Lavoro e professione

Elisoccorso, Siared: «Italia ferma da 10 anni. Regioni prive del servizio, formazione in stand by»

di Rosanna Magnano

L’Elisoccorso non salva la vita di tutti gli italiani. E la possibilità di attivare questo fondamentale, anche se costoso, servizio d’emergenza - in un Paese esposto a calamità di vario genere, fortemente sismico e con una situazione di dissesto idrogeologico diffuso - dipende, come spesso accade, dalle coordinate geografiche. Negli ultimi dieci anni la situazione non è affatto cambiata e su organizzazione e formazione degli operatori ancora oggi ci sono regioni che offrono un servizio di eccellenza e altre in cui addirittura non esiste nulla. Il Nord Italia è più attrezzato, con la Lombardia in testa; al Centro l’Umbria è totalmente sguarnita e il Sud arranca, con Molise e gran parte della Puglia prive del servizio. Un quadro a macchia di leopardo agevolato dalla mancanza di direttive nazionali che impongano un sistema organizzativo unico e obbligatorio in tutta l'Italia. A lanciare l’allarme sulla necessità di un elisoccorso efficiente e sicuro in tutta Italia sono gli Anestesisti Rianimatori riuniti a Roma per il 13° Congresso Siared.

La situazione – sottolineano gli esperti – è ferma all'Accordo Stato-Regioni n°2200 del 3 febbraio 2005 , ovvero le “Linee guida per l'organizzazione dei servizi di soccorso sanitario con elicottero” che di fatto non impone alcuna precisa regola a livello nazionale, lasciando ampi spazi a libere interpretazioni regionali o addirittura locali.

Tra i nodi da risolvere, i requisiti psicofisici del personale sanitario imbarcato, la necessità o meno dell'infermiere professionale, i requisiti minimi, anche logistici, delle basi di elisoccorso. Mancano inoltre la definizione di un training e retraining del personale sanitario e i sistemi di certificazione e miglioramento di qualità. «E c'è anche chi mette in dubbio la figura dell'anestesista rianimatore a bordo dell'elicottero - continuano i professionisti dell’emergenza - nonostante sia una figura indispensabile per la miglior efficacia delle procedure salvavita, oltre che l'unico medico specialista a poter utilizzare farmaci di propria esclusiva competenza, che qualche sibillina riga nei “foglietti illustrativi” (alias “bugiardini”) non basta a sdoganare per l'uso da parte di chiunque. D'altra parte non abbiamo notizia che le Istituzioni abbiano oggi un quadro completo dell'elisoccorso in Italia, dato che non esiste un monitoraggio nazionale realizzato di recente».

Gli ultimi dati disponibili parrebbero risalire infatti al 2010. Forse rispetto ad allora la situazione è migliorata, ma sicuramente non è stato ancora fatto il salto di qualità necessario a mettere in sicurezza l'intera penisola.

Nel 2010 risultavano censite 50 stazioni di elisoccorso, per il 68% a servizio di zone di montagna, soltanto 3 in più rispetto al 2004, con 11 elicotteri per i voli notturni rispetto ai 6 del 2004. In alcune Regioni non esisteva l'elisoccorso e sappiamo che a tutt'oggi permangono situazioni simili in territori difficili.

«L'emergenza sanitaria, di cui l'elisoccorso è parte integrante, è il primo Livello Essenziale di Assistenza – sottolinea Franco Marinangeli, consigliere Siared e direttore scientifico del Centro Aaroi-Emac “SimuLearn®” – che deve essere garantito a tutti i cittadini. È uno standard di cura inderogabile. È indiscutibile che il mezzo aereo può fare la differenza nelle patologie tempo-dipendenti, di cui tanto si parla, nelle quali tempi di intervento sanitario più rapidi sono fondamentali. Oggi, in Italia ci sono ancora Regioni che non dispongono del servizio di elisoccorso. La riorganizzazione del Ssn va, giustamente, verso la riduzione dei presidi ospedalieri e la centralizzazione dei pazienti. In questo senso l'elisoccorso, se ben organizzato e gestito, può anche rappresentare uno strumento fondamentale per chi voglia proporre buona politica sanitaria. Se ai cittadini/elettori si assicura un servizio di centralizzazione realmente efficace, vi saranno certamente minori resistenze ad accettare la chiusura di quegli ospedali non in grado di assicurare adeguata qualità e sicurezza delle cure». Di fatto finora ogni regione ha fatto un po’ per conto suo, anche sulla composizione della squadra di soccorso. «Basti pensare - continua Marinangeli - che in Emilia Romagna ci sono due infermieri sull’elicottero, in Valle d’Aosta due medici e nessun infermiere. E non è neanche obbligatorio che il medico a bordo sia un rianimatore. Perche la legge parla di una possibilità di opzione. Si crea quindi anche un problema di competenze. Si tratta di un servizio costoso e prezioso, che va organizzato con efficienza massima e soprattutto equamente diffuso su tutto il territorio italiano».

«Di fronte a questa situazione e in considerazione del fatto che i medici, a ben ragione, maggiormente coinvolti nell'elisoccorso sono gli Anestesisti Rianimatori (82,11% nel 2010) – puntualizza Alessandro Vergallo, presidente nazionale Aaroi Emac – l'Associazione, anche grazie al recente accordo con l'azienda Leonardo Elicotteri Spa, sta realizzando uno studio sull'organizzazione, la sicurezza e le specificità di intervento dell'Elisoccorso in Italia, rendendosi disponibile anche a collaborare con le Istituzioni Nazionali e Regionali interessate a raggiungere obiettivi di qualità del servizio. Nelle zone impervie, in particolare, anche attraverso un coordinamento sempre più efficace con il Cnsas (Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico) nella gestione delle emergenze e delle maxiemergenze. Tra i nostri obiettivi, la definizione di uno standard nazionale che riguardi, in estrema sintesi, l'allestimento sanitario degli elicotteri, oltre che i criteri di selezione e di formazione del personale sanitario addetto».


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