Lavoro e professione

Ddl Art. 22, Cassi (Cimo): «Sulla formazione i tempi non sono maturi per una soluzione condivisa»

di Rosanna Magnano

Continua il dialogo tra le sigle di area medica sulla bozza del ddl ex art. 22 concordata dai sindacati il 27 maggio scorso e inviata al ministero della Salute. Ma i tentativi di ricucire le posizioni sull’accesso alla rete formativa Ssn sono falliti e il fronte probabilmente si presenterà ancora frammentato al prossimo appuntamento dell’8 giugno. Nella bozza infatti il capitolo ad hoc (lettera B) è stato stralciato. Sul resto, l’incontro al ministero della Salute di mercoledì prossimo dovrebbe essere risolutivo. Al tavolo camici bianchi, Salute, Miur, Funzione pubblica, Mef e Regioni.

Una bozza tormentata che passerà proprio grazie ai puntini di sospensione, quelli che rischierebbero di dividere definitivamente il fronte dei medici all’interno e rispetto alle proposte delle Regioni. In primis sulle modalità di accesso degli specializzandi alla rete formativa Ssn.

Le posizioni su questo capitolo, come noto, sono diversificate. L’Anaao propone un contratto di formazione-lavoro a tempo determinato nell’ultimo biennio. Sul fronte opposto Fp Cgil Medici, Cisl Medici, Uil Fpl Medici, che con ogni probabilità confermeranno nei prossimi giorni una visione differenziata all’interno dell’area medica. «Noi chiediamo che anche per lo specializzando che si formerà all’interno della rete formativa Ssn - spiega Massimo Cozza, segretario nazionale dell'Fp-Cgil Medici - sia previsto lo stesso contratto degli specializzandi dei policlinici universitari. Bene nella bozza il rispetto di determinati requisiti, l’assunzione graduale di autonomia e un tutor realmente presente».

La Cimo ritiene che i tempi non siano maturi per trovare una soluzione condivisa. «A noi la situazione attuale non piace - sottolinea Riccardo Cassi, presidente nazionale Cimo - ma la proposta delle Regioni di assumere una quota di specializzandi a tempo determinato pone un ventaglio di problemi . A partire dal contratto. Che figure sono queste? Se le Regioni pagano vorranno utilizzarle. Ma non sappiamo cosa sono. Il problema è che bisogna aumentare il numero delle borse sulla base dell’effettivo fabbisogno. Per ora quello che c’è nella bozza rappresenta un passo avanti, anche se non sufficiente. I nostri medici dopo la specializzazione non sono realmente pronti ed è necessario un nuovo periodo di formazione. Servirebbe un più stretto collegamento tra la parte teorica e il lavoro negli ospedali. Qualcosa in più nella nuova bozza c’è. Poi quando ci saranno le condizioni se ne riparlerà, anche perché per ora c’è anche il no dell’università».

Altro punto di frizione, il percorso post lauream della Medicina generale: «Noi appoggiamo la Fimmg -ribadisce Cassi - che sostiene il mantenimento dell’attuale tirocinio, in capo alle Regioni, senza il passaggio alla scuola di specializzazione. Un cambiamento che porterebbe anche la medicina generale, ancorata per sua natura al territorio, sotto il controllo dell’Università. Mentre il nostro obiettivo, viceversa, è quello di un maggiore coinvolgimento del Ssn nella formazione. Senza contare che i tirocini costano la metà e questo Ddl è a invarianza di spesa».

Il problema è anche legato alle risorse. «Intanto approviamo un testo sul quale siamo tutti concordi - conclude Cassi - e poi si dovrà affrontare il nodo precariato, con una legge più rapida, dei contratti e delle carriere. Con risorse dedicate all’interno della nuova legge di Stabilità. E poi dovremo essere convocati dalla ministra Madia per discutere delle forme di flessibilità adatte al settore».


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