Lavoro e professione

Verso l'8 marzo/Caregiver, Farmindustria: «superdonne» da tutelare e valorizzare

di Rosanna Magnano

Anche le "superdonne" di oggi hanno bisogno di aiuto e una su due non è soddisfatta del proprio equilibrio vita-lavoro. Divise tra impegni professionali, cure e assistenza ai propri cari, spesso anziani e cronici, vivono (una su cinque) l'impegno di caregiver come «gravoso» e finiscono per ammalarsi o trascurare se stesse. Per dare valore e sostegno al caregiver familiare, serve quindi un’alleanza terapeutica basata su «appropriatezza, aderenza e alleanza». Una strategia della tripla "A" che punta sull’organizzazione di corsi specifici per i medici di medicina generale e i pediatri che a loro volta possono contribuire alla formazione delle caregiver nella direzione dell’appropriatezza e dell’aderenza delle cure. È questa la proposta lanciata da Farmindustria in occasione dell'evento organizzato in collaborazione con l'Osservatorio nazionale sulla salute della donna (Onda), “Soprattutto donna! Valore e tutela del caregiver familiare”, che si è svolto oggi a Roma presso il Tempio di Adriano.

Quindi formazione ma anche tutela. «Le donne ricoprono un ruolo sociale - spiega Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria - che produce risparmi economici per le casse dello Stato. Hanno quindi bisogno di un welfare che le aiuti a prendersi meglio cura della famiglia e ovviamente di se stesse. Una funzione che è svolta in via sussidiaria dalle industrie. Nelle imprese del farmaco il welfare aziendale è molto sviluppato anche più di altri settori. Il 100% delle donne ha a disposizione previdenza e sanità integrativa – grazie sia al Contratto collettivo sia alle tante facilitazioni aggiuntive offerte dalle stesse aziende – e il 70% servizi di assistenza, nel 32% dei casi specificamente per i familiari anziani o non autosufficienti».

Indagine Ipsos: welfare arretrato
Che il caregiving familiare sia nelle mani delle donne lo dimostra un'indagine Ipsos commissionata da Farmindustria. Per quasi 9 donne su 10 è una realtà quotidiana. E se le necessità familiari ruotano attorno alla sfera della salute, sono in elevata misura di competenza delle donne. Che sono presenti al momento della prevenzione (66%), vegliano sul percorso terapeutico (65%), sono l’interlocutore privilegiato del medico nella fase della diagnosi (58%), e della terapia (59%). Un'incombenza ancor più intensa quando si tratta della salute dei bambini: in questi casi infatti la donna delega solo in una ristrettissima minoranza di casi al proprio partner la cura (6%) e l’interlocuzione con il pediatra (5%).

Un ruolo di «pilastro» della famiglia e della società che il welfare nazionale tarda a sostenere e accompagnare. Per il 68% delle intervistate infatti le politiche di sostegno in Italia sono ti arretrate rispetto al resto dell’Europa. Appare chiaro alle donne italiane che la crisi ha impresso un cambiamento nei bisogni della popolazione (72%) che i policy maker non hanno saputo interpretare, adeguando il sistema di welfare (70%), soprattutto ai bisogni delle fasce di popolazione più esposte (69%). Le italiane sono inoltre consapevoli del fatto che il sistema così com’è non è sostenibile (46%) e pertanto la sua capacità di perequazione sociale è limitata (32%) .

Un passo avanti è stato fatto con la legge di Stabilità 2018 che prevede un fondo ad hoc per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver e al Senato è stato definito un testo di legge per la tutela di questa figura. Ma il lavoro da fare è ancora molto: «Le donne dovrebbero essere libere di scegliere - sottolinea la senatrice Emilia Grazia De Biasi, presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato - se dedicarsi alle cure familiari o lavorare. Non si può dare per scontato che il caregiving sia sulle spalle delle donne. Oggi sono necessarie politiche di conciliazione e serve un riconoscimento della figura del caregiver. Parallelamente con l'avvio della riforma del terzo settore e il rafforzamento dell'impresa sociale. E poi serve un cambiamento radicale sul fronte della genitorialità. La società deve essere in grado di accogliere maternità e paternità. Con i nidi e non solo».

Un esempio virtuoso è quello dell'Emilia Romagna, che nel 2014 ha riconosciuto con legge regionale la figura del caregiver familiare, anche attraverso forme di sostegno economico , formazione e addestramento e riconoscimento di competenze.

Le soluzioni dell'industria farmaceutica
Per metà delle intervistate da Ipsos (48%), il mondo dell’impresa potrebbe avere un ruolo positivo nell’accollarsi parte dell’onere di protezione. Una strada intrapresa da tempo dalle imprese farmaceutiche. «L’industria farmaceutica è consapevole del ruolo della donna – precisa Scaccabarozzi – perché, da anni, è “rosa”: la quota femminile è del 42% sul totale, con punte di oltre il 50% nella R&S. Un dirigente su tre inoltre è donna, mentre negli altri settori la quota è di uno su dieci. Ecco perché le imprese si sono dotate di un welfare che permette di conciliare lavoro e vita privata».

In generale solo il 23% delle lavoratrici ha a disposizione strumenti di welfare aziendale, mentre nella farmaceutica le percentuali sono molto più elevate: tutte hanno pensioni e sanità integrativa, il 70% ha a disposizione servizi per istruzione, assistenza sociale o sanitaria; il 32% può usufruire di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti; il 90% ha la possibilità di usufruire di servizi per facilitare la gestione del tempo o altri benefit.

Un ventaglio di misure che ha un impatto diretto sulla qualità della vita delle donne ma anche ricadute economiche per il budget familiare. Non è un caso infatti che l'opzione del part time sia preferita solo dal 4% delle lavoratrici pharma (rispetto al 15% della media degli altri settori), che significa l'opportunità di non rinunciare a parte della retribuzione.

Attraverso gli accordi integrativi le industrie aiutano le donne a conciliare cure familiari e lavoro. Chiesi nel proprio accordo ha un «capitolo mamme», prevede la possibilità di scegliere il part time fino al compimento dei 4 anni del bambino, e se i figli sono tre, fino ai sei anni. Smartworking accessibile per tutte le mamme e per chi abita a più di 100 chilometri dal luogo di lavoro, sostituzioni maternità prorogabili di 50 giorni per facilitare il rientro a lavoro delle neomamme. Ma anche iniziative salva-tempo (come lavanderie aziendali, screening preventivi da effettuare in azienda) e life coaching (supporto psicologico individuale).

Sanofi punta invece su una timbratura flessibile del cartellino (ne basta una al giorno), possibilità di telelavoro due giorni a settimana e un pacchetto di flexible benefits, che spaziano tra previdenza, assistenza, istruzione, buoni spesa, carburanti e trasporti.

Per AbbVie la priorità è quella di «restituire tempo», attraverso lo strumento del work life balance (maggiordomo aziendale, spaccio aziendale, orari flessibili, part time , venerdì corto e congedi per i papà). A questi strumenti si affiancano misure su salute e prevenzione (programmi benessere, menu salute, palestre aziendali e parcheggi rosa).

La strada in salita della ricerca
La sfida sulle donne è tutta da vincere anche sul fronte della scienza. Il 75% degli «angeli silenziosi che sono accanto a chi è portatore di un bisogno - ricorda il dg dell'Aifa Mario Melazzini - sono figure femminili. Anelli fondamentali della presa in carico del paziente. Sempre più fondamentali in un Paese che invecchia e dove la cronicità è un fattore strutturale, anche grazie ai farmaci. Ci sono barriere culturali da abbattere. Quello del caregiver è un ruolo da valorizzare. Con il ministero della Salute stiamo valutando i risparmi su costi sanitari e sociali generati dall'innovazione farmaceutica. Tali risparmi andranno reinvestiti anche sulla figura del caregiver».

E anche nella ricerca si fa spazio con difficoltà un approccio di genere. «Nel 2016 - spiega Melazzini - su 40 progetti di ricerca indipendente approvati solo 4 interessavano il genere femminile. Nel 2017 su 500 progetti presentati solo 50 riguardano la donna. E su 660 trial solo il 5% coinvolge la componente femminile. Per queste ragioni l'Aifa ha stimolato la costituzione di un tavolo sulla medicina di genere e stiamo spingendo, nella presentazione dei dossier di valutazione dei farmaci, per l'inserimento di valutazioni specifiche sull'impatto del medicinale sulla donna».


© RIPRODUZIONE RISERVATA