Lavoro e professione

RIFORMA PA/ Albo manager: nelle pieghe del bando

di Stefano Simonetti

Finalmente tra poche settimane - presumibilmente entro l’inizio del 2018 - avremo il famoso elenco nazionale degli idonei alla funzione di Direttore generale. A quella data saranno passati più di 30 mesi dalla ufficializzazione della delega contenuta nella lettera p) nell'articolo 11 della legge 124/2015 che tra l'altro, si ricorda, è l'unica delega superstite dell'articolo citato a causa della sentenza 251/2016 della Corte costituzionale. E, per ironia della sorte, proprio l'elenco nazionale sopravvissuto era il primo motivo dell'impugnazione della Regione Veneto; ma come ho rilevato già più volte il testo del decreto delegato dopo i correttivi soddisfa del tutto le Regioni e non si potrà avverare lo scenario che, il 25 novembre 2016 all'indomani del deposito della sentenza, fece dichiarare al presidente Zaia «i Dg non arriveranno da Roma». (Link al sito del ministero)

I dettagli del bando
Potranno partecipare i soggetti nati dopo il 18 ottobre 1952 che siano in possesso dei tre requisiti di cui all'articolo 2 del bando. Ma balza subito agli occhi che tra i requisiti non è prevista la cittadinanza italiana. È vero che in alcune aziende sanitarie ci sono stati precedenti di direttori generali stranieri, però la recente esperienza dei direttori dei Musei avrebbe dovuto suggerire qualcosa. Inoltre, in punta di diritto, se la scelta della legge delega è stata quella di ricomprendere le direzioni aziendali tra la “dirigenza pubblica” – come testualmente prevede la rubrica dell'articolo 11 – come si pensa di poter eludere l'articolo 38 del Dlgs 165/2001 e il successivo Dpcm 174/1994 che impongono la cittadinanza italiana per tutte le posizioni dirigenziali? Lo stesso richiamo al decreto 165 contenuto nelle premesse del bando potrebbe confermare questa ipotesi. Oltretutto per essere iscritti nell'elenco non sono nemmeno previste prove d'esame (come per i concorsi pubblici) per cui si potrebbero avere idonei giapponesi, svizzeri o statunitensi che non parlano una parola di italiano. Perplessità sussistono anche riguardo alla mancata previsione dell'idoneità fisica. Infine non si può che segnalare che non viene fatto alcun riferimento alle cause di inconferibilità e incompatibilità peraltro richiamate dall'articolo 5 del Dlgs 171/2016. In merito poi alla “onorabilità”, la sua verifica è rimasta nelle dichiarazioni della ministra Lorenzin.
I possibili candidati sono 2.139 secondo le asettiche stime contenute nella relazione illustrativa al decreto delegato. Ma nel management aziendale non ci sarà un ricambio almeno per due anni in quanto il requisito del possesso dell'attestato manageriale terrà fuori tutte le potenziali new entry. Se il numero sopra ipotizzato fosse anche avvicinato, va da sé che i lavori della commissione si dilaterebbe notevolmente. Infatti gli articoli 4 e 5 del bando sono dettagliatissimi nel definire le griglie dei punteggi, rispettivamente per l'esperienza dirigenziale e per i titoli formativi e professionali. A tale proposito c'è da domandarsi se tale miniaturizzazione del punteggio - in qualche passaggio ai limiti dell'parossismo - serva davvero a qualcosa dal momento che l'elenco uscirà con gli idonei in stretto ordine alfabetico e senza punteggi. Non sarebbe stato più semplice, celere e meno soggetto a contenzioso procedere a una valutazione complessiva di idoneità o non idoneità, soprattutto dopo che le Regioni hanno ottenuto la sterilizzazione completa del punteggio? In tal senso occorre ricordare che la delega non prevedeva alcun punteggio.

Un ultimo aspetto merita un commento. Nel titolo del decreto 171 viene fatto espresso riferimento alla “materia di dirigenza sanitaria”; la medesima dizione viene utilizzata più volte la ministra Lorenzin e sul sito della Funzione pubblica si parla addirittura del decreto sui “direttori sanitari”. Ebbene, nell'art. 11 della legge 124/2107 la rubrica è, come già detto, “dirigenza pubblica “ e lo specifico riferimento della lettera p) tratta correttamente del “conferimento degli incarichi di direttore generale, di direttore amministrativo e di direttore sanitario” . In disparte dal rispetto formale della delega, non si vede il motivo per imporre ai direttori generali con laurea in materie giuridiche o economiche o in ingegneria – per non parlare ovviamente dei direttori amministrativi – l'etichetta di “dirigenza sanitaria” che se può sembrare una semplicistica sineddoche è pur sempre una riaffermazione del fatto incontestabile che tutto nelle aziende sanitarie è “medicocentrico”. D'altra parte la prima versione del decreto conteneva una evidente sperequazione a discapito dei soggetti di estrazione giuridico-economica che con la precedente formulazione avrebbero addirittura avuto difficoltà a raggiungere il minimo di 75 punti (ora ridotti a 70) per essere inseriti nell'elenco; senza contare che la commissione nominata con DM ed insediata il 4 settembre scorso conta tre medici su cinque componenti.

L'equivoco nasce probabilmente dal secondo comma dell'articolo 41 del Dlgs 33/2013 dove viene effettuata la medesima semplificazione: viste però le feroci polemiche che ha generato quella formulazione quando si è trattato di pubblicare i dati patrimoniali, valeva forse la pena di essere più precisi e rispettosi delle professionalità e ruoli diversi.
Fra qualche mese sarà pertanto possibile effettuare un puntuale riscontro di quanti degli attuali direttori generali in carica saranno giudicati idonei e inseriti nell'elenco, fatta ovviamente eccezione per gli ultrasessantacinquenni; ma per costoro molte Regioni hanno già provveduto a nomine triennali, con possibilità di estensione a cinque anni e, addirittura, di rinnovo. Se come prevedo la stragrande maggioranza degli attuali manager risulterà iscritta nell'elenco vorrà dire che tutte queste nomine scandalose fatte nel precedente sistema dalla “politica” in fondo non esistevano e che l'aver voluto istituire l'elenco nazionale per rincorrere il merito e la trasparenza è stato sostanzialmente inutile.


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