Lavoro e professione

Fimp: «Non si cresce da soli». Né i nostri bimbi né i nostri pediatri

di Giampietro Chiamenti (presidente nazionale Fimp)

Il tema scelto per il IX Congresso scientifico della Federazione italiana Medici pediatri (Fimp) che si svolgerà a Roma dal 1° al 3 ottobre - “Non si cresce da soli” - evoca in modo forte e immediato l’idea che attorno al nuovo nato una serie di attori, dai genitori ai parenti, dal pediatra agli specialisti di varia natura, dagli insegnanti ai coetanei si assumano ruoli e responsabilità al fine di favorire una crescita in ben-essere verso l’età adulta. Un percorso a volte semplice, altre tortuoso e complesso, che richiede amore, rispetto, comprensione, attenzioni e competenze non sempre facili. E comunque sempre adattate alle esigenze di una società complessa in continua evoluzione.

In questa scacchiera la Pediatra di famiglia ha consolidato da circa 35 anni un ruolo fondamentale che partito con la legge 833/1978 dalla necessità di garantire la salute intesa come assenza di malattia, oppure recupero dagli esiti di questa negli anni, è diventata offerta attiva per la prevenzione non solo degli aspetti organici ma anche di quelli psico-relazionali.

Tra i compiti che rientrano nel bagaglio professionale e nel ruolo del pediatra di famiglia odierno sempre più c’è quello di sostenere i genitori, stretti tra la solitudine di una famiglia nucleare (quando non mono-genitoriale) e le pressioni di un mondo che tende a demandare ad altri l’educazione, il supporto e la cura dello sviluppo cognitivo, a spese di quello emozionale, sociale e affettivo.

Oggi i genitori si rivolgono sempre più al pediatra per avere informazioni non solo sulle malattie, ma su problematiche borderline, quali i disturbi dell’alimentazione, del sonno, l’aggressività, l’ansia, i disagi scolastici. Famiglia e pediatra devono sapersi relazionare correttamente con realtà nuove e diverse, la scuola, le associazioni, il mondo dello sport e in generale la società in cui il bambino cresce, per essere consapevoli del proprio ruolo e interagire in modo costruttivo, abbattendo le barriere che impediscono mutue alleanze in grado di identificare e soddisfare i bisogni evolutivi del Bambino.

“Non si cresce da soli” è anche il principio che deve guidare la preparazione di un professionista adeguato a nuovi bisogni di salute; che lo costringe a rapportarsi con altre specialità pediatriche e anche non pediatriche per raggiungere quel mix ottimale che comprende sapere, capacità, attitudini, esperienze mutuate e maturate in altri contesti.

“Non si cresce da soli” perché nessuna specialità più della Pediatria deve interagire con altri “attori” della società e delle istituzioni, verso le quali dover svolgere un ruolo di “portatore di interessi” del bambino, con l’obiettivo di spostare il focus dalla semplice presa in carico della cura alla “care”, termine ormai entrato nel lessico internazionale per indicare la sommatoria di aspetti sanitari e sociali che investono globalmente il benessere di un individuo. Tutto ciò sostenendo buone pratiche e principi di evidence based medicine (ebm) allo scopo di promuovere la salute di tutti i bambini in collaborazione con altri professionisti, enti e organizzazioni e garantire accessibilità, appropriatezza e qualità dei servizi, con particolare attenzione alle classi meno abbienti.

“Non si cresce da soli” perché in questa complessità di compiti e funzioni in aumento, è necessario rivedere la organizzazione generale dove ciascuno può portare competenze proprie, sempre diverse, in grado di dare risposte efficienti a nuovi bisogni. La dinamica del cambiamento della società deve essere affrontata in modo condiviso promuovendo la Pediatria del territorio attraverso le forme associative che possono essere una risposta alle emergenti richieste di assistenza in modo più adeguato, competente e tecnologicamente attrezzato.

Anche in questa ottica la Fimp si appresta a rinnovare il proprio contratto professionale in regime di convenzione (Acn) nell’ambito di una complessa trattativa con le Regioni e lo Stato. Trattativa che da mesi vede le parti dibattere su ruoli e funzioni per un modello appropriato di Cure primarie pediatriche. Purtroppo le difficoltà economiche sembrano condizionare pesantemente alcune scelte di indirizzo generale che la parte pubblica sembra voler orientare verso tagli di risorse piuttosto che verso una razionalizzazione e valorizzazione dell’esistente.

La Pediatria di Famiglia negli ultimi anni si è mossa con determinazione verso scelte anticipatorie in grado di soddisfare lo scenario sopra citato e attraverso accordi regionali e patti aziendali lungimiranti ha già modificato il modello assistenziale ipotizzato dalla legge 502/1992 verso i principi della legge 189/2012 ex Balduzzi.

Se la scelta sarà rispettosa di questo percorso riconoscendone la validità e adattandolo alle reciproche esigenze sarà forse possibile concludere rapidamente un accordo di cui si gioverà soprattutto il bambino e la sua famiglia.


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