Lavoro e professione

6° Healthcare Summit/ Il modello Philips per le partnership

di Rosanna Magnano

Superare le barriere all’interno del Sistema sanitario nazionale per puntare concretamente sulla salute digitale, ottimizzando i percorsi di cura e offrendo prestazioni sostenibili e di qualità attraverso partnership evolute tra centri erogatori delle cure e partner tecnologici. È questa la priorità che Philips, azienda olandese leader nel campo della salute e del benessere, auspica per l’Italia, in cui l’azienda ha un migliaio di dipendenti. Dal business HealthTech, Philips ha ricavato un fatturato pari a 17,4 miliardi di euro nel 2016 e sta lavorando da tempo insieme alle istituzioni italiane e ai professionisti sanitari per facilitare il processo di digitalizzazione in sanità. «Noi ci poniamo come abilitatori - spiega Stefano Folli , Ceo di Philips Italia, Israele e Grecia - che, grazie all’innovazione tecnologica, possono concertare e creare sinergie di valore tra gli attori del sistema».

Il nodo investimenti è centrale. E l’Italia va al ralenti. Secondo i dati dell’Osservatorio sull’innovazione digitale in sanità del Politecnico di Milano, solo l’1,1% della spesa sanitaria, pari a 1,27 miliardi è destinata all’e-Health.

Cifre ferme dal 2011 e addirittura in calo del 5% nell’ultimo anno, con una spesa pro capite pari a 21 euro, un terzo delle risorse finalizzate nei Paesi del Nord Europa. Eppure secondo l’indagine Future Health Index, uno studio globale Philips condotto su 19 Paesi, Italia inclusa, il 93% degli italiani e il 100% dei professionisti sanitari rivela una forte attesa rispetto alla «connected care».

E non è ancora avviata in modo strutturale una reale integrazione all’interno del Ssn. L’indagine Philips rileva come sia i cittadini (64%) che i professionisti sanitari (95%) ritengono che l’integrazione migliorerebbe significativamente il livello di qualità del sistema sanitario. Tuttavia, entrambi concordano sul fatto che l’attuale sistema italiano non sia sufficientemente integrato e che la più grande barriera sia rappresentata dai costi.

Strategica nel processo di deospedalizzazione dell’assistenza legato alla cronicità è la sfida della telemedicina. Ma anche qui il lavoro da fare è ancora molto. Se i teleconsulti sono una modalità diffusa per la comunicazione tra strutture, a livello di singolo paziente, solo il 10% è coinvolto in progetti di teleassistenza.

«In Italia purtroppo il mercato per la telemedicina - continua Folli - appare ancora immaturo e in fase di sviluppo. Non aiuta ad esempio il quadro normativo incerto e in via di definizione: non esiste, infatti, ancora una legislazione specifica che consenta il rimborso di questi servizi a livello nazionale e in molti casi nemmeno a livello regionale».

Per accelerare servono partnership evolute. E su questo fronte Philips ha già avviato diversi progetti in Italia. «Nell’ottica evoluta di partnership possiamo citare come esempio l’Ospedale Fatebenefratelli San Giovanni Calibita di Roma - conclude Folli - dove la collaborazione è nata con l’obiettivo di creare una nuova Unità di Terapia Intensiva Neonatale che tra qualche settimana aprirà le porte ai piccoli pazienti. Un accordo di 6 anni in cui Philips si occuperà di fornire una soluzione all’avanguardia completa di tecnologie e servizi che comprenderanno non solo i dispositivi medici, ma anche consulenza, manutenzione, gestione dell’informatica clinica, formazione. Un altro esempio di partnership proficua è rappresentato dal Gruppo San Donato, con cui abbiamo trovato un terreno fertile di collaborazione che risiede nelle nostre comuni mission: migliorare la vita delle persone lungo tutto il continuum of care, dalla prevenzione alla diagnosi, fino al trattamento e all’home care, dall’ospedale alla casa».


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