Lavoro e professione

La formazione dei medici non è proprietà privata dell’Università: è un bene comune

di Costantino Troise (segretario nazionale Anaao Assomed)

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24 Esclusivo per Sanità24

Il recente intervento del prof. Lenzi su Sole 24 ore-Sanità descrive un mondo sanitario perfetto, dal sistema formativo, a monopolio universitario, a quello assistenziale, di cui l'università è tanta parte, ed in continua espansione. Primi in tutti i campi, viviamo nel migliore dei mondi possibili, da fare impallidire Leibniz. Chi pensa che siano necessarie innovazioni è un demone che attenta al paradiso, magari animato da inconfessabili motivazioni, tra le quali spicca il reclutamento per esigenze di organico nel Ssn. Peccato che anche le rappresentanze auto-legittimate degli specializzandi, tanto citate, abbiano declinato una serie di criticità, e di richieste, che evidentemente soddisfatte non sono. Comunque, vogliamo stare al gioco e rimaniamo in attesa di conoscere quante side visits sono state effettuate, da chi e con quali esiti, se qualche struttura è stata bocciata ed espulsa dal sistema formativo, in quante e quali regioni gli Osservatori, previsti per legge da 17 anni, addirittura con potere sostitutivo del Ministro, che si è guardato bene dall'esercitarlo, funzionano. E ci dica anche, ci fidiamo sulla parola, se possiamo giurare sulla reale effettuazione di tutte le attività professionalizzanti previste dalla normativa in tutte le discipline. Quanto al mondo che cambia ed oggi preferisce il sapere al sapere fare, provi a dirlo a quei neo-specialisti portati in tribunale per non essere stati in grado di effettuare procedure elementari.
Lasciamo pure stare la insistenza, sospetta quanto fuorviante, sul doppio percorso formativo, che porterebbe addirittura a due tipi di specializzandi prima, e di specialisti dopo. Non c'è peggior sordo di chi, pur potendo sentire, non vuole ascoltare. O leggere. Ed anche la autoassoluzione da ogni responsabilità sui numeri, da brivido, sulle modalità di effettuazione dei concorsi che hanno aperto la strada al Tar, o sul tempo richiesto per arrivare ad una graduatoria nazionale che superasse l'eccesso di discrezionalità delle singole sedi. E facciamo finta di non vedere la anomalia tutta italiana di un monopolio assoluto di un sistema che controlla se stesso attraverso strutture in cui esprime, in maniera diretta o indiretta, la maggioranza dei componenti, e che abilita alla professione coloro che ha laureato. Controllore e controllato.

Il punto su cui si continua a girare senza entrare nel merito è quello dei numeri, che non sono opinioni, di un imbuto formativo che non riguarda, come il prof. Lenzi sembra credere, la ripartizione dei laureati in Specializzazioni e Medicina generale, quanto il rapporto tra laureati e chi accede ad uno dei percorsi formativi post-laurea. Se 30.000 medici intrappolati in questo limbo gli sembran pochi, provi a raccontarlo al suoi studenti in medicina, a coloro che porta alla laurea ed alla abilitazione professionale.
La questione che il CUN ed i suoi corifei non vogliono affrontare è tutta qui.
Questo Paese può permettersi di spendere 800 milioni di euro ogni anno senza riuscire a garantire un numero di specialisti e mmg, ed una loro effettiva autonomia professionale dopo un percorso di lunghezza senza eguali, adeguato alle necessità del suo sistema sanitario? Si può, intorno allle necessità vere o presunte del sistema formativo, costruire un altro sistema assistenziale a loro subordinato, che si sente altro, a partire dai metodi di controllo delle presenze e di affidamento degli incarichi, ed è autorizzato a sentirsi altro dal pensiero debole di una politica abbagliata da magnifici ed amplissimi, in carico alla quale rimangono solo gli oneri economici? Si può continuare a dilapidare un patrimonio umano e professionale tra graziosi regali a mezza Europa e mega aree di parcheggio, fucine di precariato in cui pescano a piene mani gli alfieri dei contratti atipici e del caporalato 2.0.? Il rapporto costi-benefici è accettabile?

Il problema è politico. Il sistema formativo dei medici non è proprietà privata della Università, a prescindere da quello che crede e che fa, la quale, come un manovratore che non ammette di essere disturbato, non perde occasione per avvertire Regioni e Governo, responsabili della qualità delle cure e della organizzazione del sistema sanitario, in cui numero e competenze professionali dei nuovi medici non sono elemento marginale, che la materia è cosa sua ed è vietato toccare questi fili.
Se l'Università continua a perseguire fini altri rispetto alla sua mission, rifiutando ogni principio di accountability, occorre comunque cambiare passo. Il rischio è che tutto finisca nel rimasticare la normativa esistente fino a fare una legge per fare applicare una altra legge, ridurre la durata solo di alcune scuole, chissà perchè quelle e non altre, continuando a tenere in parcheggio figure professionali essenziali e carenti da oggi per il sistema sanitario, e fingere di rendere cogente con un decreto una legge finora evasa. Ed il racconto mitico continuerà a parlare di un mondo in cui tutto va bene ed è sufficiente cambiare qualcosa per fare rimanere tutto come è.


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