Lavoro e professione

Dalla cronicità ai vaccini, come declinare il nuovo Atto d’indirizzo

di Fimmg

In questo focus Fimmg il punto sui temi evidenziati nel nuovo Atto d’indirizzo licenziato a fine luglio dal Comitato di settore-Sanità guidato da Massimo Garavaglia.

Cronicità/ L’assistenza? Da reattiva a proattiva. L’Italia vive una fase demografica che fa della “cronicità” il paradigma dello stato di salute della popolazione. Le patologie croniche hanno alti costi diretti ed indiretti e la sfida della sanità negli anni 2000 è sostenerne economicamente l’onere. I 2/3 degli over 65 anni hanno 2 o più patologie croniche. Le persone con 3 o più patologie croniche realizzano l’80 per cento della Spesa sanitaria nazionale. Le patologie croniche vanno prevenute, precocemente diagnosticate e continuamente “governate”.
È necessario promuovere la “medicina di iniziativa” definendo percorsi di prevenzione, diagnosi precoce e follow-up programmato quale primo e irrinunciabile strumento per la sostenibilità del Ssn e garanzia di equità di accesso al servizio stesso.
Il medico di famiglia è in grado di combinare una strategia dell’alto rischio con una strategia di popolazione, perché è l’unico che può agire su tutta la popolazione utilizzando il tempo “lifelong”. È in grado di fare diagnosi precoce, di educare il paziente, di declinare la terapia e gestire il follow-up della maggior parte delle patologie croniche.
La Medicina generale nel suo insieme - Assistenza primaria e continuità assistenziale - può dimostrare, dati alla mano che, nelle realtà in cui sia stata valorizzata e sostenuta, ove può avvalersi dell’ausilio di figure professionali (collaboratore di studio e infermiere adeguatamente formati), della telemedicina, ove ha la possibilità di effettuare direttamente diagnostica di primo livello, è in grado di assicurare, attraverso il lavoro singolo e di squadra, sia la medicina di attesa che la medicina di iniziativa; è in grado di assicurare la diffusione della prevenzione e l’erogazione delle cure di patologie croniche a un costo accettabile.
Fimmg promuove per le patologie croniche, politiche di passaggio da un’assistenza “reattiva” a un’assistenza “proattiva” affinché le cure primarie diventino il punto centrale dei processi assistenziali con forti collegamenti con il resto del sistema, utilizzando sistemi informativi evoluti a supporto delle attività assistenziali, promuovendo la creazione di team multi-professionali che puntano al miglioramento continuo (gestione integrata) con una chiara condivisione dei ruoli e del lavoro ed uno scambio continuo, coordinato e prestabilito (secondo un Pdta condiviso) tra Mmg e specialista. Attraverso l’adozione di nuovi approcci assistenziali, professionali e organizzati, la Medicina generale può contribuire efficacemente a rallentare l’insorgenza ed evoluzione delle patologie croniche, presidiare la prevenzione e la promozione di corretti stili di vita e contribuire alla razionalizzazione della spesa.
La scelta che indichiamo è la strada di una sanità d’iniziativa che investa nella realtà più vicina al cittadino, la sanità territoriale, valorizzando da subito i Medici di medicina generale per rafforzarne le capacità e le potenzialità assistenziali, favorire lo sviluppo di nuove competenze professionali, sostenendo quelle già possedute.

Liste d’attesa/ Flussi separati contro gli ingorghi. Fondamentale è il ruolo che il Mmg ha in relazione all’accesso alle cure nel sistema sanitario pubblico. Fondamentale come riferimento fiduciario, capillare, ma con pochi strumenti a sua disposizione. L’ormai datato problema delle liste d’attesa necessita di soluzioni innovative e strutturali, che consentano di poter separare i flussi, distinguendo ciò che necessita di una pronta soluzione al problema evidenziato da ciò che, invece, ha bisogno di tempo per essere eseguito. Un follow up, per esempio, un controllo. Il primo riferimento per una persona in caso di un problema di salute è, infatti, il medico di famiglia, il quale, però, ha spesso come unico referente il Cup.
Ciò in alcuni casi, come le sospette patologie oncologiche, le sospette patologie reumatologiche o autoimmuni, le patologie per le quali è richiesto un pronto riscontro diagnostico (vedi tutte quelle con possibili ricadute chirurgiche) non consente di poter definire nei tempi più opportuni sia la diagnosi che l’iter diagnostico conseguente, determinando, come facilmente intuibile, fenomeni di spesa “out of pocket” oppure accessi impropri al Pronto soccorso per chi non può permettersi di pagare di tasca propria.
C’è una soluzione a questo? A nostro modo di vedere sì, come hanno già fatto in altri Paesi europei, vedi Spagna e Regno Unito, per citarne alcuni, dove la presa in carico del processo assistenziale inizia dal medico di famiglia, supportato da personale amministrativo, e si snoda nel percorso assistenziale più idoneo al caso clinico individuato. Non solo patologie cronico degenerative, quindi, dove già da anni ormai in molte Regioni si vanno affermando i Pdta, ma anche malattie o sospetto di malattie dove la precocità della definizione diagnostica è dirimente la prognosi.
D’altronde, le strutture ospedaliere da tempo sono organizzate in reti di specialità, vedi le reti oncologiche, le reti della terapia del dolore, le reti per le malattie reumatiche, le reti cardiologiche, per citarne alcune, e i reparti di chirurgia specialistica hanno un’organizzazione per percorso assistenziale interno, vedi, per esempio, le Breast Unit per il cancro della mammella.
Nonostante questa organizzazione per reti assistenziali, manca, all’inizio del percorso e alla dimissione, un qualsivoglia collegamento con la rete della medicina generale, con percorsi di presa in carico dedicati, con procedure organizzative concordate a livello aziendale, che consentano al medico di famiglia, in caso di problematiche di salute che necessitino di una struttura ospedaliera, di accedere direttamente al sistema di prenotazione, con tempi certi e con la possibilità di vedersi ritornare non un foglio di dimissione, ma i dati clinici del proprio assistito. E al termine del periodo di degenza, sempre più breve, la possibilità di concordare il piano assistenziale da intraprendere a domicilio e nel caso di impossibilità di tornare a casa subito dopo il ricovero, di avere a disposizione strutture di degenza per post acuto dove poter assistere il paziente senza gravare sulla famiglia.

Sinergie con il Pronto soccorso/ Investire finalmente sul territorio. Negli ultimi 20 anni la Medicina generale si è fatta carico del processo di deospedalizzazione nell’assenza di un quadro normativo chiaro, di un progetto strategico e dei relativi investimenti. Oggi la Mg partecipa sostanzialmente a tutte le attività distrettuali extra-ospedaliere considerate di integrazione ospedale-territorio e si occupa di rispondere alla quasi totalità (97,4%) di richieste di consultazione di un medico fatte dagli italiani (circa 513 milioni nel 2012); gli accessi ai 740 Pronto soccorsi (Ps) in Italia nel 2012 sono stati 13.433.427 (2,6%).
Ormai è quindi consolidato che il problema del Pronto soccorso è strettamente legato alla difficoltà di assorbire tutte le persone che si rivolgono ad esso in modo appropriato e che non trovano posto successivamente al primo soccorso nelle sedi adeguate (boarding o access block). Identificare nei numeri dell’attività di emergenza e di ricoveri ospedalieri le motivazioni e giustificazioni della necessità di riorganizzare le cure territoriali ponendo l’accento sugli accessi in Pronto soccorso come spia di una debolezza del territorio stesso nel dare risposta alla domanda di assistenza, è quantomeno miope. Parlare di riorganizzazione delle cure territoriali partendo da una analisi dei numeri degli interventi ospedalieri e di Pronto soccorso è quantomeno singolare. Ciò rappresenta, con chiara evidenza, un vizio di fondo, ovvero quello di pensare la riorganizzazione delle cure territoriali in funzione dell’ospedale, avendo come obiettivi prioritari quelli di ridurre gli accessi in Ps e non quello di consentire al territorio di essere dotato degli strumenti per potenziare e migliorare l’attività che già svolge sul versante della prevenzione e della gestione della cronicità.
I numeri in realtà ci dicono che le prestazioni di primo livello erogate sul territorio sono talmente superiori da poter affermare che gli accessi impropri al Ps non possono essere attribuibili ad una carente risposta da parte del territorio. Per fare qualche esempio, in una Regione come il Piemonte annualmente sono eseguite più di 40 milioni di visite solo dal Medico di famiglia, vengono prodotte 42.141.857 (dati del 2011) prescrizioni di farmaci, redatti centinaia di migliaia di certificati di inabilità temporanea al lavoro.
Va poi considerato che la difficile situazione economica del Paese orienta spesso molti cittadini a rivolgersi al Ps per ottenere prestazioni gratuite che in altre sedi rappresenterebbero costi che il paziente non può sostenere.
Il mancato investimento su una medicina generale capace di una medicina di iniziativa orientata a prevenire le acuzie e tenere sotto controllo le patologie croniche e una medicina di famiglia organizzata a riaccogliere le dimissioni ospedaliere sul territorio con potenziamento della domiciliarità e residenzialità sono le vere cause e affrontare tale investimento è la sola soluzione proponibile
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Vaccinazioni/ Profilassi in un’ottica di rete. Il nuovo Piano nazionale di Prevenzione vaccinale ha affermato una più moderna concezione della prevenzione, sia con l’inserimento del Pnpv tra i Lea per garantire prestazioni di pari qualità su tutto il territorio nazionale superando le attuali disuguaglianze, sia per i contenuti espressi: prevenzione per l’intero arco della vita, aumentata offerta vaccinale, equa accessibilità in tutte le Regioni, promozione di un piano di comunicazione istituzionale.
L’attuale modello organizzativo, ideato decenni fa quando ben diversi erano la popolazione da vaccinare, il contesto sociale ed epidemiologico, i tempi necessari a viaggi e migrazioni e quando i vaccini erano meno numerosi e meno sicuri, necessita un ripensamento che lo renda più efficiente ed efficace. Il contesto economico e le logiche ad esso connesse impongono scelte oculate, che in una economia di scala di risorse umane, strutturali e finanziarie creino un modello virtuoso capace di raggiungere gli obiettivi di copertura che le recenti scelte legislative ci propongono. La peculiarità dei contesti assistenziali, le specificità organizzative delle diverse realtà aziendali, richiedono soluzioni duttili, in cui si trovi di volta in volta il percorso più appropriato con un coinvolgimento dinamico, per tempi e modalità, dei diversi attori nel rispetto degli specifici ruoli e funzioni. È indispensabile superare il sistema a “silos”, fino a oggi utilizzato, e creare una rete forte in cui si realizzino le sinergie operative di tutti i professionisti coinvolti. La condivisione dei percorsi sin dalla fase di programmazione, l’abbandono della logica dell’isolamento dei diversi servizi/operatori creando rapporti strutturati, continuità e contiguità di azione nel rispetto delle competenze specifiche, la formazione degli operatori, saranno gli strumenti su cui costruire la riuscita dell’ambizioso progetto.
In questo contesto, il ruolo del medico di famiglia - di cui la letteratura documenta costante efficacia d’intervento - è cruciale: assiste nel tempo tanto i soggetti a rischio, candidati ideali alla vaccinazione, così come quanti presentano invece controindicazioni; conosce lo stato di salute della persona, la storia clinica, il contesto familiare, sociale, assistenziale (l’inserimento - o meno - in un nucleo familiare o in una struttura residenziale, l’eventuale stato di abbandono) e culturale, ovvero tutti gli elementi necessari a creare un piano di prevenzione personalizzato. A differenza degli altri operatori sanitari, ha l’opportunità di gestire una relazione di cura continuata nel tempo, basata su un rapporto di fiducia che lo rende il counselor preferito dai pazienti, e, conseguentemente, ha la possibilità di sostenere la fiducia nelle vaccinazioni, sfruttando tutte le occasioni di contatto per garantire un percorso di motivazione dell’assistito.
La Mg è, ormai da tempo, pronta ad uscire dalla logica contrattuale della singola e occasionale prestazione per passare a un concetto di presa in carico vaccinale dei pazienti da accompagnare in un percorso di salute lungo tutta la vita, in piena integrazione con la rete di tutti gli attori coinvolti nei processi di prevenzione. L’evoluzione della capacità assistenziale, sostenuta da modelli organizzativi sempre più efficienti con la presenza di personale di segreteria e infermieri nello studio del medico di famiglia, l’uso sistematico dei sistemi informatici avanzati capaci di interfacciarsi in reti orizzontali e verticali, la capacità di portare salute e prevenzione nel luogo di vita del cittadino, rendono i Mmg soggetti in grado di offrire, alla propria popolazione di assistiti, modelli appropriati di organizzazione e gestione delle diverse attività vaccinali nell’ambito di una rete territoriale forte e organizzata.

Ricambio generazionale/ Il contingente dei medici in formazione aumenti fino a +130%. Gli studi sulla demografia della professione, che Fimmg ha fin qui realizzato sulla base dei dati Enpam, dimostrano che il sistema della MG sta per affrontare un ricambio generazionale che porterà nei prossimi sei anni al pensionamento del 60% degli attuali Mmg. Una “naturale” conseguenza dell’impennata degli ingressi dei medici nella prima metà degli anni ’80 con l’Istituzione del Ssn.
Un fenomeno assolutamente prevedibile e di tale portata avrebbe richiesto ponderati e progressivi interventi da parte delle istituzioni: la programmazione di un investimento motivazionale durante il corso di laurea in Medicina verso la professione di Medico di medicina generale, la tempestiva programmazione di un numero di Borse messe a concorso dalle Regioni per l’accesso al Cfsmg, capace di contrastare il potenziale default del sistema, una dignitosa remunerazione per i medici in formazione, meccanismi contrattuali atti a favorire il rapido accesso alla professione. Niente di tutto questo è stato a oggi realizzato. Non è di secondaria importanza che venga previsto un numero di borse utili a rispondere ai bisogni dei cittadini e si preveda un contingente aggiuntivo necessario a superare la gobba di uscita dei medici dei prossimi sei anni.
L’analisi dinamica delle graduatorie regionali della medicina generale, emendate dai soggetti fuori Regione, medici incaricati e pensionandi presenti in graduatoria, suggerisce un aumento del contingente dei medici in formazione dal 100 al 130% nei prossimi dieci anni e fin da subito, per scongiurare la carenza di Mmg o addirittura la loro assenza in alcune Regioni. Come misura eccezionale potrebbe essere previsto un certo numero di borse finanziate dall’Ente previdenziale, da intendersi come anticipazione ai medici che poi potranno rifondere nel corso della loro vita professionale. Oltre alla valutazione quantitativa, non bisogna trascurare il valore e la qualità professionale che tali medici potranno e dovranno esprimere. Dovrà essere garantita una formazione post laurea omogenea sul territorio nazionale, basata su un modello didattico di riferimento comune per tutte le Regioni. Oggi gli indirizzi organizzativi e didattici dettati dalla normativa vigente vengono declinati in modo assai differente nelle Regioni.
Fermo restando che è necessario che a insegnare la nostra disciplina siano quelli che la studiano, che la esplorano e che la praticano tutti i giorni, serve una riqualificazione delle figure professionali preposte alla formazione. La richiedono l’esigenza di un rapporto più autorevole e paritetico con le altre specialità e la necessità di attuare nuovi modelli formativi che avvicinino il più possibile gli eventi al setting professionale, in modo da consentire continuità tra l’attività professionale e la formazione e una concreta capacità di incidere sulla performance del Mg. Con tutte le opportune modifiche che si potranno apportare verso una specializzazione, tale formazione specialistica deve restare ancorata al luogo in cui i medici eserciteranno la loro attività professionale, con le specificità e peculiarità del territorio, anche in relazione allo sviluppo delle reti utili ad una efficace ed equa assistenza.
Compito ulteriore del sindacato è quello di salvaguardare l’attuale contingente di Mmg (assistenza primaria e continuità assistenziale) affinché si garantisca anche in futuro un numero di medici idoneo a rispondere ai veri bisogni assistenziali (prevenzione, cronicità, cure domiciliari) in continuo aumento. In un sistema con disponibilità di risorse definita da confini sempre più stretti e con una forte necessità di ispirare la scelta delle prestazioni erogate a criteri di appropriatezza per garantire agli assistiti cure efficaci, efficienti, sicure, la Medicina generale dovrà continuare ad essere il primo garante di tali cure.

Remunerazione/ Le legge di Bilancio sostenga la revisione del lavoro. La sentenza del 2015 della Consulta sui blocchi economici contrattuali, le Finanziarie 2016 e 2017, hanno riportato la negoziazione dell’Acn della MG in un più normale alveo di rinnovo economico/normativo. Vengono posti sul tavolo contrattuale, oltre al recupero dell’indennità per la vacatio contrattuale (già corrisposta ai dipendenti pari allo 0,70% a partire dal 2011 e a tutto il 2015), l’1,06% per il 2016, l’1,79% per il 2017 e il 2,15% per il 2018. Il cambiamento della Medicina generale può essere garantito dall’individuazione delle dovute risorse economiche e dal rendere coerenti le modifiche delle normative del pubblico impiego ai criteri della MG: il ruolo libero-professionale, il rapporto fiduciario, un’autonomia organizzativa individuale coerente con l’innesto in modelli organizzativi più complessi tenuti a garantire la condivisione di responsabilità assistenziali a maggiore intensità.
I contenuti economici derivanti dall’incremento per il pubblico impiego non appaiono sufficienti per ottenere sia l’aumento dei livelli di organizzazione del singolo medico che quelli riferibili alle aggregazioni. Una volontà reale d’investimento sul cambiamento dell’assistenza territoriale dovrebbe prevedere già nella prossima Finanziaria un investimento finalizzato in questo senso, orientato sul potenziamento del personale di supporto e sull’aumento del rendimento netto delle quote variabili, ottenibili attraverso la riduzione contributiva sulle figure professionali di supporto al medico e con meccanismi di defiscalizzazione di aree reddituali strategiche per gli obiettivi assistenziali (per es. reddito per performance su cronicità).
Nelle more di tale possibilità, che la Fimmg sosterrà nella dialettica con il Governo, vanno avviati processi che attraverso una ridistribuzione delle risorse contrattuali portino una maggiore disponibilità reddituale al medico singolo, orientando tale aumento reddituale a parziale reinvestimento sulla sua organizzazione, sulla presenza di personale e sulla ristrutturazione di un compenso che renda più significativa una quota variabile orientata alla performance assistenziale.
Il ricambio generazionale richiesto per i prossimi 5 anni non sarà soddisfatto dai medici formati per la MG in attesa di occupazione. Sarà disponibile un solo medico ogni 3-7 medici andati in quiescenza. Gli attuali meccanismi di accesso (ottimale e massimale) hanno portato la media di pazienti per medico di famiglia a oltre 1 ogni 1.200 abitanti, con picchi in Lombardia di 1 medico ogni 1.400 abitanti. Tale situazione a livello di Acn potrebbe permettere l’evoluzione del modello organizzativo se utilizzato come ricompensa per l’investimento organizzativo del singolo medico. Questo si può ottenere attraverso un sistema che faccia evolvere i numeri di ottimale e soprattutto massimale, condizionandoli all’organizzazione e al personale, coerenti con l’aumentato numero di pazienti. Tale meccanismo dovrà tenere conto dei giovani medici e quindi dovrà essere applicabile gradualmente solo per mancata copertura di zone carenti, fenomeno già presente, garantendo che nessun giovane formato in MG possa non essere occupato se non per propria scelta.
La ristrutturazione del compenso, con valorizzazione delle performance assistenziali, sarà il volano del cambiamento se gradualmente, nel corso di qualche rinnovo contrattuale, si riuscirà a creare (anche con il rifinanziamento dell’area) un ritorno economico per un Mmg riconosciuto e motivato come un professionista, il cui reddito non sia penalizzato dalla scelta di investire su se stesso e per i propri pazienti.


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