Lavoro e professione

Se i tagli alla sanità colpiscono anche i medici. I risultati dell'indagine Anaao Giovani

di Rosanna Magnano

Il Ssn fotografato dall’interno, dai medici che ci lavorano, è un sistema che nonostante tagli e piani di rientro funziona ancora molto bene (per più della metà), ma che perde smalto di anno in anno (per il 73,44%). E lo sguardo sul futuro, in effetti, davvero non lascia speranze: per il 91,74% dei camici bianchi il servizio sanitario pubblico non potrà che peggiorare e l’80% ritiene che i Lea saranno ridimensionati. Già ora, i primi gravi campanelli d’allarme. Il 40% dei dottori dichiara di aver dovuto dimettere “precocemente” almeno un paziente. Non sulla base di una libera valutazione del suo stato clinico ma sotto la spinta di criticità organizzative o di “obiettivi aziendali inerenti alla durata della degenza”. Un contesto insomma in cui la corsa a un efficientamento - tutto da verificare - sfocia in un dilemma etico, che pesa sulla coscienza del professionista, che nelle proprie mani ha la salute e la vita dei “suoi” pazienti. Sono solo alcuni spunti che emergono dall’articolata survey promossa da Anaao Giovani (il testo integrale è pubblicato nell’inserto), che dal 24 giugno al 10 ottobre ha monitorato la “satisfaction” di 1.643 “erogatori del servizio”, ossia operatori sanitari medici di ogni età (ovviamente over 30 ma soprattutto over 50).

Una soddisfazione che ondeggia, come sempre, seguendo la latitudine
I medici del Nord si dimostrano infatti mediamente più soddisfatti della qualità del Ssn (57,8%), a fronte di un Sud molto più deluso (24,8%). Una geografia che divide nettamente i colori della mappa, anche quando si parla di corruzione. Il 65,85% dei responder ritiene che i fenomeni di corruzione e abuso della posizione di potere siano un sistema diffuso nella sanità. Ma questa percezione risulta più diffusa al sud (71,79%) e nelle isole (76,87%).

E il senso di frustrazione sale anche di fronte alle disuguaglianze
Ben il 60,92% dei medici sostiene di aver avuto pazienti che non seguono le cure per motivi economici. E più dei 2/3 del campione non si sono stupiti di fronte ai dati secondo cui l’accesso all’intervento per by pass-aorto coronarico risulta del 40% inferiore tra i meno abbienti di sesso maschile, rispetto ai benestanti. Le cause di questa mancanza di equità nell’accesso alle cure vengono attribuite per il 62,9% a una carente organizzazione delle cure primarie territoriali e per 26,9% a condizioni culturali ed educative, in accordo con il fatto che mano a mano che si scende lungo la scala sociale tutti gli indicatori di salute peggiorano.

Nonostante difficoltà e impellenze burocratiche, la gran parte dei medici intervistati (49,91%) non perde di vista la sua missione e trova il tempo per parlare e dare spiegazioni complete a pazienti e parenti (anche sacrificando parte del tempo destinato al riposo). Il 22,52% dichiara invece di fare un discrimine tra gli assistiti, dedicando il poco tempo a disposizione a quelle persone apparentemente più fragili.

Molto sentito il problema della medicina difensiva
Il 52% degli intervistati la annovera tra le cause principali degli sprechi di risorse in sanità e ritiene quindi necessario un intervento normativo per limitare il rischio di contenzioso e il ricorso ad esami e procedure.

Sotto accusa anche liste d’attesa e ticket
«Il 75,38% dei responder, ritiene che lunghe liste di attesa e costo del ticket - continua Anaao - abbiano spostato sul sistema privato molte richieste di visite specialistiche e indagini diagnostiche e che tali problematiche siano imputabili alle troppo numerose richieste di prestazioni inappropriate (46,93%) e taglio del personale (43,93%). Ciò trova conferma in una recente ricerca del Censis 2014 che indica la spesa “out of pocket” in circa 33 mld nel 2014, con un significativo aumento di circa 1 miliardo rispetto l’anno precedente».

Una boccata d’ossigeno potrebbe arrivare dall’applicazione della normativa europea sull’orario di lavoro, in vigore dal 25 novembre. «Dopo anni di rinvii - sottolinea Anaao - garantirà finalmente l’adeguato riposo ai professionisti e costringerà le aziende ad assumere nuovo personale, anche per evitare ulteriori effetti negativi sulle liste d’attesa, legati alle croniche carenze delle piante organiche e al mancato rispetto del turnover».

È stato poi analizzato il punto di vista del medico sulla necessità di riorganizzare l’offerta ospedaliera in relazione al tema della sicurezza. Ben l’83,74 % non consiglierebbe a una parente di partorire in una struttura con meno di 500 parti/anno e ben l’83,15% preferirebbe per se stesso un pronto soccorso dotato di guardia cardiologica. Un aspetto che evidenzia «lo stato d’animo e il senso di frustrazione - si legge nella survey - di chi “”deve“” prestare il proprio servizio in strutture non percepite come sicure».

«Una valutazione che contrasta con l’opinione degli utenti - sottolinea Anaao Giovani - che frequentemente hanno rivendicato la non chiusura di piccoli punti nascita per non affrontare un viaggio verso una struttura ospedaliera, magari non “sotto casa”, ma in grado di garantire standard di sicurezza più elevato». Sulla stessa linea, il 56,80% dei responder ritiene che un piccolo ospedale (25.000 accessi in Ps/anno) dove non sono previsti i servizi di base (es. guardia rianimatoria e cardiologica h24, letti di terapia intensiva) dovrebbe essere riconvertito o potenziato (19,18%) o ottimizzato nella rete con gli ospedali Hub e Spoke (24,02%), secondo quanto indicato dal nuovo Regolamento per gli Standard ospedalieri del giugno scorso.

Un invito per il sindacato: guardare oltre gli interessi corporativi
Il 59,2% dei responder è infatti «convinto che il sindacato si stia occupando di difendere l’equità in salute e debba continuare a farlo, opponendosi ai tagli e contrastando la crescita esponenziale del privato, anche accreditato». Solo il 28% ritiene che il sindacato debba limitarsi a difendere gli iscritti e che il problema delle diseguaglianze sia di stretta pertinenza politica. Le modalità suggerite sono molteplici: «i medici affermano che opponendosi ai tagli, limitando la crescita del privato, riducendo i carichi di lavoro, contrastando sprechi, corruzione e medicina difensiva si otterrebbe un Ssn migliore e più equo».

Infine l’ultima, non meno fondamentale, mission per il sindacato: accrescere la consapevolezza critica dei medici e di coinvolgere l'opinione pubblica, spesso troppo poco informata del reale stato del Ssn.


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