Lavoro e professione

I costi umani della schizofrenia tra sommerso e droghe

di Roberto Brugnoli e Paolo Girardi (Dipartimento di Neuroscienze, Salute Mentale e Organi di Senso dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”)

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24 Esclusivo per Sanità24

Una probabilità doppia di morire in giovane età e un rischio di suicidio maggiore di 8,5 volte rispetto alla popolazione generale. Sono solo alcuni esempi del “costo umano” della schizofrenia, un disturbo psichiatrico cronico che colpisce 245 mila persone in tutta Italia. Senza contare il costo sociale - 1 paziente su 3 è disoccupato - e un significativo fardello economico: oltre 2 miliardi e mezzo di euro, pari al 2,3% della spesa sanitaria nazionale.

Per facilitare il recupero funzionale e sociale del paziente e permettere una riduzione dei costi della malattia, un team multidisciplinare di esperti provenienti da diverse università italiane e strutture sanitarie, ha elaborato il Mo.Ma. (Modello di Management del percorso di cura del paziente affetto da schizofrenia), con il contributo incondizionato di Otsuka e di Lundbeck. Si tratta di un innovativo algoritmo, che prevede di iniziare il trattamento fin dai primi episodi della malattia, quindi già in giovane età, con un antipsicotico atipico iniettabile a rilascio prolungato (LAI).

Le diagnosi mancate
La schizofrenia è una patologia psichiatrica cronica che si manifesta con sintomi postivi, ad esempio deliri e allucinazioni prevalentemente uditive, e sintomi negativi, ad esempio ritiro sociale. Ha un esordio subdolo, sfumato e compare già in giovane età, intorno ai 15-25 anni. La diagnosi e il trattamento precoce sono fondamentali per evitare la progressione della malattia, che può portare a una compromissione delle capacità del paziente di elaborare pensieri, di relazionarsi con gli altri, di vivere “normalmente” la propria vita. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, la schizofrenia è responsabile dell’1,1% del totale di anni di vita persi a causa della disabilità (Disability Adjusted Life Years, DALYs) e del 2,8% di anni vissuti in condizioni di disabilità (Years Lived with Disability, YLDs). La schizofrenia fa inoltre registrare un tasso di mortalità di 2-2,5 volte maggiore rispetto a quello della popolazione generale e un rischio di suicidio 8,5 volte più alto. A caratterizzare in negativo la malattia è anche il suo “sommerso”: solo nel nostro Paese si stimano esserci 212 mila pazienti schizofrenici non diagnosticati e di questi oltre il 17,6% non è sottoposto a un trattamento farmacologico.

L'impatto delle droghe
A complicare la gestione delle malattie psichiatriche come la schizofrenia contribuisce anche il recente aumento nel consumo di droghe da parte dei giovani. Tra disturbi psichiatrici e abuso di sostanze stupefacenti c’è infatti un legame bidirezionale. Secondo le stime del Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nel nostro Paese circa 800mila studenti (33%) hanno provato almeno una droga nell’arco della propria vita e 640mila dichiarano di averne utilizzata almeno una nell’ultimo anno.

La correlazione tra abuso di sostanze e disturbi mentali è dimostrata ampiamente nella letteratura scientifica: se da un lato è stato visto come l’uso massiccio di cannabis possa aumentare il rischio di esordio di un disturbo psicotico e come il consumo di sostanze stupefacenti possa influenzare negativamente il decorso della malattia, dall’altro lato è stato osservato come il 60% degli adolescenti che inizia ad abusare di sostanze stupefacenti mostri alti livelli di ansia e come il 51% conviva con disturbi dell’umore.

L’impatto della schizofrenia sulla salute dei pazienti e sull’intera società rende necessario un modello di gestione della malattia capace di favorire il recupero funzionale e sociale. È di buon auspicio lo studio recentemente pubblicato su “Human Psycopharmacology: clinical and experimental” che dimostra come l’applicazione del modello Mo.Ma. permetta un miglioramento delle condizioni psichiche e sociali in quei pazienti che hanno alle spalle un numero ridotto di ospedalizzazioni e che hanno una ridotta aderenza ai farmaci orali.

Il modello Mo.Ma. prevede la somministrazione precoce e prolungata di un antipsicotico atipico iniettabile a rilascio prolungato (LAI): questi farmaci si sono affermati nel tempo come strumenti terapeutici in grado di rispondere efficacemente alle sfide tipiche della gestione della schizofrenia come la scarsa aderenza al trattamento, le riospedalizzazioni frequenti, il peggioramento sistematico del quadro clinico e la demoralizzazione del paziente. Lo studio sembra inoltre suggerire come gli antipsicotici atipici a rilascio prolungato (LAI) siano l’opzione terapeutica più adatta nel trattamento dei giovani affetti da schizofrenia, perché agiscono sulla mielinizzazione, prevenendo così la perdita di materia grigia e bianca che può avvenire dopo un episodio psicotico e facilitando il recupero funzionale del paziente.


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