Lavoro e professione

I radiologi chiedono più appropriatezza e innovazione

di Laura Viggiano

Obiettivo appropriatezza e razionalizzazione della spesa; armonizzazione degli standard qualitativi; recupero del rapporto con i pazienti e dunque visibilità del radiologo con un quadro di responsabilità chiaro e definito.
Sono molteplici le questioni da affrontare, per i radiologi italiani, emerse durante il congresso della Società italiana di radiologia medica (Sirm), svolto a Napoli, dal 15 al 18 settembre, e appaiono tutte legate da un filo sottile. Nelle varie tavole rotonde focalizzate su tematiche di politica sanitaria, si è parlato dei nuovi tagli annunciati per la Sanità, e dell'esigenza di affrontare in modo efficace il nodo dell'appropriatezza. Nell'arco della quattro giorni napoletana, a più riprese, sono state citate percentuali e stime emerse da diversi studi internazionali e nazionali. Percentuali che variano tra il 25 e il 35% di inappropriatezza e che andrebbero peraltro aggiornate. Secondo i dati forniti dal presidente del Sindacato nazionale dei radiologi, Paolo Sartori, in Italia si spendono 8 miliardi di euro l'anno per circa 110 milioni di prestazioni in radiologia - quantità ricavata sulla base del costo medio - e «credo che almeno 1/3 di queste e quindi della spesa si possa considerare evitabile» ha detto Sartori intervenendo
alla tavola rotonda sull'appropriatezza, alla quale ha partecipato anche il direttore generale Agenas Francesco Bevere. Il Dg ha condiviso l'esigenza di affiancare al decreto sull'appropriatezza una «impalcatura che consenta la misurazione delle performance cliniche, organizzative e gestionali». «Appropriatezza e linee guida vanno a braccetto. Il tema dell'appropriatezza è strettamente collegato con la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale. Su indicazione del ministro Lorenzin, stiamo lavorando da tempo con le Società scientifiche e con le Regioni sul tema dell'analisi dei costi e dell'efficacia degli interventi sanitari, con l'obiettivo di eliminare quelli che non producono benefici per gli ammalati e di modificare e correggere i comportamenti organizzativi che generano sprechi e inefficienze».
Connesso alla questione qualità e razionalizzazione è l'adeguamento tecnologico, che soprattutto riguardo alla radiologia tradizionale, ovvero il 60% delle prestazioni radiologiche, sarà oggetto di interventi in vista del recepimento entro il 2018 della direttiva Euratom 59/2013. Sul punto sta già lavorando il ministero delle Finanze con la Consip.
Una prima stima interna alla Sirm calcola un budget tra 500 milioni e un miliardo per adeguare agli standard più elevati circa 5.000 macchine, nell'arco di un triennio.
Per affrontare l'eccesso di prescrizioni che moltiplica costi e allunga le liste di attesa la Sirm insiste sulla strada di nuove linee guida, condivise con altri specialisti, che definiscano alcuni criteri di prescrizione, dato che non è possibile nella pratica esercitare il compito affidato ai radiologi dalla legge 187 perché il paziente arriva a fare la prestazione dopo aver fatto già un percorso.

«È già andato a un cup, ha aspettato ipotizziamo due mesi - spiega Carlo Masciocchi, presidente uscente della Sirm, operativo fino a fine anno - si figuri se dopo due mesi il radiologo può dire al paziente che non può fare l'analisi. Per questo una via d'uscita pratica c'è ed è la linea guida condivisa con altri specialisti stabilendo dei criteri di prescrizione. Noi abbiamo una idea chiara di tutto questo e se riuscissimo a licenziarle potremmo darle ai Mmg i quali, nel caso avessero dubbi, potrebbero consultarsi con noi. Noi abbiamo già fatto delle linee guida nel 2004, ma sono uno strumento dinamico: vanno aggiornate.
Sarebbe utile in questo senso un intervento, un mandato del ministero, così in pochi mesi, un anno al massimo, avremmo linee guida condivise da tutti che ci permetterebbero di ridurre al massimo l'inappropriatezza prescrittiva».
Un ragionamento va fatto, secondo il segretario del sindacato nazionale dei radiologi, Corrado Bibbolino, per incidere sulla spending review attraverso il governo della domanda e dell'offerta. «Dobbiamo rendere l'offerta qualitativamente più adeguata e vedere se c'è qualcosa da mettere sui “prodotti da banco” - afferma Bibbolino - perché abbiamo tutta una serie di prestazioni, come ad esempio l'ecografia per lo strappo dopo la partita di calcio, su cui fare un ragionamento aggiornato. Ci permetterebbe di fare ulteriori passi in avanti rispetto a quelli fatti con gli ultimi Lea, che sono solo un punto di partenza. Il sistema può essere ulteriormente razionalizzato».
Riportando dati Istat e del Censis, Antonio Orlacchio, coordinatore dei gruppi regionali della Sirm, sottolinea che l'Italia spende meno degli altri Paesi europei, con una minore qualità erogata e percepita. Il 52% dei servizi sanitari regionali risulta inadeguato e il 45,1% è peggiorato. Il giudizio negativo è dipeso dai tempi di attesa (72,6%) e dall'aumento del ticket. Nonostante siano state applicate diverse misure, per tamponare inappropriatezza e dispersioni della spesa, i risultati non sono ancora chiari.
Il congresso di Napoli, presieduto da Adolfo Gallipoli, si è chiuso con oltre 5.000 medici che hanno seguito il fitto calendario di attività scientifiche, tavole rotonde, corsi di aggiornamento, laboratori. La tradizionale Mostra tecnica ha accolto oltre 100 aziende. È stato organizzato totalmente in house dalla Sirm, che conta circa 10.500 iscritti su un totale di 11.500 radiologi. La società scientifica rappresenta sia i professionisti ospedalieri che universitari e anche i liberi professionisti, che sono circa il 45% dei radiologi.

Sos in neuroradiologia, mancano le «guardie»

Sono quattordici le Regioni italiane che risultano sprovviste di guardie neuroradiologiche, due non hanno neanche la guardia radiologica. Secondo il censimento del Sindacato nazionale area radiologica (Snr), realizzato lo scorso marzo, in Italia su 982 strutture, tra pubblico e privato, di cui 646 ospedaliere pubbliche, vi sono 164 guardie attive in radiologia, mentre per la neuroradiologia, a fronte di 115 strutture di cui 72 ospedaliere pubbliche, ve ne sono soltanto 13. Un dato preoccupante su cui il sindacato sta lavorando. «In pratica la maggior parte degli ospedali in Italia non ha un neuroradiologo di guardia e la situazione più difficile si registra in Lombardia spiega il presidente del sindacato, Paolo Sartori dove non c'è alcun servizio di guardia attivo per la neuroradiologia su un territorio che conta 10 milioni di abitanti». Ci sono, invece, 13 guardie per le strutture che hanno la radiologia a fronte delle 27 presenti in Sicilia. Per i neuroradiologi c'è un problema legato anche al fatto che sono pochi, «bisogna formarli spiega Sartori e bisogna fare un lavoro di prospettiva nei prossimi anni».
Ogni servizio di guardia attiva necessita di tre persone, un calcolo sul reale fabbisogno non è stato ancora elaborato, peraltro potrebbe non essere necessario avere un servizio attivo per ogni struttura ma potrebbe bastare attivarne uno almeno per azienda. Secondo una stima approssimativa ne servirebbero almeno una cinquantina.


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