Lavoro e professione

Cronicità: sfida digitale, ma a rilento

di Paolo Locatelli, Marco Paparella, Niccolò Ballerio (Osservatorio Innovazione digitale in Sanità - School of management, Politecnico di Milano)

A livello nazionale ed europeo le priorità del settore Salute sono rivolte, ormai da tempo, alla necessità di riorganizzare la rete assistenziale spostando, grazie all’innovazione organizzativa e tecnologica, le cure dall’ospedale al territorio. È sempre più forte, infatti, la consapevolezza che la sostenibilità del Sistema sanitario dipenderà dalla capacità di affrontare efficacemente la sfida dell’invecchiamento demografico e della conseguente crescita di incidenza delle cronicità sulla domanda di cure.

Questa crescente consapevolezza, tuttavia, non sempre si traduce in scelte coerenti di investimenti: la fotografia della situazione attuale, scattata dalla Ricerca dell’Osservatorio Innovazione digitale in sanità della School of Management del Politecnico di Milano, rivela come soprattutto le aziende sanitarie italiane seguono oggi nei fatti priorità spesso differenti.

In linea con le rilevazioni degli ultimi anni, è infatti la Cartella clinica elettronica (Cce) il principale ambito su cui hanno investito le strutture sanitarie nel 2015, con una spesa pari a 64 milioni di euro e con il 43% delle aziende che prevede di aumentare gli investimenti nel 2016.

Ciononostante, analizzando il livello di diffusione delle funzionalità di Cce, lo sviluppo organico e diffuso di tali soluzioni stenta a decollare, soprattutto per le funzionalità caratterizzanti di gestione clinica e assistenziale. Nello specifico se da un lato sono ormai presenti e diffuse le funzionalità basilari di gestione della documentazione clinica, come la consultazione di referti e immagini (presente in modo diffuso nel 78% delle aziende del campione, in leggero aumento rispetto al dato rilevato l’anno procedente pari al 76%) o quelle di order management per le richieste di prestazioni diagnostiche (59%), dall’altro lato mancano spesso le funzionalità di Cce necessarie a una gestione efficace ed efficiente del paziente. La gestione della farmacoterapia, per esempio, è presente in modo diffuso solo nel 34% delle aziende, così come la gestione clinica di ricovero, in particolare tramite il diario medico e infermieristico. Ancora meno diffuso è il supporto digitale alle decisioni cliniche tramite linee guida e best practice (14%), seppure in lieve aumento rispetto allo scorso anno (dove si assestava al 12%).

Il supporto in mobilità alla Cce, inoltre, risulta ancora limitato e ciò riduce notevolmente i benefici ottenibili dall’introduzione di questi strumenti, che consentirebbero a medici e infermieri di accedere alla cartella direttamente al letto del paziente: solo nel 43% delle aziende che dispongono di una soluzione di Cce, questa risulta fruibile in mobilità.

La situazione fuori dagli ospedali è ancora più arretrata
Come evidenziato nel Piano nazionale delle Cronicità messo a punto dal ministero della Salute a febbraio 2016 e appena approvato, con minime variazioni, in Conferenza Stato-Regioni, le sfide del futuro risiedono soprattutto nella cronicità e, di conseguenza, nel supporto che il digitale deve portare al territorio, al contesto socio-sanitario e alla continuità assistenziale. Il Patto per la Sanità digitale, anch’esso approvato dalla Conferenza Stato-Regioni, rinforza questo concetto, evidenziando come le tecnologie digitali devono rappresentare un fattore abilitante per una diversa interazione tra gli operatori del sistema socio-sanitario e tra questi e i cittadini, abilitando la realizzazione di modelli assistenziali e organizzativi rispondenti alle nuove necessità.

Il tema del riassetto dei modelli di organizzativi e di erogazione dei servizi sanitari è di prioritaria importanza non solo per le Regioni - alcune, come Lombardia, Toscana e Friuli-Venezia Giulia, hanno infatti già avviato processi di riforma dell’organizzazione sanitaria - ma anche per tutte le Amministrazioni, che devono conciliare la crescente domanda di salute con i sempre più stringenti vincoli di bilancio. Tra le priorità di intervento indicate nel Patto si trovano, ad esempio, la diffusione di servizi digitali per la continuità assistenziale e le soluzioni di Telemedicina: tuttavia, anche quest’anno la spesa in innovazione digitale delle strutture sanitarie si è concentra su ambiti “primari” e finalizzati soprattutto all’informatizzazione dei processi ospedalieri, con una minore attenzione al territorio.

Ne è un esempio la Telemedicina, su cui solo il 33% delle strutture socio-sanitarie ha investito nel 2015, per un valore complessivo stimato pari a 13 milioni di euro - il 7% in meno di quanto rilevato l’anno precedente. Ciò si riflette in un livello di diffusione delle soluzioni ancora limitato: solo il 34% delle aziende del campione dichiara che le soluzioni di Tele-consulto (attività di consulenza a distanza fra medici appartenenti a diversi dipartimenti o aziende) sono presenti ormai a regime, quota che raggiunge il 68% (nel 2015 erano il 62%) considerando anche le diverse sperimentazioni. Seguono i servizi di Tele-salute (diagnosi, monitoraggio e gestione di pazienti a distanza, es. Tele-monitoraggio), che sono presenti solo nel 14% delle strutture mentre in un altro 15% dei casi si rilevano prime sperimentazioni. Chiudono la classifica, con percentuali di diffusione al di sotto del 20%, i servizi di tele-riabilitazione, tele-visita e tele-assistenza (presa in carico socio-assistenziale a distanza di una persona anziana e fragile). Come già sottolineato in passato dall’Osservatorio, l’assenza di tariffe specifiche per il rimborso delle prestazioni erogate in Telemedicina rappresenta la principale barriera alla diffusione di questo tipo di soluzioni.

L’importanza di considerare la presa in carico complessiva del paziente, e non solo la componente del processo di cura che si svolge in ospedale, è testimoniata dal rilievo sempre maggiore che sta assumendo, anche a livello programmatorio, il tema dei Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (Pdta), come strumento finalizzato alla continuità assistenziale e alla messa in atto di linee guida, secondo il principio della presa in carico stabile e olistica del paziente. L’85% dei direttori sanitari o socio-sanitari coinvolti nella ricerca dell’Osservatorio ha dichiarato, infatti, che in azienda sono attivi Pdta e che nel 79% dei casi questi coinvolgono altri attori esterni all’azienda - per lo più medici di medicina generale (Mmg, 62%) e operatori di altre aziende sanitarie (48%), mentre risultano ancora poco coinvolte le strutture che erogano servizi socio-sanitari residenziali e/o domiciliari (28%), così come servizi sociali (7%). Uno dei principali obiettivi delle soluzioni informatiche a supporto dei Pdta è proprio quello di mettere in comunicazione i diversi attori e professionisti coinvolti nel percorso. Tuttavia risultano ancora poco diffuse le soluzioni che consentono l’interscambio di informazioni tra l’azienda e gli altri attori coinvolti nel processo di cura e assistenza del paziente attraverso Pdta informatizzati: solo il 15% delle aziende lo fa all’interno di una rete di patologia, l’11% con altre aziende sanitarie e il 9% con i Mmg.

Il supporto informativo risulta fondamentale per poter cogliere i benefici, non solo economico-organizzativi ma anche clinici, legati ai Pdta, consentendo di condividere una miglior documentazione sul paziente e, di conseguenza, avere a disposizione tutte le informazioni necessarie per poter raggiungere una miglior aderenza ai percorsi di riferimento.

In futuro, il canale attraverso cui gestire i Pdta potrebbe essere il Fascicolo sanitario elettronico (Fse), già oggi pensato per essere lo strumento privilegiato di condivisione di dati e documenti clinico-sanitari tra cittadino, Mmg e strutture socio-sanitarie. In questo modo il Fse non sarebbe più solo un contenitore di documenti, come spesso viene considerato, ma diventerebbe una vera e propria piattaforma di servizi a supporto della cura e dell’assistenza dei cittadini, aiutando a superare quella separazione tra prestazioni sanitarie e servizi socio-assistenziali che è oggi causa di sotto-ottimizzazione a danno delle finanze pubbliche e dei cittadini, soprattutto quelli più deboli.


© RIPRODUZIONE RISERVATA