Lavoro e professione

Enpaf: contratto al palo, i farmacisti chiedono una contribuzione "flessibile"

di Claudio Testuzza

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24 Esclusivo per Sanità24

In Italia vi sono circa 100mila farmacisti, per 2/3 dipendenti, la maggior parte dei quali lavora nelle farmacie del territorio. La paga base oraria lorda di un dipendente di farmacia privata è pari a poco più di 10 euro ( 10,40 euro ).

Il contratto della categoria è scaduto a gennaio 2013 e lo stallo per il rinnovo sembra perdurare. E' in questo contesto che il malcontento dilaga nonché tra i farmacisti liberi professionisti a basso reddito. Malcontento che coinvolge la loro Cassa professionale, l'Enpaf che prevede che tutti i liberi professionisti debbano pagare al loro ente previdenziale, una quota fissa annua di 4.500 euro. I dipendenti e i disoccupati possono pagare una riduzione solo se in possesso di requisiti di lavoro dipendente o di disoccupazione certificata dal centro per l'impiego.

Per un'anacronistica legge del 1946 i farmacisti dipendenti e disoccupati iscritti all'Albo sono, infatti, obbligatoriamente iscritti all'Enpaf e costretti di conseguenza a pagare quote previdenziali.
Gli unici professionisti dipendenti rimasti costretti ad una doppia contribuzione similare sono i medici dipendenti. Tuttavia le migliori retribuzioni dei medici dipendenti ed un regolamento Enpam mai così penalizzante verso i precari e i disoccupati, non hanno creato malcontento nella categoria dei medici.

Questa doppia contribuzione genera per i farmacisti dipendenti il problema della contribuzione " silente ", in quanto non cumulabile e non totalizzabile.
Inoltre l'Enpaf ha deciso nel 2003 la non restituzione dei contributi versati dopo quella data.
Viene evidenziato dal "Comitato No Enpaf " che il farmacista disoccupato, qualora superi i 5 anni di disoccupazione ed iscrizione all'Albo, non ha più diritto a nessun tipo di riduzione se vuole rimanere iscritto all'Albo , ad esempio per fare un concorso pubblico come Farmacista, ma anche per non lasciarsi scappare offerte di lavoro immediate o di breve periodo .

Quindi il farmacista disoccupato, ma ancora iscritto all'Albo qualora superi i 5 anni di disoccupazione deve, comunque, pagare all' Enpaf 2.300 euro di contributi all'anno.
Oltretutto questo professionista disoccupato deve la suddetta cifra anche se non ha intrapreso precedentemente una contribuzione previdenziale , in quanto iscritto all'Albo dopo il 2004 e pagante il contributo di solidarietà.
Sapendo di versare a vuoto perché è prevedibile che non raggiungerà i 30 anni di versamenti richiesti dall'ente.

Il risultato disastroso , a detta del Comitato, di questa norma è un continuo allontanamento dalla professione di molti farmacisti, con relativa perdita della contribuzione versata.
Si ricorda , infatti, che solo nel 2018 si sono cancellati dall'Albo ben 2467 farmacisti entro i 60 anni di età.

Per questo motivo, il comitato ritiene necessario andare in direzione di una contribuzione Enpaf facoltativa per i farmacisti dipendenti che già possiedono altra previdenza obbligatoria e per i disoccupati iscritti all'albo. Oltre alla possibilità di restituzione dei contributi previdenziali Enpaf per quei farmacisti che avendo altra previdenza obbligatoria optino per la cancellazione dall' Enpaf, nonché di quelli silenti. Inoltre, tra le richieste del gruppo di lavoro, viene sostenuto l'auspicio di una contribuzione Enpaf legata solamente al reddito e non più a quota fissa per i farmacisti liberi professionisti che hanno questo ente come previdenza di primo pilastro, borsisti compresi.


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