Lavoro e professione

Un think-tank per i malati rari

di Barbara Polistena (Crea Sanità per Osservatorio Farmaci orfani - Ossfor)

Quello delle malattie rare è un importante banco di prova per i servizi sanitari, sia per gli aspetti morali ed etici che implica il saper far fronte ai bisogni di una fascia di popolazione fragile e numericamente piccola, sia per la sfida che porta all’organizzazione assistenziale, chiamata a dare risposte in modo fortemente individualizzato.

La necessità di una maggiore e più strutturata attenzione delle politiche sanitarie verso le malattie rare, quelle che per convenzione hanno una prevalenza non superiore a 5 casi ogni 10mila abitanti è ormai un fatto condiviso a livello internazionale: il Consiglio d’Europa mediante l’emanazione di una Raccomandazione l’8 giugno 2009 ha sollecitato gli Stati membri a elaborare, e adottare, nel quadro dei propri sistemi sanitari e sociali, piani e strategie nazionali per le rare.

Quello delle malattie rare, pertanto, è certamente un tema prioritario di salute pubblica, che deve essere fronteggiato attraverso l’assunzione di decisioni basate su evidenze scientifiche: sul versante epidemiologico, clinico, economico, oltre che su quello dei bisogni dei pazienti e delle loro famiglie.

Sul versante clinico le conoscenze avanzano con continuità, e anche sul versante dei bisogni espressi dai pazienti e dalle relative famiglie si osserva un volume crescente di iniziative promosse soprattutto dalle Associazioni dei pazienti tese a offrire evidenze per comprendere a fondo i cosiddetti «unmet needs».

Di contro, le informazioni risultano parzialmente incomplete sia sul versante epidemiologico, che su quello economico. Per colmare tali carenze è stato sviluppato Osservatorio Farmaci orfani (Ossfor) il primo centro studi e think-tank interamente dedicato al settore delle cure per Malattie rare. Ossfor nasce da una iniziativa congiunta del centro di ricerca Crea Sanità (Consorzio per la Ricerca economica applicata in sanità) e della testata Osservatorio Malattie rare (Omar) e si propone - attraverso la generazione di analisi dati e informazioni terze sul settore - di favorire la messa a punto di policy innovative, capaci di incentivare lo sviluppo di farmaci orfani, tenendo pienamente conto delle sfide della sostenibilità.

Una prima analisi fatta da Crea Sanità sui database amministrativi della Regione Lombardia ha mostrato come la prevalenza delle malattie rare sia pari allo 0,46 per cento. Tale dato sottostima la vera entità del fenomeno, in quanto sono stati inclusi nell’analisi solo i soggetti che hanno ricevuto il riconoscimento del diritto all’esenzione dalla partecipazione alla spesa (ticket) per le prestazioni di assistenza sanitaria relative alle malattie rare incluse in un elenco nazionale. Di contro, non tutti i soggetti portatori di malattie rare richiedono l’esenzione, come anche alcune patologie rare non sono inserite nelle liste amministrative per il diritto all’esenzione. Infine va considerata l’esistenza di una quota di patologia non diagnosticata.

Con i limiti esposti, estrapolando i dati della Regione Lombardia a livello nazionale emerge come in Italia si avrebbe una prevalenza di quasi 271.000 malati rari.

Questi si concentrano maggiormente nell’età adolescenziale (10-19 anni) e tra i giovani adulti 40 49 anni.

Per quanto concerne la spesa, quella media annua per malato raro esente ammonta a euro 5.006,26, per una stima a livello italiano di circa a euro 1,36 miliardi. Tale costo rappresenterebbe l’1,2% della spesa sanitaria pubblica nazionale. Il costo pro-capite stimato sebbene ecceda la quota capitaria media di finanziamento di oltre euro 3mila, si avvicina molto a quella dei pazienti non rari con almeno 2 cronicità di qualsiasi tipo (euro 4.500,2).

Si consideri che questi ultimi in Italia, secondo i dati Istat, sono oltre 13 milioni e quindi implicano un impatto economico di gran lunga superiore a quello dei malati rari.

L’impatto di un malato raro per il Ssr è, ancora, risultato in linea con quello di un paziente colpito da tumore o da malattia neurologica, e allo stesso tempo nettamente inferiore a quello medio di un paziente trapiantato oppure con insufficienza renale o, anche, con Hiv. L’andamento lifetime della spesa per le patologie rare ha un andamento similare a quello delle cronicità: la spesa è più alta in età giovanile o comunque alla diagnosi, tende a stabilizzarsi in età adulta quando la patologia è presumibilmente sotto controllo, per poi incrementarsi nuovamente dopo i 65 anni, epoca in cui, con buona probabilità, alla patologia si affiancano altri problemi legati all’invecchiamento.

In sintesi l’analisi effettuata produce risultati che per un verso rassicurano sull’impatto economico complessivo delle malattie rare sul Ssn, (sebbene il costo economico e sociale delle rare è ben superiore ai costi sostenuti dal Ssn) ma allo stesso tempo sottolineano come la spesa sia anche dipendente dall’esistenza o meno di terapie efficaci.

Da questo punto di vista è essenziale l’incentivo alla ricerca e all’innovazione: relativamente ai farmaci orfani si nota che il nostro Paese incentiva significativamente il settore, aggiungendo ai vantaggi riconosciuti dalla regolamentazione internazionale, ulteriori benefici quali l’esenzione dal payback, e un fast track per l’approvazione.

Non di meno la crisi economica frena ormai l’accesso dei farmaci innovativi ad alto costo (quali tipicamente quelli orfani) alla rimborsabilità. D’altra parte va considrato che i farmaci orfani per definizione hanno mercati piccoli e quindi il ritorno dall’investimento richiede prezzi alti, senza per questo implicare necessariamente “sovraprofitti”.

Utilizzando le evidenze di uno studio condotto qualche anno fa sul pricing dei farmaci orfani (Messori et al., 2010) da parte di Aifa, si evidenzia che per un farmaco destinato a una patologia con una prevalenza di oltre 0,5 pazienti per 10.000 abitanti (ovvero più di 3.000 in Italia), il costo annuo della terapia atteso dal Ssn è di circa 10mila euro, inferiore sia per costo unitario, che per impatto finanziario (30 milioni), a molte altre patologie croniche; allo stesso tempo per una patologia ultra-rara con solo cinque casi sul territorio nazionale, la disponibilità a pagare da parte del Ssn arriverebbe a circa euro 2 milioni di costo terapia annuo: cifra, che può “spaventare”, ma che paradossalmente lascia il produttore della terapia in una condizione di svantaggio rispetto a quello della prima: sia perché il fatturato massimo ottenibile è pari a circo un terzo del primo, sia perché probabilmente rimane insufficiente per garantire il ritorno dell’investimento.

Quindi, malgrado l’agenzia regolatoria abbia effettivamente valutato correttamente i farmaci orfani, legando il prezzo di rimborso alle dimensioni del loro mercato, ancora molto va fatto per incentivare adeguatamente la ricerca, in particolare nel campo delle patologie ultra rare.

In casi come quelli dei farmaci orfani, nella valutazione delle tecnologie prevalgano largamente le motivazioni distributive (e quindi etiche) sulla semplice costo-efficacia.

Per rendere in prospettiva ancora appetibile il mercato italiano, che poi significa garantire l’accesso dei pazienti alle innovazioni, sembra quindi essenziale, fornire dei benchmark che guidino le decisioni dell’autorità regolatoria, contemperando innovatività, costo-efficacia, dimensioni del mercato (e quindi possibilità di ritorno dagli investimenti) e sostenibilità.


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