Lavoro e professione

Medicina difensiva? Non è solo «prescrizioni indebite»

di Carmelo Galipò (presidente Accademia della Medicina Legale)

Nelle ultime settimane si è fatto un gran parlare di medicina difensiva, con il dibattito che si è presto ridotto a una sorta di “derby”: prescrivere o non prescrivere? Appropriatezza o non appropriatezza? Soddisfare le richieste dei propri assistiti o visitarli e prescrivere ciò che è necessario?
Una semplificazione probabilmente eccessiva, perché non è solo questa la medicina difensiva.Lavorando da anni come medico legale - e costituendo la responsabilità sanitaria oggetto della maggior parte del mio lavoro su tutto il territorio nazionale – ritengo di poter affermare che la vera medicina difensiva è l’inappropriata compilazione e tenuta della cartella clinica o «dell’agenda sanitaria» per il medico curante.
Prova di ciò è il fatto oggi i colleghi non sono arrabbiati per le conseguenze delle prescrizioni superflue o, meglio, non controllate, ma per la sanzione a cui si può andare incontro, quasi che i medici non possano essere sanzionati. Sparisce invece dal dibattito la verifica sull'ipotesi che i medici possano abusare del loro potere prescrittivo.Questo aspetto del contraddittorio tra medici e governo è di fatto quasi sparito, ma merita invece grande attenzione. L'idea al fondo delle contrapposizioni sembrerebbe essere la convinzione che i medici non possano essere puniti in ragione della loro importanza per la salute dell'uomo. E anzi, meritano comprensione per gli errori commessi giacché, altrimenti, l'esposizione al rischio li indurrebbe a un ricorso indiscriminato alla medicina difensiva; una forma di protezione, insomma, contro chi lamenterebbe un operato colposo.
E che le cose stiano così è avvalorato dal fatto che un medico che siede in Parlamento, il dottor Gelli, abbia presentato un emendamento alla legge sul rischio sanitario per qualificare il rapporto medico-paziente come rapporto di natura aquiliana (extracontrattuale). Con la conseguenza che l'onere della prova di dimostrare l'illecito sanitario ricadrebbe sul paziente e i termini di prescrizione scenderebbero da 10 a 5 anni. Una vera e propria scelleratezza che, di fatto, comporterebbe l'impossibilità di difendersi del cittadino il quale dovrà provare di avere subito un qualificato inadempimento. Un po' come se i superstiti di un crollo dovessero provare loro perché un palazzo abbia ceduto.
Una previsione insensata, anche perché a compilare le cartelle cliniche sono proprio coloro di cui si lamentano i cittadini danneggiati: i medici. Che succede se i medici non compilano bene le cartelle o le compilano a modo loro e non contestualmente ai fatti? Varrà ancora la presunzione di colpa che la giurisprudenza di Cassazione ha ben delineato negli anni? Oppure non avendo l'attore provato nulla, dovrà soccombere?
In altre parole, come potrebbe essere un buon mezzo di prova ai fini della decisione del giudice la relazione tecnica, che è necessaria a interpretare i fatti, se la cartella clinica oggetto dell'indagine stessa sia priva, oggi più di ieri, dei dati necessari alla sua interpretazione? Né vale dire che ci sono strutture che hanno stabilito con il paziente un rapporto contrattuale e che quindi le vere vittime sarebbero quelle stesse strutture, perché va ricordato che oggi le strutture non sono più assicurate (o poche di loro lo sono) e che in ogni caso finché non esiste una sentenza non si dà corso a pagamento. O, ancora peggio, molte strutture, malgrado la sentenza, preferiscono esporsi ai pignoramenti piuttosto che adempiere.
Quello che in una situazione siffatta il legislatore potrebbe e dovrebbe fare è obbligare le compagnie di Assicurazione ad assicurare le strutture. In alternativa, o anche in aggiunta, si potrebbe pensare alla costituzione di un fondo vittime degli “eventi avversi in sanità” (per non chiamarli errori) a cui tutti partecipino, anche i cittadini. Ancora, molto utile sarebbe permettere la chiamata diretta delle compagnie di assicurazione, come avviene ad esempio nella Rca.
In sintesi, sarebbe il caso di smetterla di parlare della medicina difensiva che costa 12 miliardi di euro l'anno (così dicono), mentre occorrerebbe iniziare a lottare per un recupero dell'efficienza del rapporto medico paziente, opponendoci alla cultura medica che sta scemando, realizzando delle vere scuole di medicina con l'unico interesse di formare i discenti con passione e in modo apolitico.
I medici, tutti i medici, devono smettere di difendersi e ricominciare a pensare a ridare alla medicina il valore che sta perdendo a causa di mancanza di amore verso chi soffre (mi perdonino i colleghi che invece ancora lavorano con il fine di vedere il paziente sorridere di gioia) e a causa di un legislatore che a volte dà l'impressione di legiferare solo per …continuare a legiferare


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