Lavoro e professione

Dolore e legge 38/2010, Ipasvi: «Infermieri pronti a informare i pazienti»

«La cultura del sollievo è non solo una necessità per soddisfare i bisogni dei pazienti più fragili, ma un dovere morale per gli infermieri. E fare sì che essa si propaghi e venga compresa è un compito non solo meritorio dal punto di vista umano, ma professionalmente caratterizzante per chi, come gli infermieri, ha deciso di dedicare la sua vita al prendersi cura». Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale Ipasvi, interviene sui risultati dell'indagine elaborata dall'Osservatorio per il monitoraggio della terapia del dolore e Cure palliative della Fondazione nazionale Gigi Ghirotti Onlus in collaborazione con la Fondazione Isal che ha messo in evidenza la scarsissima conoscenza da parte dei cittadini della legge 38/2010 sul dolore e per questo l'ancora più scarso utilizzo delle potenzialità e delle possibilità che essa offre contro il dolore.

«Il nostro codice deontologico in vigore, ma anche il nuovo in via di definizione che lo sostituirà – prosegue - parla chiaro quando prescrive come ogni nostro professionista “si attiva per prevenire e contrastare il dolore e alleviare la sofferenza. Si adopera affinché l'assistito riceva tutti i trattamenti necessari”, una regola per chi ogni giorno si coordina per aiutare i malati».

«Non c'è momento più forte nell'assistenza ai malati di quello delle cure palliative, in cui gli infermieri mettono in campo oltre le loro competenze cliniche la capacità di caring, di prendersi cura e non solo del paziente, ma di tutta la sua famiglia che con lui vive questi momenti drammatici, di prendersi cura della persona nella sua globalità (anche sociale) e autonomia. L'attenzione si focalizza sull'individuo piuttosto che sulla malattia, per privilegiare la qualità della vita che resta da vivere».

Secondo Mangiacavalli ,«per questo è essenziale e propedeutico alla professione stessa, che gli infermieri imparino a riconoscere oltre a quelli clinici, anche i bisogni assistenziali ed emotivi dei pazienti e delle loro famiglie, sappiano affrontare il dolore e sappiano gestire il prima, il durante, ma anche il “dopo”, rispetto a problematiche diverse da quelle dell'assistenza in acuzie e in post-acuzie. E per questo è indispensabile, dati anche i risultati sull'informazione che il paziente ha dei suoi diritti e delle sue possibilità di cura, che gli infermieri siano coinvolti in prima persona oltre che nell'assistenza anche nell'informazione e nell'educazione ai malati che soffrono».

«Le cure palliative – sottolinea la presidente Ipasvi - rappresentano dal punto di vista professionale anche un modello di implementazione delle competenze infermieristiche, come esempio per articolare i futuri percorsi di carriera e un modello per il mondo sanitario: dare appropriatezza al percorso assistenziale che l'infermiere compie di fronte a questi malati è non solo la manifestazione più evidente del suo dovere professionale, ma anche di quello morale che ha deciso di fare proprio nel momento stesso in cui ha scelto la professione».

«Noi infermieri – conclude - sappiamo ascoltare i pazienti, li sappiamo capire e li aiutiamo oltre che dal punto di vista clinico anche da quello psicologico che in momenti di grave criticità rappresenta una componete essenziale dell'assistenza. E siamo, vogliamo e chiediamo di essere coinvolti in questa attività come l'espressione del necessario, anzi direi ormai indispensabile, insostituibile e ineludibile lavoro in team, priorità per ogni professionista dedicato ad affrontare accanto ai pazienti il loro dolore, con l'unico obiettivo da raggiungere ben identificato nel benessere del malato che va anche al di là del momento dell'acuzie e dell'emergenza».


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