Lavoro e professione

Medici in crisi tra perdita di autorevolezza e mani sempre più legate

di Walter Marrocco (responsabile scientifico Fimmg) e Alessio Carli (managing director McCann Health Italy)

I medici italiani si sentono frustrati a causa della perdita di autorevolezza e di libertà di azione. Nessuna novità! potrebbero dire alcuni, ma quando ad ammettere il proprio disagio sono gli stessi protagonisti, il quadro cambia. Sono i risultati della recentissima ricerca globale di McCann Health dal titolo “Truth About Doctors” ha posto in evidenza quanto sia cambiato il ruolo del medico nella società odierna. Sono stati ascoltati 2mila clinici nel mondo e i risultati ci confermano che, oggi più che mai, è necessario ragionare in maniera strutturata e consapevole su alcuni elementi che causano sofferenza e possibile allontanamento dalla professione medica.

I dati italiani. La ricerca evidenzia che la frustrazione espressa ha un costo non solo professionale ma anche personale: il 64% degli intervistati soffre di insonnia, mentre il 67% riporta problemi di coppia. Nei confronti dell'attuale sistema salute, i medici confessano i loro timori. Al primo posto troviamo la paura di azioni legali da parte del paziente o della sua famiglia (37%), al secondo posto la difficoltà nel gestire la burocrazia (28%), al terzo il rapporto conflittuale con gli amministratori pubblici che governano il sistema (15%). Tra gli altri motivi di frustrazione, il rapporto complesso con l'intelligenza artificiale e con pazienti sempre più esigenti e informati.
Per quanto riguarda il rapporto con la “macchina”, il medico confessa il timore che questa possa soppiantarlo. Tuttavia, la consapevolezza che la tecnologia non sarà mai in grado di sostituire il suo lato umano è prevalente e infatti il 59% dei medici intervistati afferma che l'empatia resta una delle sue maggiori risorse.
Quasi la totalità del campione dichiara il forte riconoscimento della scelta deontologica e dunque la difesa della propria missione primaria, secondo il 93% dei medici intervistati, il “providing care”, ovvero l'assistere il paziente, resta il ruolo primario del medico nella società.
Prendendo in analisi il rapporto tra il medico e il web, vediamo un medico ancora indeciso, se da una parte infatti il campione intervistato ritiene che i digital tools siano utili ai propri pazienti (per il 70% degli intervistati) perché permettono di avere un dialogo più produttivo col paziente e lo rendendono più consapevole del proprio stato di salute, dall'altra afferma che, a seguito di un così ampio accesso a Internet, aumenta anche il rischio di autodiagnosi scorrette (secondo il 59% degli intervistati) e di ipocondria (per il 35%).
E allora acquisire nuove competenze per padroneggiare il nuovo, complesso, ecosistema salute è la strada giusta? Pare proprio di si, il medico è pronto a lavorare nell'ottica di una visione comune, aprendosi a nuove forme di dialogo tra stakeholders, affinché ognuno assuma le giuste decisioni attraverso la condivisione degli obiettivi. In più, il medico 4.0 deve fornire informazioni qualificate al paziente, diventando soggetto attivo nei network dedicati e primo promotore del suo empowerment.
E allora nel futuro dobbiamo immaginare una relazione medico-paziente che riesca a mediare tra empatia, fiducia e comprensione umana e richiesta di salute, in un percorso di medicina personalizzata.
I protagonisti della ricerca, per primi, ammettendo le tensioni ma vogliono trasformare questo quadro di parziale sfiducia in una azione di ricostruzione e miglioramento della professione. Un medico rinnovato che allontani la preoccupazione di essere soppiantato dalla tecnologia e che faccia prevalere la consapevolezza che la sua capacità di sintesi e il suo lato umano sono insostituibili. Network di valore, comunicazione e connettività aiuteranno il medico a tornare protagonista dell'empowerment del paziente, della diagnosi precoce e della cura.


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