Lavoro e professione

La Fofi boccia il ddl Concorrenza: «Danneggia farmacisti e cittadini»

di RIFDay

È un tranciante giudizio di condanna, quello espresso all'unanimità dal Comitato centrale della Federazione degli Ordini dei farmacisti riunitosi a Roma per discutere del ddl Concorrenza, che si sta avviando a ottenere l'approvazione del Senato, sia pure con passo meno spedito del previsto, in ragione dei continui intralci derivati dal mancato superamento di alcuni nodi politici in materia di Rc auto e disciplina degli Ncc e di Uber.
Per quanto riguarda l'articolo (il n.48) riferito al comparto delle farmacie, i giochi sembrano però ormai fatti, con la conferma del via libera Confermata all'ingresso delle società di capitali nella proprietà delle farmacie, sia pure temperata da un tetto: le società in questione non potranno possedere più del 20% degli esercizi su base regionale.
Ed è proprio l'apertura al capitale così come si è andata configurando nel testo del disegno di legge a suscitare la ferma contrarietà della Fofi: “La Federazione ritiene che l'ingresso dei capitali nella gestione della farmacia avrebbe dovuto, in via subordinata, avvenire sulla base di quanto previsto dal nostro ordinamento per le altre società di professionisti, ovvero con una quota minoritaria che lasci la gestione nel controllo della componente professionale” si legge infatti nel documento approvato ieri dall'organo di vertice Fofi “a tutela in primo luogo delle finalità socio-assistenziali connaturate all'esercizio della farmacia quale primo presidio sanitario sul territorio.”
La scelta compiuta dal ddl Concorrenza va invece in tutt'altra direzione e ciò, scrive la Fofi, “non può che condurre alla subordinazione del sistema alla logica del profitto che, come dimostrano le esperienze estere, non coincide con principi cardine quali la capillarità della presenza e l'equo accesso al farmaco anche nelle aree svantaggiate geograficamente ed economicamente.”
Il paletto del 20% imposto a livello regionale al possesso delle farmacie da parte di ciascuna società di capitali aprirebbe infatti, secondo la Federazione, “alla possibilità di formazione di un oligopolio che renderebbe residuale il ruolo delle farmacie rette dai professionisti. Si tratta, quindi, di un tetto che è tale soltanto di nome, in quanto cinque sole società potrebbero detenere “a norma di legge” la totalità delle 20.000 farmacie italiane oggi esistenti.”
Eventualità che, a giudizio della Fofi, metterebbe a rischio l'indipendenza professionale del farmacista, oltre che le prospettive occupazionali della categoria, producendo anche un vulnus agli obblighi deontologici. “Un farmacista che si trovi ad agire come una sorta di assistente alla vendita inserito in una logica di marketing viene meno ai valori della professione che vedono al primo posto la risposta al bisogno di salute del cittadino che non passa necessariamente attraverso la dispensazione di un medicinale o la vendita di un prodotto” si legge al riguardo nel documento.
La situazione di fragilità economica attraversata da una parte significativa delle farmacie per gli effetti della crisi, inoltre, potrebbe essere il terreno di coltura ideale per ” la formazione di grandi concentrazioni volte a massimizzare la remunerazione del capitale investito”, accentuando la tendenza “al ridimensionamento in termini di personale e investimenti nella struttura cui si assiste ormai da tempo.”
Inevitabili i contraccolpi negativi sul fronte occupazionale, dunque, dove peraltro – come ricorda la Fofi con “sgomento e preoccupazione” – non diminuisce lo squilibrio tra il numero dei farmacisti che Ssn e comparto del farmaco possono assorbire e i professionisti che l'università licenzia ogni anno: un saldo negativo di oltre tremila unità, scrive la Fofi, “destinate a costituire un esercito di disoccupati disposti ad accettare condizioni di lavoro al ribasso. ”
Ma Fofi accusa il ddl di andare contro le sue stesse finalità: “La concorrenza, dalla quale può e deve scaturire la corsa al miglioramento dell'offerta al cittadino e l'aumento dell'occupazione, viene tradita se si mettono in competizione modelli di attività differenti per finalità e possibilità economiche e se il solo riferimento è il prezzo del bene ceduto” scrive il Comitato centrale Fofi. “A maggior ragione quando si tratta della tutela della salute, si può instaurare un circolo virtuoso soltanto avendo come obiettivo la messa in campo di servizi e prestazioni imperniati sulle capacità del professionista e sull'evidenza scientifica, mettendo al centro non il mercato ma la persona e i suoi bisogni soprattutto ora che la domanda di salute è sempre più ampia e complessa.
Per la Fofi, dunque, la strada da seguire è quella di un rinnovato impegno “nella promozione del ruolo professionale del farmacista in materia di aderenza alle terapie e di monitoraggio sull'uso del farmaco al fine di sostenere l'efficientamento della terapia e il maggior governo della spesa.”
Ma, appunto, il ddl Concorrenza sembra voler andare in altra direzione e , “di fronte fronte alla gravità della situazione”, per la Fofi “è indispensabile la convocazione di un tavolo tecnico-politico di tutte le componenti della professione, che elabori proposte concrete su tutti gli aspetti sui quali è ormai indispensabile un intervento.”
Cominciando, conclude il documento federale ” dall'istituzione del numero chiuso nelle facoltà di farmacia, dal futuro dei colleghi che operano negli esercizi di vicinato, all'attuazione del modello della farmacia dei servizi”.


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