere nel rapporto Osmed 2014 riguardante i consumi dei farmaci in Italia. Il numero di prescrizioni, la spesa procapite a livello territoriale e ospedaliero possono differire anche del 30% fra Regioni del Sud e quelle del Nord. Ma anche a livello delle Regioni del Sud o del Nord quando si osservano le prescrizioni per le varie aree terapeutiche sono molto diverse come se vi fossero patologie regionali.

Un altro indicatore di appropriatezza è l'impiego dei farmaci generici
Anche in questo caso le differenze regionali sono importanti e non sono comprensibili. Perché il cittadino italiano ha dovuto pagare nel 2014 oltre un miliardo di euro per il sospetto - tutto italiano e senza alcuna base scientifica - che i farmaci generici siano meno attivi di quelli che recano un marchio, ma contengono lo stesso principio attivo? E ancora i cosidetti inibitori di pompa o omeprazoli aumentano il loro impiego di anno in anno senza alcuna giustificazione se non una significativa sudditanza di molti medici alla propaganda dell'industria farmaceutica. Infine perché continuare a prescrivere per la stessa indicazione rosuvastatina che costa molto anzicché una delle statine divenute generiche? E analogamente perché prescrivere olmesartan che costa più caro dei vari sartani pure disponibili come farmaci generici? Per non parlare dell'impiego di costosissimi farmaci antitumorali che spesso vengono prescritti in fin di vita rovinando a causa dei loro effetti tossici la qualità di vita del paziente. Gli esempi potrebbero continuare anche nell'area della riabilitazione e nell'utilizzo dei dispositivi medici per sottolineare quanto sia diffusa la mancanza di appropriatezza.

Di fronte a questa situazione è intervenuto un decreto ministeriale che limitando 208 tipi di prescrizione ha suscitato un’ondata di ribellione da parte dei sindacati medici che reclamano per essere soggetti a una riduzione della loro libertà professionale. La reazione è un po' eccessiva se si considera che in realtà la limitazione non è assoluta e che la maggioranza delle limitazioni appartiene a richieste di analisi geniche che raramente possono essere fatte direttamente dai medici generici perché appartengono all'area degli specialisti.

Agire a monte dei problemi
Tuttavia pur apprezzando l'intervento del Ministro che ha voluto dare un segnale e un motivo di riflessione, non vi è dubbio che è molto difficile ottenere risultati senza coinvolgere i medici che in una buona percentuale se vengono consultati reagiscono in modo positivo. Bisogna anche dire con tutta chiarezza che una gran parte dell'appropriatezza si potrebbe ottenere in modo molto tranquillo agendo a monte dei problemi. Ad esempio se nella propria programmazione le Regioni proibissero una sconsiderata proliferazione di risonanze nucleari magnetiche si ridurrebbe automaticamente la richiesta inappropriata di esami e così via.

Siamo un Paese che non ha una minima attenzione alla utilizzazione dei dispositivi medici che rappresentano una spesa di vari miliardi di euro. Non esiste un prontuario, non è disponibile una valutazione della loro efficacia, quando esistono più dispositivi per le stesse indicazioni non vengono eseguiti studi comparativi, i prezzi sono contrattati in base alle capacità delle singole strutture. Se tutto ciò fosse fatto sarebbe molto più facile per il medico fare delle buone scelte e per il Servizio Sanitario Nazionale fare un migliori controlli. La revisione del Prontuario Terapeutico è programmata da anni, ma non si fa mai. Sono presenti farmaci analoghi ma con prezzi assai differenti senza che si faccia ordine. L'ultima significativa revisione è stata fatta nel 1993, oltre ventanni orsono, eliminando dal prontuario farmaci per il valore di 4.000 miliardi di lire senza che la salute sia stata danneggiata. Una revisione eviterebbe molta inappropriatezza prescrittiva.

Analogamente la revisione dei livelli essenziali di assistenza (Lea) è stata realizzata nel 1996 e contiene trattamenti che ormai sono obsoleti. Come si può chiedere al medico di basare i suoi interventi sulla evidenza scientifica quando il Servizio Sanitario Nazionale continua a rimborsare le cure termali e alcune Regioni rimborsano i prodotti a base di erbe e i rimedi omeopatici? Ci si deve augurare che il decreto sull’appropriatezza possa rappresentare una occasione per ridiscutere i problemi riportando in prima linea una corretta ripetuta informazione indipendente (compito delle Regioni e del Ministero nonché delle Società Scientifiche) che è l'unico modo efficace per fare una cultura sempre più urgente in un mondo che cambia rapidamente tecnologie e prodotti spesso per ragioni puramente economiche. Occorre promuovere la ricerca clinica indipendente per aiutare il medico a conoscere i problemi dall'interno, educandolo allo spirito critico e a un sano scetticismo.Va riportato l'ammalato al centro dell'attenzione per mantenere la sostenibilità del nostro Servizio Sanitario Nazionale, un bene prezioso che non dobbiamo perdere.


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