Lavoro e professione

Contratto della sanità, iniziata la partita a ping pong tra Governo e Regioni. Ma i medici non ne possono più

di Cimo

Desta sconcerto l'affermazione del Presidente del Comitato di Settore , Garavaglia, che dichiara la disponibilità delle Regioni a chiudere il contratto della dirigenza sanitaria, comparto e convenzionata, a condizione che il Governo ed il Parlamento mettano a disposizione 1,3 miliardi di euro pena il rinvio, al prossimo anno, dei rinnovi contrattuali.
Dopo un lungo decennio di crisi economica, dove la Sanità ha pagato un prezzo altissimo, dove l’out of pocket per i cittadini è aumentato in modo esponenziale, dove le fasce più deboli hanno spesso rinunciato alle cure, dove gli operatori sanitari hanno subito, sulla propria pelle, gli effetti scellerati dei tagli lineari, ecco che inizia la solita partita a ping pong, tra le Istituzioni. La partita è su chi concretamente finanzierà il contratto.
È vero, le Regioni a statuto ordinario hanno avuto un danno di 604 milioni, il Governo non ha nessuna intenzione di adeguare concretamente il fondo sanitario nazionale a beneficio di una vera riqualificazione e rilancio della sanità pubblica, ma è pur vero che i risparmi regionali, derivanti dall'esodo dei sanitari e dei medici della dipendenza e della convenzionata, sono rimasti nei “forzieri” delle stesse regioni. E questi soldi si sarebbero dovuti trasformare in risparmi strutturali, ma concedeteci il ragionevole dubbio che non ci siano stati sufficienti accantonamenti per i rinnovi contrattuali o per le assunzioni di personale sanitario. E infatti questo spiegherebbe l'aumento del precariato e l'implementazione dei modelli organizzativi low cost.
Da una prima stima elaborata attraverso i dati provenienti dal Conto Annuale 2010-2015, si evidenzia, per i soli medici della dipendenza, una riduzione di 6.980 unità, con un risparmio del costo del lavoro per i dipendenti del Ssn, quantificabile in 2,4 miliardi di euro. Ovviamente occorre aggiungere il 2016, i risparmi derivanti dalla riduzione dei fondi per la dirigenza sanitaria non medica, della medicina convenzionata e di tutta l'area del comparto.
A questo punto occorre chiedersi se il Governo vuole ancora continuare a perseguire la politica sanitaria dell'ultimo decennio. O forse l'allungamento della vita costa di più alle casse dello Stato in termini di previdenza e di assistenza?
E le regioni intendono forse continuare a fare cassa sui cittadini e sugli operatori sanitari per ripianare i propri bilanci divenuti, oramai, un pozzo senza fine? Non riusciamo a credere che vorranno continuare a sopravvivere esclusivamente grazie al finanziamento del servizio sanitario nazionale.
Veniamo da 10 anni di crisi economica e i medici non ne possono davvero più. Come sindacato andremo al voto con una maggiore consapevolezza ma, in ogni caso, per CIMO inizia una nuova stagione.


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