Lavoro e professione

L’unità di crisi della Lorenzin: necessario un chiarimento alla luce della legge Gelli-Bianco

di Carlo Palermo (vice segretario nazionale vicario Anaao AssomedAnaao Assomed)

La morte di una donna di 39 anni ricoverata presso l’Ospedale di Iglesias, che ha presentato complicazioni dopo aver dato alla luce due gemelle, ha attivato, come in genere avviene per i gravi eventi avversi, l'intervento della task force dell'unità di crisi permanente del Ministro Beatrice Lorenzin. Si tratta di uno dei primi interventi di questa task force dopo l'approvazione della legge Gelli-Bianco sulla sicurezza delle cure e la responsabilità professionale.
È un dovere del sistema pubblico analizzare gli eventi sentinella, capirne le cause e consentire, se necessario, di mettere in sicurezza il sistema evitando così che si possano ripetere. Se per agire preventivamente si dovesse aspettare la verità giudiziaria i tempi sarebbero decisamente più lunghi e nel frattempo potrebbero accadere altri incidenti.
Perché ciò si realizzi sono però necessarie precise condizioni operative che la recente legge Gelli-Bianco ha stabilito ma che sembrano essere non convergenti con quanto stabilito dal D.M. del 27 marzo 2015 che istituisce l'Unità di crisi permanente.
La presenza dei Nas nella task force ministeriale appare la contraddizione più evidente.
Con il Dm richiamato, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, istituì l'unità di crisi permanente «con il compito di individuare con tempestività procedure e strumenti atti a ridurre il rischio di ripetizione di eventi infausti o di particolare gravità che si verificano nell'ambito dell'attività di erogazioni di prestazione da parte del Servizio sanitario nazionale e di coordinare gli interventi a tal fine necessari per rendere più efficiente e immediata l'azione del medesimo ministero o delle altre Istituzioni competenti» (art. 1).
L'unità di crisi, costituita da figure di vertice del Ministero, Agenas, Regioni, Iss, Carabinieri Nas e loro supplenti, si sarebbe avvalsa, come è sempre avvenuto sino a oggi, di una task force di esperti, di cui hanno sempre fatto parte militari dei Nas. La loro presenza ha fatto inevitabilmente dubitare i professionisti sulle finalità non punitive e di ricerca delle responsabilità professionali di questo organismo.
L'intenzione del ministro era quindi solo in parte coerente con le finalità dei sistemi di segnalazioni e apprendimento, almeno così come concepiti dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e dal Consiglio d'Europa nella Raccomandazione del 9 Giugno 2009 sulla sicurezza del paziente (2009/C 151/01) che per l'appunto prescrivono che tali sistemi devono essere privi di carattere punitivo e differenziati da quelli disciplinari, chiarendo le implicazioni giuridiche relative alla responsabilità.
La Legge Gelli-Bianco, approvata lo scorso 8 marzo (Legge 24/2017), detta nuovi indirizzi sulla sicurezza delle cure e la responsabilità professionale e promuove i sistemi di segnalazione e apprendimento in una logica non punitiva, stabilendo a tal fine (art. 16) che «I verbali e gli atti conseguenti all'attività di gestione del rischio clinico non possono essere acquisiti o utilizzati nell'ambito di procedimenti giudiziari». È appena il caso di ricordare che questo è uno degli elementi centrali della legge, la quale considera tali atti degni del livello di secretezza proprio degli atti della magistratura.
La contraddizione della presenza dell'autorità giudiziaria nella task force è quindi emersa in modo evidente.
È necessario a questo punto, visto il dovere che i Carabinieri hanno di riferire alla Magistratura inquirente, essere chiari su quale sia la reale funzione di questa Unità di Crisi e della sua task force e rispondere alle seguenti domande:
- è un organismo ispettivo con la funzione di ricercare le responsabilità professionali di reati per cui la presenza dei Nas è giusta e necessaria?
oppure
- è un organismo del sistema di segnalazione e apprendimento di Agenas e Regioni con la funzione di mettere in sicurezza la struttura evitando il ripetersi nell'immediatezza di altri eventi avversi?
Crediamo che si tratti di una questione importante che necessita di un chiarimento.
Entrambe le funzioni sono giuste e legittime ma bisogna uscire dalle ambiguità e principalmente non possono coesistere per metodi e finalità in un unico organismo di inchiesta.
In Inghilterra, uno dei paesi che per primi ha iniziato a occuparsi di rischio clinico e sicurezza del paziente, l'intervento della Investigation branch ministeriale non prevede al suo interno la presenza della polizia giudiziaria. Le sue finalità non sono punitive ma preventive.
Alla luce della Legge Gelli-Bianco sarebbe necessario avere due linee d'intervento autonome e indipendenti:
-ispezione del ministero e Nas con propri consulenti mirata a fornire elementi di prova alla magistratura inquirente;
-audit per eventi significativi di Agenas e Regioni con propri consulenti mirato a mettere in sicurezza il sistema sanitario ma con la protezione dei documenti prodotti.
L'attuale modalità d'intervento del Ministero della Salute lascia molto perplessi e risulta in evidente contraddizione con i suoi principi ispiratori e con i modelli di reporting&learning che, come già detto, non devono avere carattere punitivo e implicazioni giuridiche relative alla responsabilità.
Al momento attuale sarebbe corretto e giusto dare ai professionisti coinvolti negli interventi della task force ministeriale, il famoso avviso della polizia statunitense: “Lei ha il diritto di rimanere in silenzio e qualsiasi cosa dirà potrà essere usata contro di lei in Tribunale. Ha diritto ad un avvocato, se non può permettersi un avvocato gliene sarà assegnato uno d'ufficio”.


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