Lavoro e professione

Ddl Lorenzin, le professioni sanitarie scrivono a Governo e Parlamento: «Via gli intrusi dal riordino»

di Lucilla Vazza

«Avevamo creduto che questa volta, con la legge d’iniziativa del Governo e una sua prima approvazione al Senato, la politica e la sua classe dirigente si sarebbe assunta la responsabilità di una scelta coerente verso i cittadini e i professionisti della sanità, superando un’iniquità che li accompagna fin dalla legge 42/1999, istituendo finalmente ordini e relativi albi per tutte le professioni sanitarie». La nota è firmata dalla federazione dei collegi infermieri Ipasvi, dal coordinamento delle professioni sanitarie Conaps, dalla Federazione nazionale collegi ostetriche Fnco e dai tecnici sanitari Tsrm.

Con un attacco tra il disilluso e il polemico, le professioni sanitarie “doc” fanno fronte comune e scrivono una nota indirizzata alla ministra della Salute e ai presidenti di Camera e Senato contro chi si vuole infilare nel percorso di riordino senza averne titolo (a loro dire). Ossia quelle pratiche e professioni già escluse fin qui dal cammino normativo: in primis osteopati (con i vari distinguo all’interno) e i chiropratici.

Sono passati infatti oltre tre anni dall’avvio dell’iter di approvazione del disegno di legge 3868, meglio noto come “Ddl Lorenzin”, che si è fatto oltremodo complicato. Il provvedimento sul riordino delle professioni sanitarie è passato nel mese di maggio al Senato ed è ora alla Camera, in progress alla commissione Affari sociali. Poteva essere un passaggio liscio o quanto meno ad andatura regolare, invece la matassa si è ingarbugliata e quegli stessi professionisti che già erano stati “rimbalzati” dalla commissione Igiene al Senato, si sono riproposti nelle audizioni alla Affari sociali. Con un allungamento dei tempi (e del brodo) e il rischio di imbarcare ulteriori zavorre strada facendo.

Una stasi che non va a genio a infermieri&Co. Nel testo inviato a chi è chiamato a decidere le sorti del provvedimento parlano esplicitamente di «assalto alla diligenza da parte di coloro che, irresponsabilmente, vogliono approfittare del suddetto ddl per far ottenere lo status di professione sanitaria anche a coloro che non hanno i requisiti previsti dalla legislazione vigente, attraverso percorsi facilitati, violentando quanto la norma, il metodo ed il buon senso indicano per raggiungere tale importante riconoscimento».

E dunque, la lotta era e rimane contro i “portoghesi” della riforma. «Come professionisti della sanità e come cittadini, denunciamo questo comportamento, antitetico a quello che dovrebbero tenere coloro che sono chiamati a scegliere per il bene della collettività e tutelare la salute di tutti».

La richiesta delle professioni è di «un atto di responsabilità» insieme allo «stralcio dal Ddl di tutte le professioni che non siano previste dalla leggi 251/2000 e 43/2006, rimandando la loro eventuale individuazione ad atti successivi, secondo quanto previsto dall’articolo 5 della stessa legge 43/2006. Il rispetto della norma e, più in generale, delle regole, deve caratterizzare tutti i soggetti, in primis le Istituzioni, tra le quali il Parlamento».

Il Ddl di riordino prevede all’articolo 3 l’istituzione degli Ordini delle professioni sanitarie, con la trasformazione degli attuali tre Collegi di infermieri, ostetriche e tecnici di Radiologia in altrettanti Ordini, facendovi confluire le 19 professioni oggi non ordinate in quello dei tecnici di Radiologia. Detto così sembra un percorso lineare, invece, nell’iter il Ddl ha preso buche e legnate ed è ancora lontano dal potersi vedere la conclusione. Perché nell’alveo cercano di inserirsi altri soggetti rimasti esclusi oltre a osteopati e chiropratici: ottici, odontotecnici e tutto il comparto di chi opera nel settore e chiede una promozione per giocare in serie A.

LucillaVazza

© RIPRODUZIONE RISERVATA