Lavoro e professione

Il superamento del precariato, la circolare Madia e le «fughe in avanti» sui medici

di Stefano Simonetti

La Ministra Madia ha adottato nei giorni scorsi la circolare del Dipartimento della Funzione pubblica n. 3 prot. 67490 del 23.11.2017. La circolare intende fornire indirizzi operativi sul d.lgs.75/2017 ma non tratta dell'intero decreto bensì solo degli artt. 5, 6 e 20: in pratica le disposizioni riguardanti il superamento del precariato. L'atto ministeriale è composto di undici pagine suddivise in quattro paragrafi dei quali il terzo è decisamente il più corposo contando 13 sottoparagrafi. Inizialmente la circolare si occupa dei destinatari delle disposizioni e delle esclusioni e, francamente, non dice nulla che non fosse già chiaro e scontato. Nei successivi paragrafi 3 e 4 sono invece contenuti molti “indirizzi” che potrebbero suddividersi in tre distinti ambiti: quelli che costituiscono precisazioni utili e coerenti, quelli che destano talune perplessità e, infine, un indirizzo operativo che tale non è in quanto stravolge la disposizione legislativa.

Cominciamo ad esaminare il primo gruppo. Innanzitutto si precisa che rientrano tra i destinatari della stabilizzazione diretta ex comma 1 i soggetti in servizio successivamente all'entrata in vigore della legge 124/2015 e, quindi, «anche per solo giorno» dopo il 28 agosto 2015. La precisazione è ineccepibile anche se l'enunciato non appare esteticamente apprezzabile. Il motivo di tale scelta del legislatore risiede nella circostanza che, non potendo la legge disporre per il passato, doveva necessariamente condizionare il diritto alla stabilizzazione alla presenza in servizio “dopo” l'entrata in vigore della legge stessa. Di fondamentale importanza è il chiarimento relativo a cosa vuol dire «con procedure concorsuali» perché erano sorte interpretazioni rigorose che limitavano solo ai concorsi pubblici per titoli ed esami il perimetro di riferimento. Ebbene, viene invece detto che l'assunzione del soggetto interessato deve essere avvenuta “attingendo ad una graduatoria a tempo determinato o indeterminato”, quindi relativa anche ad un avviso pubblico. Passando a parlare del comma 2, la circolare per individuare i destinatari del reclutamento speciale transitorio fa l'esempio delle co.co.co. aggiungendo la parola “anche”. L'esemplificazione è corretta ma irrilevante in quanto le co.co.co. non sono “anche” tra i destinatari ma sono “solo” i destinatari del concorso riservato. Infatti per il tempo determinato provvede il comma 1, i lavoratori in somministrazione sono espressamente esclusi dall'ultimo periodo del comma 9, i contratti di formazione e lavoro già godono della possibilità di trasformazione del rapporto e, infine, il lavoro accessorio è del tutto fuori dal contesto dei requisiti: conseguentemente è logico che il comma 2 riguardi “solo” le co.co.co. O, meglio, i collaboratori sono i destinatari principali ma non è escluso che possano partecipare anche soggetti con i requisiti ex comma 1 esclusi per motivi di incapienza finanziaria dalla stabilizzazione diretta. Molto spazio viene dedicato agli adempimenti preliminari per poter procedere alla stabilizzazione e la Funzione pubblica ricorda che si può partire subito senza attendere l'adozione del Piano del Fabbisogno 2018-2020.
Si suggerisce l'adozione di un atto ricognitivo interno e di «stabilire preventivamente criteri trasparenti sulle procedure da svolgere». Quest'ultimo risulta infatti il vero nodo delle stabilizzazioni poiché è plausibile che le coperture finanziarie non consentiranno la stabilizzazione di tutti i soggetti in possesso dei requisiti richiesti. E allora, in questo caso, come si sceglieranno i fortunati ? L'unico parametro stabilito direttamente dalla legge è la priorità per chi è in servizio alla data del 22 giugno scorso, ma potrebbe non bastare. È in ogni caso singolare che sia lo stesso ministero a suggerire alle amministrazioni il percorso per l'elusione delle sanzioni che scatteranno dal 30 marzo prossimo. Giusta la esclusione della mobilità obbligatoria preconcorsuale – quella dell'art. 30, comma 2-bis del decreto 165 - vista la prevalenza della finalità del superamento del precariato sulle aspettative al trasferimento dei dipendenti pubblici. Infine, degna di apprezzamento è l'affermazione che i commi 1 e 2 si applicano a tutto il personale del S.s.n., perché qualcuno dubitava che tra i destinatari ci fosse il personale tecnico e amministrativo, ovviamente non dirigenziale. Il dubbio semmai riguardava il personale sanitario nei confronti del quale erano già stati previsti due anni fa concorsi straordinari e tale specificità poteva indurre a pensare che fossero esclusi dalle odierne procedure. La dirigenza dei ruoli professionale tecnico e amministrativo è esclusa dalla stabilizzazione ex comma 1 così come era stata esclusa dal DPCM attuativo della legge 125/2013. A tale ultimo proposito il 23 novembre scorso il Consiglio di Stato si è riservato la decisione in merito al ricorso contro tale esclusione e si è , dunque, in attesa dell'esito del contenzioso.

Il secondo gruppo di precisazioni desta, come si diceva, qualche perplessità. Innanzitutto per il personale del S.s.n. è completamente ignorato il ruolo e la presenza stessa delle Regioni, tanto da chiedersi come le stesse abbiano potuto tollerare questo vero e proprio esproprio istituzionale. È del tutto evidente che una singola azienda sanitaria non potrà stabilizzare nessuno o bandire concorsi riservati senza l'espresso e preventivo via libera della propria Regione. In tal senso, ad esempio, le procedure richiamate potranno essere effettuate anche nelle Regioni in piano di rientro alla luce del divieto posto dal comma 4 per i comuni in dissesto ? Un'altra perplessità riguarda le coperture finanziarie dell'operazione. Il riferimento alle risorse recuperate sull'art. 9, comma 28 del decreto 78/2010, la possibilità di incrementare i fondi 2017 in deroga all'art. 23, comma 2 del decreto 75, l'utilizzo di “altre” risorse finanziarie ordinariamente destinate alle assunzioni sono tutti indirizzi confusi e complicatissimi e danno quasi l'impressione – per alcuni riferimenti evidenti ai principi della contabilità finanziaria – di essere di difficile applicazione per le aziende sanitarie le quali, come è noto, agiscono in contabilità economico-patrimoniale. E, ancora una volta, in tema di risorse finanziarie disponibili è impensabile che non siano le Regioni a dettare le regole. Proseguendo con i dubbi, non si può non accennare al riferimento fatto dalla circolare “al rispetto delle forme di partecipazione sindacale” per l'atto ricognitivo interno. Il richiamo è troppo generico – e quindi pericoloso - in quanto tra le forme di partecipazione troviamo la concertazione e la consultazione oltre all'informazione che, per legge, è il modello relazionale prescritto per i Piani del Fabbisogno (cfr. art. 6, comma 4 del decreto 165). Formalmente corretta appare poi l'inclusione della mobilità ex art 34-bis quella relativa al personale collocato in disponibilità, anche se si dubita che esistano – quantomeno in Sanità - dipendenti in esubero nei profili interessati alla stabilizzazione. Non condivisibile è il richiamo alla possibilità di prorogare i contratti di coloro che rientrerebbero nei processi di stabilizzazione. Tuttavia è la stessa legge al comma 8 dell'art. 20 a prevedere tale possibilità ma la norma stessa non dice affatto che la proroga può andare oltre i 36 mesi di durata al contrario della circolare che esplicitamente afferma che la proroga è “in deroga alla disciplina del d.lgs. 81/2014”. Ad avviso di chi scrive una proroga oltre i tre anni violerebbe la normativa comunitaria e potrebbe portare a richieste di risarcimento a forte rischio di soccombenza in giudizio, come sta avvenendo in modo diffuso negli ultimi anni. A proposito, il citato decreto delegato del Jobs Act è del 2015 e non del 2014 come, del resto, non si leggevano le parole “pianta organica” da dieci anni, dire gli “enti” del S.s.n. è riduttivo e impreciso, il personale “tecnico-professionale” non esiste; in quest'ultimo caso il refuso è da addebitare alla legge del 2015 ma si poteva senz'altro approfittare per spiegare che si tratta dei tecnici sanitari. Per carità, nulla di grave o di sostanziale anche se correttezza e pulizia formale sarebbero da pretendere in un documento così importante. Un'ultima perplessità non risolta affatto dalla circolare concerne la titolarità della stabilizzazione. In altre parole, se un infermiere raggiunge i tre anni con segmenti di servizio in più aziende, a chi deve fare domanda per essere stabilizzato ? Teoricamente, alla luce del comma 12, dovrebbe essere l'azienda ove era prestato servizio al 22 giugno ma vale anche la data del 31 dicembre, termine finale per il computo del servizio utile.
Una parte della circolare è dedicata alle collaborazioni coordinate e continuative rispetto alle quali si rammenta il divieto di stipula a partire dal 1° gennaio 2018. Peraltro la Funzione pubblica segnala che il divieto consente di godere ancora di un periodo franco di un mese e mezzo perché quelle stipulate entro la fine dell'anno “dispiegano i propri effetti anche in un periodo successivo alla predetta data”. Ineccepibile la ricostruzione del Dipartimento, ma questa apertura alla sopravvivenza delle co.co.co. pregresse sembrerebbe più consona a un volantino sindacale che a una circolare ministeriale. Sulle collaborazioni si poteva cogliere l'occasione degli indirizzi attuativi per dirimere un dubbio riguardo allo scenario futuro. Una amministrazione pubblica potrà dopo il 1° gennaio stipulare una collaborazione rientrante nella deroga fissata dal comma 2, lettera b), dell'art. 2 del decreto 81 e, segnatamente, quella per “l'esercizio di professioni intellettuali per le quali e' necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali ? L'interpretazione letterale sembra ammetterne la possibilità ma certamente un chiarimento in tal senso da parte della Funzione pubblica sarebbe stato opportuno, a maggior ragione per la Sanità per la massiccia presenza di infermieri che potrebbero rientrare nella deroga. Da ultimo viene ricordato il trattamento derogatorio previsto dalla legge per gli IRCCS e gli IZS, anche se non è agevole comprendere in cosa consista in pratica tale regime speciale: certamente gli Istituti potranno “continuare comunque ad avvalersi del personale addetto alla ricerca titolare di contratti di lavoro flessibile al 31.12.2016” ma non è dato di capire fino a quando tale regime speciale possa durare. Poiché la deroga è strettamente connessa alla continuità della ricerca e questa è a sua volta strettamente connessa all'esistenza e alla reiterazione dei relativi finanziamenti, si potrebbe concludere che queste collaborazioni siano senza scadenza, conclusione tanto realistica quanto sinceramente assurda.

Infine, si arriva al punto nodale della circolare laddove, al paragrafo 3.2.8, si cambia letteralmente la norma legislativa includendo i medici nella stabilizzazione. L'art. 20 del decreto 75 stabilisce testualmente che l'applicazione dei commi 1 e 2 è riservata al personale non dirigenziale. La circolare ribalta questa prescrizione soltanto in base all'assunto che si tratta di “personale direttamente adibito alle attività che rispondono all'esigenza, di assicurare la continuità nell'erogazione dei servizi sanitari”. La motivazione è inconsistente sul piano giuridico e anche in punta di logica non torna perché l'inciso “prescritta dalla norma” è da riferire alla legge 208/2015 – che ipotizzava concorsi straordinari – e non a quella di cui si discute, cioè l'art. 20 del decreto 75. E che si tratti di una forzatura lo ammettono gli stessi sindacati medici che hanno parlato di una “estensione” da parte della circolare. Non sembra ci sia da aggiungere altro. In ogni caso, la circolare Madia ha superato di slancio il decreto delegato almeno in tre altri punti: nel comma 1 si fa rientrare nel “servizio” anche diverse tipologie di lavoro flessibile (pag. 4); si deroga alla sterilizzazione dei fondi per l'accessorio di cui all'art. 23, c. 2 (pag. 6); si ricomprende nel lavoro flessibile anche gli assegnisti di ricerca (pag. 8).


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