Lavoro e professione

Taglio dei fondi accessori, Intersindacale medica contro l’emendamento scandalo al Milleproroghe

di Rosanna Magnano

L’Intersindacale medica, veterinaria e sanitaria tuona contro l’emendamento - sponsorizzato dalle Regioni e depositato da Forza Italia - al decreto Milleproroghe, oggi e domani all’esame della prima commissione del Senato, con il quale si chiede che il taglio, in atto dal 2011, dei fondi accessori del contratto nazionale dei medici e dei dirigenti sanitari prosegua per tutto il 2017. Per le sigle dei camici bianchi si tratta di una «rapina a mano armata. Un emendamento senza rationale, senza l'alibi della delega di riforma della pubblica amministrazione, senza pudore, senza vergogna». Uno dei tanti capitoli in sospeso, quello dei fondi accessori, della grande partita aperta sul personale, che vedrà un primo nuovo round il 31 gennaio prossimo, quando le sigle sindacali delle dirigenza medica incontreranno la ministra della Salute Beatrice Lorenzin sul problema della carenza degli organici in sanità.

Intanto sul fronte contrattuale, le Regioni attaccano. Minando «le condizioni economiche - sottolinea l’Intersindacale - su cui si fonda la stessa possibilità di attuare l'articolo 22 del Patto della Salute che fingono di discutere con il Ministro». L’ennesimo colpo basso, dopo una gestione considerata inaccettabile del nodo-fabbisogni: «Il tentativo di ridurre gli organici, alla faccia delle aspirazioni dei precari - spiega l’Intersindacale - attraverso un calcolo del fabbisogno di personale con un metodo fordista che confonde sala parto con catena di montaggio, cronometro con stetoscopio».

Le Regioni fanno cassa e chiedono quindi al Governo «di continuare il saccheggio dei fondi contrattuali dei medici e dei dirigenti sanitari, non considerando sufficienti i 650 milioni già sottratti per via legislativa ed esegetica negli ultimi 5 anni. Di modo che il piatto contrattuale è servito, con risorse incerte e scarse aggiunte a livello nazionale e risorse certe ed ingenti sottratte a livello regionale. Poco importa che proprio il salario accessorio deve remunerare flessibilità, merito, disagio. Altro che aumenti stipendiali. Dai tagli lineari si è passati al taglio specifico per i medici ed i dirigenti sanitari che, senza contratto da otto anni, hanno salvato dal tracollo il servizio pubblico malgrado il definanziamento, il peggioramento delle condizioni di lavoro, il vistoso calo degli organici».

Uno «scippo di risorse» da parte di amministrazioni «Incapaci di mettere ordine nei loro bilanci, e di riorganizzare la rete terrritoriale ed ospedaliera», «indifferenti al calo della qualità e quantità dei servizi erogati ai cittadini. Per preservare i propri gruppi dirigenti, svuotano in modo perverso l'articolo 32 della Costituzione, ampliando la frattura tra istituzioni e professionisti che aggrava l'impoverimento, di risorse economiche ed umane, della sanità pubblica e ne accelera il tracollo, favorendo l'espansione della sanità privata. Ma non saranno certo furbizie ed opportunismi a garantire la salute dei cittadini».

I sindacati dei medici chiedono quindi al Governo, e al Parlamento di respingere con decisione «una proposta indecente, senza palleggiamenti di responsabilità».

«Noi mettiamo tutti i giorni la faccia davanti al disagio dei pazienti - conclude il comunicato - è tempo che la classe politica ci metta la sua. Sarà un utile elemento di giudizio per le prossime elezioni amministrative e politiche. Il Governo faccia le sue scelte, ma sappia che di fronte a ulteriori atti ostili non sarà possibile ricucire un interlocuzione con importanti categorie professionali che, comunque, non rimarranno inerti ad assistere allo scempio dei loro contratti di lavoro, all'uso incontrollato delle risorse e alla deriva verso la sanità privata».

Da parte loro le Regioni in un parere sul decreto Milleproroghe avevano così giustificato la proposta di modifica: «La proposta emendativa è finalizzata alla conferma, per l'anno 2017, dell'applicazione delle decurtazioni previste dall'art. 1 comma 236 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 anche in caso di decadenza dei termini per l'esercizio della delega prevista dagli articoli 11 e 17 della legge 7 agosto 2015, n. 124». Si tratta della Legge Madia di Riforma della Pa (legge sulle «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche» negli articoli riguardanti Dirigenza pubblica e Riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).

Ecco il testo degli emendamenti depositati

1.70
Mandelli, Boccardi, Malan
Dopo il comma 15, inserire il seguente:
«15-bis. Resta confermata per l'anno 2017 l'applicazione dell'articolo 1, comma 236, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 ad esclusione delle Regioni a statuto ordinario che rispettano il parametro previsto dall'articolo 6, comma 20, del decreto legge 31 maggio 2010 n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010 n.122, come integrato dall'articolo 35, comma 1-bis del decreto-legge n. 69 del 2013, convertito dalla legge 9 agosto 2013 n. 98».

1.71
Mandelli, Boccardi, Malan
Dopo il comma 15, inserire il seguente:
«15-bis. Resta confermata per l'anno 2017 l'applicazione dell'articolo 1, comma 236, della legge 28 dicembre 2015, n. 208».



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