Lavoro e professione

Infezioni ospedaliere, promuovere la cultura della tolleranza zero

di Riccardo Zoja*

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24 Esclusivo per Sanità24

«Torniamo all'antico: sarà un progresso» scrisse Giuseppe Verdi sull’ordinamento degli studi musicali nella lettera inviata a Florimo, l’archivista del Conservatorio di Napoli nel gennaio 1871.
Ed è proprio alla ricerca degli insegnamenti ricavabili dall’esperienza storica e allo sguardo al passato per orientare il presente che Amamel – l’Associazione marchigiana di Medicina legale – e il Gruppo di ricerca e studi di medicina e diritto hanno organizzato il convegno nazionale Medioevo 2.0? La gestione delle infezioni correlate all’assistenza sanitaria.
L’evento si è articolato in tre giornate di studio presso l’Ottocentesco Teatro “Carlo Goldoni” di Corinaldo, borgo medioevale in provincia di Ancona cinto da mura del XIV secolo e patria natale di Santa Maria Goretti.
Si è svolto sotto l’egida della Società italiana di medicina legale e delle assicurazioni (Simla), del Laboratorio di responsabilità sanitaria dell’Università degli studi di Milano, della Federazione delle Associazioni dei medici legali italiani (Famli), del Sindacato italiano specialisti di medicina legale e delle assicurazioni (Sismla), dell’Università di Macerata e Camerino, dell’Università Politecnica delle Marche e dell’Ordine dei Medici di Ancona; esprimo bene quanto sia sentito il tema trattato. Il convegno è stato presieduto dai professori Farneti di Milano e Palmieri di Napoli, con Comitato Scientifico composto da Giuseppina Benedetto, Sara Del Sordo, Umberto Genovese e Andrea Mancini.
Alla medicina legale è ben nota la problematicità dell’ argomento delle infezioni nosocomiali o, in senso più estensivo, delle infezioni correlate all’assistenza vale a dire rispettivamente le infezioni contratte in ambiente ospedaliero o correlate a forme di assistenza sanitaria fornita in ambiente extraospedaliero (tra cui, strutture socio-sanitarie o riabilitative, assistenza domiciliare, ecc.).

Nell’ottica medico legale clinica e del clinical risk management, tutti gli sforzi sono indirizzati a promuovere la diffusione della cultura della zero tolerance nei confronti delle infezioni in ambiente ospedaliero e assistenziale la cui insorgenza può – e dovrebbe – essere evitata; del pari, è incessante l’attività di ricerca e di diffusione di metodi operativi (rappresentati in bundle, checklist, procedure, protocolli, finanche buone pratiche clinico-assistenziali e linee guida) che consentano di ridurre il rischio di contrarre un’infezione correlata alle pratiche assistenziali.
L’importanza della riduzione del tasso di queste infezioni risulta essenzialmente duplice: da un lato essa si traduce nell’erogazione di cure più sicure ai pazienti/utenti del sistema Sanità, rappresentando in via indiretta un indicatore della qualità delle prestazioni sanitarie; dall’altro, l’arginamento del fenomeno delle infezioni correlate all’assistenza comporterebbe il contenimento di spesa derivante sia dal protrarsi del periodo di cure e assistenza sia dai costi assicurativi e risarcitori.

Nell’ ottica valutativa medico-legale, affrontare una vicenda relativa ad una infezione nosocomiale in ambito civilistico significa anche confrontarsi con gli orientamenti del diritto, soprattutto in merito alla prova del corretto adempimento. Nella quasi totalità dei casi di conflitto su questi temi, infatti, l’azione è promossa nei confronti della struttura sanitaria (e non di singoli professionisti del settore), la quale – secondo ormai consolidato regime contrattualistico – può essere chiamata a rispondere in via diretta in virtù del “contratto atipico di spedalità” concluso con il paziente oppure in via indiretta per le conseguenze della condotta del personale operante. Ne deriva che per l’istituzione chiamata a rispondere risulta complicatissimo soddisfare l’onere probatorio a proprio carico relativo all’adozione di tutte le misure operative previste per la prevenzione delle infezioni nosocomiali. Si pensi, solo a titolo esemplificativo, all’efficacia preventiva del lavaggio delle mani, all’utilizzo di guanti o all’importanza della sterilizzazione dello strumentario medico-chirurgico nella riduzione della contaminazione e della trasmissione dei patogeni infettivi e – al contempo – alla difficoltà di poter individuare strumenti efficaci per documentare e comprovare l’ottemperanza di tali indicazioni nel caso concreto. Questi temi diventano ancor più urgenti in relazione alle disposizioni della Legge Gelli-Bianco.

Sulla base di queste premesse il convegno ha previsto due momenti formativi distinti: uno, dedicato al confronto tra società e scienza sul tema delle infezioni nosocomiali, l’altro, dedicato alla gestione delle infezioni correlate all’assistenza con il coinvolgimento multidisciplinare di esperti giuristi, medici legali e clinici.
Il primo ha visto dialogare proficuamente i presidenti delle associazioni scientifiche del settore: il prof. Zoja di Milano (Simla), il prof. Cingolani di Macerata (Gisdi), il prof. Fedeli di Camerino (Gisdap), il prof. Tagliabracci di Ancona (Sismla), il prof. Genovese di Milano (Medicina e Diritto), il prof. D’Errico dell’Università Politecnica delle Marche, il dott. Tavio di Ancona (Simit) e l’avv. Mancini, segretario marchigiano di Cittadinanzattiva, il Tribunale per i diritto del malato. I partecipanti alla tavola rotonda hanno chiaramente delineato i nodi della problematica sia in ottica di miglioramento della qualità assistenziale del sistema sanitario e a garanzia della sicurezza delle cure – nel pieno spirito della Legge 24/2017 – sia in ottica del contenimento della spesa sanitaria e assicurativa.

La Legge Gelli-Bianco, a più di un anno dall’entrata in vigore, ha offerto spunti di riflessione in merito alla questione della “codificazione” del sapere scientifico relativo non solo alla prevenzione, ma anche alla gestione, delle infezioni correlate all’assistenza in linee guida, buone pratiche clinico-assistenziali, protocolli e procedure; altro argomento di trattazione è stata la disposizione secondo cui in un caso di responsabilità sanitaria la valutazione sia demandata ad un collegio formato da uno specialista in medicina legale e da uno specialista della disciplina (infettivologo, ma anche specialista in igiene e medicina preventiva).
Il secondo momento formativo del convegno si è pragmaticamente addentrato negli aspetti pratici della problematica, affrontando “la gestione delle infezioni correlate all’assistenza sanitaria, la prevenzione del rischio e le questioni giuridiche e medico-legali nella valutazione delle responsabilità e del danno alla persona”.

Con la moderazione del prof. Bacci di Perugia, i dott. De Socio e Tavio (infettivologi rispettivamente di Perugia e Ancona) hanno esternato il punto di vista del clinico ospedaliero anche in relazione all’utilizzo delle linee guida nell’ottica della cura del paziente e non della valutazione a posteriori della condotta del sanitario. Il prof. Fineschi di Roma ha illustrato l’esperienza della medicina legale dell’Università La Sapienza di Roma nel percorso diagnostico isto-patologico forense di un processo settico. L’avv. Rodolfi, del foro di Milano, ha presentato all’auditorium lo stato dell’arte della giurisprudenza in tema di infezioni ospedaliere (la quasi totalità dei casi di infezioni correlate all’assistenza per cui vi è contenzioso), riportando che l’orientamento prevalente vede la parte convenuta (l’ospedale) soccombere in giudizio.

La prof.ssa Frati di Roma ha ripercorso la storia delle infezioni correlate all’assistenza, da quando l’uomo interpretava la malattia come punizione divina alle osservazioni di natura epidemiologica di Semmelweis per introdurre la lezione magistrale sullo stato dell’arte tenuta dal prof. Genovese di Milano in dialogo col dott. Novati, infettivologo del San Matteo di Pavia. Riprendendo la narrazione che fa della peste Alessandro Manzoni ne I Promessi Sposi, sono state riproposte in ottica attualizzata le parole del romanziere riguardo alla prospettiva dei medici, dei giudici, della sanità e dell’opinione pubblica. Nella coinvolgente discussione tra medico legale e infettivologo, il clinico ha aggiornato la platea sulle attuali potenzialità diagnostiche e terapeutiche di alcune patologie, quali la tubercolosi, l’infezione da HIV e da virus epatici, i cui progressi curativi potrebbero stimolare una revisione dei parametri valutativi del danno alla persona. Una riflessione è stata anche solleticata dalla rievocazione del filosofo di Cirene, Carneade, con le posizione sul concetto di causa (tutte le cause efficaci sono antecedenti, ma non tutte le cause antecedenti sono efficaci) e di giustizia (tutti, sia uomini sia gli altri esseri viventi sono portati all’utile proprio, sotto la guida della natura; di conseguenza o non esiste affatto la giustizia o, se essa esiste in qualche modo, è il colmo della stoltezza, perché in servizio del vantaggio altrui nuocerebbe a se stessa, Cicerone, De re publica).

I lavori sono proseguiti con gli interventi del dott. Brunelli e del prof. Dell’Erba – moderati dalla dott.ssa Castellani di Verona e dal prof. Papi di Pisa – che hanno illustrato la rispettiva esperienza in tema di prevenzione e gestione delle infezioni nosocomiali e del derivante contenzioso presso l’A.O. Negrar di Verona e il Policlinico di Bari.
Il dott. Mastroroberto, medico legale di Bologna, ha tenuto un’incisiva lezione magistrale sulla valutazione del danno alla persona nei casi di infezione nosocomiale, focalizzando l’attenzione sulla – spesso controversa – metodologia valutativa del “danno differenziale” utilizzabile in caso di preesistenze patologiche e sulla valutazione del danno da perdita di chances, anche alla luce delle più recenti pronunce giurisprudenziali. Giovani specialisti e specializzandi in Medicina Legale hanno poi presentato ricerche sulla casistica attuale e storica relativa alle ICA, all’interno della sessione a cura della Consulta dei Giovani Medici Legali moderata dal dott. De Nicolò di Torino e dalla dott.ssa Gori di Pisa.

Durante la giornata conclusiva dei lavori, presieduta dal prof. Sirignano di Camerino e moderata dal dott. Polo di Milano, sono intervenuti professionisti sanitari le cui discipline sono più frequentemente interessate, anche in chiave medico-legale, dalla questione delle infezioni correlate all’assistenza: la chirurgia generale, con il dott. Guerreri di Ancona, la chirurgia plastica, con il dott. Scalise di Ancona, le scienze infermieristiche, con la dott.ssa Pasquali di Ancona, e la medicina generale, con il dott. Volpini di Senigallia.
Con uno sguardo sempre rivolto al futuro, la tavola rotonda “Infezioni 3.0” ha coinvolto il dott. Mazzagreco, Presidente della Prima sezione Civile del Tribunale di Ancona e l’avv. Galvani, civilista del foro di Ancona, i quali hanno sottolineato le difficoltà probatorie che affrontano le strutture sanitarie convenute nei casi di infezioni nosocomiali e l’opportunità di creare un dialogo condiviso tra giuristi, clinici, medici legali e pazienti. È intervenuta la prof.ssa Aprile di Padova, con una coinvolgente relazione sulle infezioni correlate all’assistenza anche alla luce della novella legislativa 219/2017 in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento; ampio spazio è stato poi dedicato alla trattazione della tematica delle ICA in ambito penalistico, affrontata dall’avv. Iadecola di Teramo.

Dai tre giorni di intensi lavori congressuali è derivato l’auspicio che ricerca scientifica, formazione e competenza del personale sanitario, adeguatezza strutturale e corretta allocazione delle risorse consentano di portare a percentuali prossime allo zero l’incidenza delle infezioni correlate all’assistenza; il lavoro per identificare dei criteri ripetibili di prova dell’adeguatezza preventiva, accettati in sede giudiziaria, è risultato il più urgente obiettivo sul quale lavorare con l’augurio che il proficuo dialogo tra operatori della sanità, operatori del diritto e stakeholder contribuisca a rafforzare l’equità del contenzioso nei casi di infezioni correlate all’assistenza.

(*) Presidente Società italiana di medicina legale e delle assicurazioni (Simla)


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