Lavoro e professione

Dall’intensità di cura al dipartimento. Il recupero della centralità medica

di Pierluigi Tosi (direttore generale azienda ospedaliero universitaria Senese)

S
24 Esclusivo per Sanità24

È opportuno fare chiarezza sul concetto di intensità di cura: per intensità di cura si intende il setting della risposta assistenziale adeguata alle necessità dei pazienti, setting che può variare in funzione di necessità cliniche (instabilità del paziente determinata in base a score clinici determinati dalla valutazione dei parametri quali, frequenza cardiaca, respiratoria, pH, PA, etc) o di complessità assistenziali determinate con scale di valutazione del paziente e della sua autonomia. Nell’applicazione dell’intensità di cura in funzione di instabilità clinica si ricorre a letti ordinari ad alta intensità assistenziale, a letti di terapia subintensiva o letti di terapia intensiva.
Un po’ più complesso è la comprensione del concetto di letti per Intensità di cura a complessità assistenziale, che presuppongono l’introduzione del concetti di letti di area. All'interno delle varie strutture ospedaliere esistono delle realtà costituite da ridotta occupazione di p.l. per la necessità di lasciare letti liberi per l'urgenza, interferenze continua dell'urgenza sulla programmazione, difficoltà a tarare esattamente i livelli assistenziali infermieristici in reparti di dimensioni “piccole” 15-25 posti letto, così che il solito turno deve gestire una volta 20 malati ad alto impegno assistenziale (l’anziano non autosufficiente che deve essere continuamente mobilizzato per impedire l'insorgenza di ulcere da decubito è un paziente non da subintensiva ma ad alto impegno assistenziale) e la volta successiva tutti a basso, evidenza paradossale ma fa capire come in un caso non siamo in grado di garantire assistenza adeguata e nel successivo l'impegno lavorativo è fortemente ridotto.

La soluzione per risolvere questi problemi è: accorpamento di posti letto in una unica struttura seppur divisa in due linee operative la programmazione e l'urgenza. Questa significa costituire i letti di AREA e non più di U.O. che, se correttamente applicati risolvono moltissimi problemi sia di natura assistenziale che operativa. Il singolo paziente dell'area dell'urgenza sarà assegnato in base alla sua situazione clinica alla specialità prevalente e nell'area della programmazione saranno occupati dai pazienti visti dai vari colleghi delle strutture afferenti in base ad una lista di attesa comune con priorità cliniche determinate dal professionista che ha effettuato la visita (il tutto in base a criteri predeterminati). Per cui non esiste più una rigidità di posti letto per struttura ma i posti sono variabili in base alla lista di attesa e alla gravità del paziente.

Tutto ciò evita un fenomeno comune, riscontrabile per es. nell'area chirurgica, con ore di sala preassegnate dove la colecistectomia della chirurgia generale può passare avanti alla cistectomia da fare per tumore vescicale oppure viceversa un intervento per adenoma prostatico passa avanti ad una emicolectomia per etp. Una rivoluzione organizzativa come questa crea indubbiamente moltissimi vantaggi e qualche svantaggio; faccio presente che i letti di area rappresentano il modello comunemente usato da case di cure che operano in libera professione medica. Con questa organizzazione si verifica una perdita di identità dell'U.O., si ha una perdita teorica di potere sulle altre professioni (teorica perché la linea di comando raramente è interprofessionale), si ha una messa a nudo delle capacità professionali dei colleghi che si confrontano non più solo all'interno della propria struttura ma con tutti i professionisti della propria area, si ha però una crescita dell'autorevolezza professionale.
L'organizzazione dipartimentale offre alla direzione aziendale una unitarietà di comando in discipline affini o in discipline che utilizzano analoghe risorse e il dipartimento in presenza di letti di area funzionerà perfettamente con una figura medica forte in senso gestional: si otterrà così un accesso alle risorse secondo bisogni predefiniti e non secondo dati storici, un rafforzamento della componente professionale ed una drastica riduzione di potere gestionale degli attuali Direttori.
Sono convinto che la nostra organizzazione sarà ovunque dipartimentale ed opererà per processi, lo sviluppo di carriera in senso gestionale tradizionale non soddisfa le aspettative di decine di ottimi professionisti con la propria progressione “tappata”; nei processi le responsabilità che si individuano sono prevalentemente professionali e vedo le responsabilità professionali come sviluppo di carriera.
Concludo con alcune considerazioni:
1.Ritengo che il percorso che è stato attivato non sia fermabile
2.Ritengo che l'inizio della fine (del potere) del medico sia iniziata con l'inflazione del numero dei medici
3.Ritengo che oggi possa “disporre” solo chi ha potere contrattuale ciò quelle professioni nelle quali la domanda ecceda l'offerta
4.Ritengo che lo sviluppo di carriera gestionale sia per pochissimi capidipartimento
5.Ritengo che l'unico sviluppo “massivo” di carriera del medico ospedaliero sia professionale ed è in questo ambito che troveremo lo spazio per i nuovi colleghi oltre che per gli attuali se avranno il coraggio del cambiamento


© RIPRODUZIONE RISERVATA