Lavoro e professione

Infermieri&Co, i nodi al pettine

di Lucilla Vazza

Contratto, assunzioni, competenze e sblocco del ddl Lorenzin. Stanno in fila come birilli le questioni aperte del comparto delle professioni sanitarie. E non si vede l’uscita da questo tunnel.

E il primo “birillo” è la carenza degli organici. «La nostra professione è legata alle reali esigenze del Paese e ci si sta rendendo conto della situazione ai limiti della sopportabilità per gli organici» è lo sfogo di Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi. «Sono mesi che denunciamo la carenza di infermieri e i rischi legati all’innalzamento dell’età dei professionisti in servizio», spiega.

Proprio poche settimane fa il Conto annuale della Ragioneria generale dello Stato sul personale Ssn per il 2015 ha registrato un calo di 10.444 unità (-1,6%) passando da 663.795 a 653.352 addetti. Si tratta della riduzione più significativa degli ultimi anni: 29mila i posti di lavoro andati in fumo dal 2007. E 2.788 (il 27% del calo totale) sono infermieri (-1%), seguiti ai primi posti dal personale del ruolo tecnico con -1.873 unità (-1,5%) tra cui assistenti sociali e operatori sociosanitari e quindi sempre con un danno diretto sull'assistenza alla persona.

«La prima necessità degli infermieri è consolidare e rendere più esplicite le scelte strategiche della professione. Indubbiamente, ragionando razionalmente dall’interno di una categoria professionale che offre i suoi servizi perché crede prima di tutto nel rapporto di assistenza con i cittadini, ma con i suoi servizi “lavora”, il primo tassello è quello del contratto», incalza Mangiacavalli. Perché non va dimenticato che l’Europa ha svecchiato le regole su turni e riposi, peccato che in Italia all’appello manchino almeno 20mila professionisti, a cui vanno aggiunti altri 30mila per portare almeno a 6,3 il rapporto infermieri ogni mille abitanti, contro i 9,1 medi nei paesi Ocse più avanzati. E su questo dovranno trovare la quadra i sindacati, perché ancora la situazione è ben lungi dall’essere risolta.

E le competenze?

«Gli infermieri hanno ormai acquisito conoscenze solide in lunghi anni di studio e chiedono solo di poter ulteriormente sviluppare secondo la mission della loro professione» non ha dubbi la presidente Ipasvi che anzi sottolinea che «l’infermiere è il solo interprete autentico autorizzato all’applicazione del sapere infermieristico: ogni aumento del fabbisogno di competenze infermieristiche richiede un aumento di personale». E senza infermieri i servizi stentano e addio appropriatezza, con territori nel deserto assistenziale: il 70% delle perdite di professionisti sono nelle ottoregioni storicamente in piano di rientro con Molise, Campania e Lazio che hanno perso fino al 3% del totale dei lavoratori.

«La situazione è grave. È ora di nuovi contratti, è vero, ma anche di disegnare un nuovo modello e una diversa organizzazione assistenziale. Nel 2017 intendiamo riempire il perimetro proprio della professione e presidiare il riconoscimento delle competenze specialistiche, consolidando e allargando il sapere infermieristico» dice la presidente Ipasvi. E per farlo le professioni sanitarie dovranno confrontarsi e integrare, dove possibile, le proprie richieste. E qui si arriva al terzo “birillo”: il riordino di albi e collegi. Il ddl Lorenzin che prevede dopo decenni l’aggiornamento degli albi dei professionisti giace da maggio alla Camera in commissione Affari sociali, dopo il voto del Senato. Il leader Conaps (coordinamento professioni sanitarie), Antonio Bortone sul ddl di riordino senza mezzi termini parla di «palude». E rincara la dose: «non si può più attendere danneggiando professionisti e cittadini e riducendo le garanzie di trasparenza e immediatezza nella gestione professionale. Dobbiamo rispondere a una società che cambia. Il boom cronicità impone scelte decisive, che non possono ricadere sempre sul cittadino, che è costretto a pagare di tasca propria. Da ultima è arrivata la Dgr della Lombardia a indicare una strada possibile: integrazione pubblico-privato e coordinamento costante tra mmg e professionisti sul territorio». Per dirla con Pablo Neruda, lentamente muore chi non cambia «E l’Ssn deve accettare la sfida del cambiamento - precisa il leader delle 19 professioni ancora senza albo - In Europa le competenze allargate sono una realtà. Le equipe multitasking per il see&threat sono presenti e funzionano. I professionisti sono essenziali nel processo di cura. Le professioni normate e non ordinate lavorano al fianco dei medici, il riconoscimento è urgente e non possiamo “imbarcare” osteopati e chiropratici che hanno altri percorsi formativi e che esercitano una pratica, che è cosa diversa dalla professione sanitaria». E dal riordino degli albi alle competenze avanzate, il dibattito è senza fine. In un eterno stop&go. Qualcuno legge speranze di un germoglio di cambiamento - dopo lo stallo sul comma 566 della finanziaria 2015 - nel ddl Gelli sul risk, che potrebbe vedere la fine del percorso di approvazione a strettissimo giro. L’articolo 5 del testo, al comma 1 dice letteralmente che «Gli esercenti delle professioni, nell'esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si attengono, salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee guida». Se resta così, questo testo si presta a essere interpretato come una timida apertura nella direzione del comma 566, non indicando specifiche competenze nell’erogazione delle prestazioni. Non mette paletti su chi deve fare cosa. I tempi sono maturi per il cambiamento, il nuovo contratto è necessario, ma la politica è ferma. Le partite della sanità italiana nell’immediato sono altre e bisognerà fare i conti con i nuovi tagli che si paventano all’orizzonte. I “birilli”, le questioni in piedi, restano così come sono. Con buona pace di chi chiede al Ssn di cambiare per non implodere.


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