Lavoro e professione

Come e cosa valutare nel Servizio Sanitario nazionale

di Roberto Polillo

Nel servizio sanitario il processo di valutazione dei dirigenti è stato sempre ritenuto uno strumento fondamentale non solo per la misurazione della performance individuale, ma anche e soprattutto per il miglioramento continuo della qualità.
Obiettivi ambiziosi che spesso però, nella realtà di molte aziende sanitarie, non hanno trovato la necessaria applicazione. Il processo di valutazione si è rivelato una mera formalità e l'attribuzione delle risorse ha seguito l'antico rito della distribuzione erga omnes.
Illogico anche il tentativo brunettiano (ormai disapplicato) di ovviare a questo attraverso il rigido contingentamento dei dirigenti (il 25% del totale) a cui potere attribuire il massimo del risultato.
Oggi, il decreto Madia cerca di introdurre alcune novità tra cui: diretta responsabilizzazione degli enti territoriali nella definizione degli obiettivi; preferenza alla produttività di gruppo rispetto a quella individuale; affidamento ad un organismo indipendente della valutazione della performance e della verifica sull'andamento delle performance rispetto agli obiettivi programmati.
Al di là dei correttivi e delle innovazioni organizzative, già altre volte introdotte, e purtroppo spesso senza risultati apprezzabili, il problema di fondo che bisognerebbe affrontare (e che rischia di restare insoluto) ha una natura diversa. È infatti un problema culturale e riguarda il tipo di attività cliniche da incentivare e da sottoporre a verifica.
La logica finora adottata, infatti, è stata quella di valutare solo e soltanto il numero e la quantità di prestazioni rese, indipendentemente da ogni ponderazione sulla loro reale efficacia clinica.
Non si è mai deciso, invece, di valutare il numero di prestazioni o esami che in nome dall'appropriatezza non vengono eseguiti o vengono sostituiti con altri di maggiore efficacia. Cero in questo caso la valutazione è più difficile e comporta un'organizzazione oggi mancante.
Se tuttavia l'obiettivo è il miglioramento della qualità è allora indispensabile rompere con questa vecchia logica produttivista fine a sé stessa. Occorre invece andare a valutare, per restare restare nel campo della quantità di prodotto, il numero di relazioni cliniche che ogni professionista mette in campo per rendere più appropriato il proprio lavoro.
Come realizzare questo? Basterebbe mettere a punto un sistema di consulenza online tra i vari professionisti (Mmg compresi) tramite la costruzione di una rete virtuale, in cui ciascun sanitario ha la possibilità, in caso di necessità, di discutere del caso clinico con lo specialista di riferimento di quella specifica area distrettuale o ospedaliera.
E questo specie per quelle tipologie di accertamenti gravate da lunghi tempi di attesa o a rischio d'inappropriatezza come gastroscopie, colonscopie, indagini allergologiche, test da sforzo o accertamenti da imaging.
Non credo che in tal modo si verrebbe a limitare libertà prescrittiva; al contrario si limiterebbe soltanto un modo solipsistico di affrontare la complessità clinica.
Il professionista, dunque, verrebbe valutato sul numero di consulenze rese e sulla reale implementazione di percorsi clinici virtuosi; non sul fare di più ma sul fare meno e meglio .
Un tale approccio, già implementato con successo in paesi del Nord America, avrebbe conseguenze estremamente utili non solo sulle liste di attesa ma anche sulle expertise del professionista.
Si creerebbe infatti una sorta di team virtuale con conseguenze positive sulla qualità complessiva del lavoro svolto come anche sul livello di soddisfazione del lavoro.
Il tempo dedicato da ciascun professionista a queste attività rientrerebbe così a pieno titolo tra i progetti di produttività a cui agganciare il salario aggiuntivo

Un discorso simile può essere applicato anche sul terreno delle cure primarie.
La scelta di alcune regioni, non ultima il Lazio, è stata quella di ampliare l'offerta delle prestazioni del Mmg attraverso i tanto decantati ambulatori aperti il sabato e la domenica.
Si è dunque data la possibilità al cittadino di accedere allo studio del proprio medico anche nel giorno festivo e questa facilitazione è stata propagandata come un grande salto di qualità dal punto di vista assistenziale.
In realtà gli efffetti sulla salute effettivamente prodotti sono pressocchè zero perché anche qui non è il criterio quantitativo che determina la qualità del servizio.
Il Mmg deve realizzare la medicina d'iniziativa e il chronic care model per le patologie croniche oggi prevalenti. Le risorse aggiuntive dovrebbero essere impiegate per implementare questo modello di presa in carico finalizzato alla programmazione d'interventi pro attivi che impediscano le riacutizzazioni. Non certo per snellire le file attraverso un numero maggiore di ore di sportello (mi si consenta l'espressione) aperto al pubblico.
Il Mmg dovrebbe essere valutato su quante riacutizzazioni riesce ad impedire e sul numero di ricoveri inutili che riesce ad evitare. Tutto il resto è di scarso valore e assorbe risorse senza apprezzabili risultati.
Certo anche in questo la valutazione è più difficile necessitando di un tempo di osservazione lungo e di un sistema di rilevazione in grado di leggere e interpretare i dati .
Questo però è quello che serve per affrontare con successo la nuova epidemia di malattie croniche nei confronti delle quali sono le cure primarie a rappresentare il setting assistenziale appropriato
La valutazione dunque occupa un posto di rilievo nel sistema sanitario, ma a condizione che si scelagno i giusti indicatori e le attività realmente utile per migliorare la qualità del servizio e gli esiti di salute.


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