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Coronavirus/ «Cosa sappiamo», «dove andiamo», «quanto rischiamo»: il punto dello Spallanzani

di Red. San.

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24 Esclusivo per Sanità24

In seguito all'esplodere dell'epidemia da coronavirus Covid-19 anche in Italia l'Istituto Lazzari Spallanzani di Roma che è centro di riferimento nazionale per la ricerca e cura sulle malattie infettive e Centro collaboratore Who per le malattie altamente contagiose pubblica un aggiornamento.

Che cosa è successo?
Lo scorso 31 dicembre 2019 le autorità sanitarie cinesi hanno reso nota la presenza di un focolaio di sindrome febbrile, associata a polmonite di origine sconosciuta, tra gli abitanti di Wuhan, città di circa 11 milioni di abitanti situata nella provincia di Hubei, nella Cina Centro-meridionale, alla confluenza tra il Fiume Azzurro e il fiume Han, a circa 1.100 chilometri da Pechino, 800 da Shangai, 1.000 da Hong Kong. Il punto di partenza dell’infezione è stato identificato nel mercato del pesce e di altri animali vivi (c.d. “wet market”) di Huanan, al centro della città di Wuhan, che è stato chiuso il 1 gennaio 2020.
A cosa è dovuta l’infezione?
Il 7 gennaio è stato isolato l'agente patogeno responsabile dell’epidemia: si tratta di un nuovo betacoronavirus, che il Who ha denominato dapprima 2019-nCoV, quindi, a seguito di un meeting della ricerca svoltosi il 10 e 11 febbraio, SARS-CoV-2, ad indicare la similarità con il virus della SARS, che nel 2002-2003 causò una epidemia globale con 8.096 casi confermati e 774 decessi. Nello stesso meeting il WHO ha denominato COVID-19 la malattia causata dal nuovo virus.
Che cosa sono i coronavirus?
I coronavirus, così chiamati per la caratteristica forma a coroncina visibile al microscopio, sono una famiglia di virus che causa infezioni negli esseri umani e in una varietà di animali, tra cui uccelli e mammiferi come cammelli, gatti e pipistrelli. Sono ben conosciuti dai ricercatori: si tratta infatti di virus molto diffusi in natura, che possono causare malattie che vanno dal comune raffreddore a malattie più gravi come la sindrome respiratoria mediorientale (MERS) e la sindrome respiratoria acuta grave (SARS).
Come è avvenuto il contagio?
I coronavirus vengono veicolati all'uomo da ospiti intermedi, che per la Mers sono stati i dromedari, per la Sars forse lo zibetto. Il contagio, anche in questo caso, è stato di tipo zoonotico, ovvero causato dalla trasmissione del virus da animale a uomo, non a caso l’epicentro dell’epidemia è un mercato dove venivano venduti anche animali selvatici vivi. Non sappiamo ancora con precisione quale sia stato l’animale che ha trasmesso il virus all’uomo: appare comunque probabile, anche alla luce di quanto avvenuto nelle epidemie verificatesi sino ad oggi, che il serbatoio dei coronavirus sia stato un mammifero. La rivista Science ha ipotizzato che l’animale che ha trasmesso il virus all’uomo possa essere il pangolino, un mammifero protetto ricoperto di squame il cui traffico illegale è purtroppo diffuso in Cina, dove viene utilizzato nelle pratiche mediche tradizionali. Il WHO ha recentemente sottolineato come vi siano sempre nuove evidenze scientifiche del legame tra il SARS-CoV-2 e altri coronavirus (CoV) simili circolanti nei pipistrelli, e più specificamente nel Rhinolophus, comunemente noto come ferro di cavallo.
Il virus può trasmettersi da uomo a uomo? In che modo?
La trasmissione interumana del virus è stata dimostrata, vista l’assenza di link epidemiologico tra molti degli infettati, inclusi quelli dei focolai italiani in Lombardia e Veneto, e l’area della Cina nella quale ha avuto origine l’infezione. Il SARS-CoV-2, come altri coronavirus, si trasmette attraverso le goccioline del respiro della persona infetta, che possono essere trasmesse con la tosse o gli starnuti, oppure tramite contatto diretto personale, oppure toccandosi la bocca, il naso o gli occhi con le mani contaminate.
Come è possibile proteggersi?
In termini pratici, è raccomandabile mantenersi a una distanza di almeno un metro da persone che tossiscono, starnutiscono o hanno la febbre, e lavarsi frequentemente le mani con sapone o con una soluzione alcolica. Quando si hanno sintomi respiratori è necessario praticare la "etichetta della tosse" mantenendo la distanza con le altre persone, coprendo la tosse e gli starnuti con tessuti o indumenti usa e getta o, in loro assenza, con l’incavo del gomito, e naturalmente lavandosi le mani frequentemente.
Il ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con la Conferenza Stato-Regioni e con vari ordini professionali, hanno realizzato un decalogo per promuovere una corretta informazione sui comportamenti da seguire per prevenire l’infezione da coronavirus:
1. Lavarsi spesso le mani
2. Evitare il contatto ravvicinato con persone che soffrono di infezioni respiratorie acute
3. Non toccarsi occhi, naso e bocca con le mani
4. Coprire bocca e naso se si starnutisce o si tossisce
5. Non prendere farmaci antivirali né antibiotici, a meno che siano prescritti dal medico
6. Pulire le superfici con disinfettanti a base di cloro o alcol
7. Usare la mascherina solo se si sospetta di essere malati o si assistono persone malate
8. I prodotti Made in China e i pacchi ricevuti dalla Cina non sono pericolosi
9. Contattare il Numero Verde 1500 se si ha febbre o tosse e si è tornati dalla Cina da meno di 14 giorni
10. Gli animali da compagnia non diffondono il nuovo coronavirus
Quanto sono gravi le infezioni causate da SARS-CoV-2?
Il virus può causare sintomi lievi, simil-influenzali, ma anche malattie gravi come la polmonite. Le persone con condizioni croniche preesistenti, come ipertensione e altri disturbi cardiovascolari, diabete, disturbi epatici e malattie respiratorie, sembrano essere più a rischio. Uno studio epidemiologico recentemente pubblicato dal China CDC, l’Agenzia nazionale cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie, ha preso in esame tutti i circa 45.000 casi confermati in Cina sino all’11 febbraio, ed ha evidenziato che:
• L’86,6% dei casi riguardava persone di età compresa tra i 30 e i 79 anni;
• L’80,9% dei casi presentava sintomi lievi;
• Il 14% dei casi era in condizioni serie, con polmonite o difficoltà respiratorie;
• Il 5% dei casi era in condizioni critiche, con insufficienza respiratoria, shock settico, insufficienza multiorgano.
Quanto è letale il virus?
Per quanto riguarda la letalità del virus, lo studio del China CDC ha evidenziato 1.023 esiti fatali, corrispondenti a un tasso di letalità complessiva del 2,3%, che sale al 14,8% tra le persone di età superiore agli 80 anni. Lo studio ha evidenziato come la presenza di patologie concomitanti aumenti il tasso di letalità: al 10,5% per le persone con malattie cardiovascolari, al 7,3% per i diabetici, al 6,3% per le persone con malattie respiratorie croniche, al 6% per le persone sofferenti di ipertensione, al 5,6% per i malati di cancro. Per le persone senza alcuna co-morbilità è risultato un tasso di letalità dello 0,9%.
È comunque ancora troppo presto per poter fornire stime accurate sulla letalità, e soltanto con l’evolversi dell’epidemia sarà possibile raccogliere dati più dettagliati. Il tasso di letalità di poco superiore al 3% che si ricava dividendo il numero dei morti per il numero dei casi confermati restituisce una fotografia che potrebbe essere poco accurata: da un lato infatti, poiché la diagnosi precede di giorni o di settimane il recupero o la morte del paziente, il numero dei morti andrebbe rapportato al numero dei casi in essere nel momento in cui il paziente aveva contratto l’infezione, e quindi in questo caso il tasso di letalità risulterebbe attualmente sottostimato; dall’altro lato però, è possibile che molti casi lievi o addirittura asintomatici non siano entrati nelle statistiche; in questo caso quindi il tasso di letalità risulterebbe sovrastimato.
Quali sono i sintomi della malattia COVID-19? Come si cura?
I sintomi sono tipicamente respiratori: febbre, tosse, raffreddore, mal di gola, grave affaticamento polmonare. Al momento non ci sono terapie specifiche: la malattia si cura come i casi di influenza grave, con terapie di supporto (antifebbrili, idratazione), ma contrariamente all’influenza non sono disponibili antivirali specifici. Nei casi più gravi ai pazienti viene praticato il supporto meccanico alla respirazione. Sulla base dei dai disponibili, il WHO ha suggerito una terapia antivirale sperimentale, che è stata utilizzata anche allo Spallanzani per i primi pazienti positivi al virus, e che è basata su due farmaci: il lopinavir/ritonavir, un antivirale comunemente utilizzato per la infezione da HIV e che mostra attività antivirale anche sui coronavirus; ed il remdesivir, un antivirale già utilizzato per la Malattia da Virus Ebola, potenzialmente attivo contro l’infezione da nuovo coronavirus.
Esiste un vaccino?
No. Durante il meeting della ricerca svoltosi il 10 e 11 febbraio a Ginevra, il direttore generale del WHO Tedros Adhanom Ghebreyesus ha dichiarato che il primo vaccino potrebbe essere pronto tra diciotto mesi. In una recente dichiarazione, Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases, la branca del NIH che si occupa di malattie infettive, ha ricordato che l'NIH aveva sviluppato un vaccino per la SARS, portandolo sino ai trial sugli uomini (la cosiddetta “fase 1”). Ma dopo che l’emergenza SARS cessò, non vi fu interesse a portare avanti i test sul nuovo vaccino.
Quanto è diffusa l’epidemia?
I numeri globali dell’epidemia sono in continua evoluzione. Ad oggi (24 febbraio 2020, dati ECDC, Agenzia Europea per la Prevenzione ed il Controllo delle Malattie, integrati con quelli forniti dalla Protezione Civile Italiana) i casi accertati complessivi sono 79.447, con 2.621 decessi. Tra questi, i casi registrati in Cina, nelle regioni amministrative speciali cinesi di Macao e Hong Kong e nell’isola di Taiwan sono 77.281, pari al 97% del totale. In particolare, oltre l’80% dei casi registrati ed il 95% dei decessi si sono verificati nella regione cinese dello Hubei dove si trova la città di Wuhan dalla quale è partita l’epidemia. Al di fuori dalla Cina, sono stati confermati 1.141 casi in Asia, i due terzi dei quali (763) in Corea, i restanti in Giappone (144), Singapore (89), Iran (43), Thailandia (35), Malesia (22), Vietnam (16), Emirati Arabi Uniti (13), India (3), Filippine (3), Kuwait (3), Israele (2), Cambogia (1), Nepal (1), Sri Lanka (1), Bahrain (1) e Libano (1). Ad essi si aggiungono 691 casi confermati all’interno della nave da crociera Diamond Princess, ferma dal 3 febbraio scorso nel porto giapponese di Yokohama.
Fuori dal continente asiatico, sono stati confermati 35 casi negli Stati Uniti, 22 in Australia, nove in Canada. L’Europa ha fatto sinora registrare 16 casi in Germania, 13 nel Regno Unito, 12 in Francia, due in Russia e Spagna, uno in Belgio, Finlandia e Svezia. Un caso soltanto sino ad oggi nel continente africano, in Egitto.
L’Italia è il paese col maggior numero di casi confermati al di fuori dall’Asia: al momento (dati della Protezione Civile, 24 febbraio, ore 12) i casi confermati totali sono 219, tra cui 5 decessi e una persona guarita. Il maggior numero di casi si registra in Lombardia (167, con 4 decessi), seguita dal Veneto (27 casi, un decesso), Emilia (18 casi), Piemonte (4 casi) e Lazio (3 casi, di cui uno risolto). Dei 213 casi confermati ancora aperti, 91 si trovano in isolamento domiciliare, 99 sono ricoverati e 23 sono ricoverati in terapia intensiva.
Quali misure sono state prese per contenere l’epidemia di COVID-19?
Il governo cinese ha messo in campo misure imponenti per cercare di contenere la diffusione dell’epidemia. A partire dal 23 gennaio, dapprima nella città di Wuhan, poi in numerose altre città della provincia dello Hubei, sono stati sospesi i trasporti pubblici, chiusi porti, stazioni ferroviarie ed aeroporti, bloccate le vie stradali di accesso. Di fatto nella regione dello Hubei circa 60 milioni di persone sono state messe in quarantena.
Il 30 gennaio il WHO, in merito all’infezione da coronavirus, ha dichiarato la PHEIC (Public Health Emergency of International Concern), ovvero lo stato di emergenza internazionale. La PHEIC viene dichiarata quando in uno Stato si verifica «un evento straordinario che costituisce un rischio per la salute pubblica per altri Stati attraverso la diffusione internazionale delle malattie e che richiede potenzialmente una risposta internazionale coordinata». La dichiarazione di PHEIC facilita la condivisione di informazioni per la valutazione del rischio, permette al comitato di emergenza del WHO di dare agli stati membri raccomandazioni temporanee e, soprattutto, facilita a livello internazionale le attività diplomatiche, di salute pubblica, di sicurezza e di logistica, oltre a permettere l’utilizzo di maggiori risorse finanziarie. Sino ad oggi, la PHEIC era stata dichiarata cinque volte: per l’influenza suina nel 2009, per la poliomielite in Asia Centrale, Medio Oriente e Africa centrale nel 2014, per Ebola in Africa occidentale nel 2014, per Zika in Centro e sud America nel 2016, e ancora per l’epidemia di Ebola in Congo nel luglio 2019.
Quali misure sono state prese in Italia?
Il 21 gennaio il Ministero della Salute ha creato una task force che si riunisce quotidianamente e coordina gli interventi sanitari ed i rapporti con le organizzazioni internazionali, principalmente WHO e ECDC. Il 30 gennaio il Governo Italiano ha deciso di proclamare lo stato di emergenza e di sospendere tutti i collegamenti aerei diretti da e per la Repubblica Popolare Cinese, inclusa l’isola di Taiwan e le Regioni Amministrative Speciali di Hong Kong e Macao. Il 23 febbraio, a seguito dell’emergere di due focolai di trasmissione locale del virus in Lombardia (provincia di Lodi) ed in Veneto (provincia di Padova), il governo ha emanato un decreto che autorizza l’istituzione di misure straordinarie per contenere il diffondersi dei focolai, incluso il divieto di allontanamento e di ingresso nelle aree interessate, la chiusura delle attività commerciali, il divieto di svolgimento di attività culturali, sportive e ricreative, la chiusura delle scuole, ed altre misure analoghe. Il decreto dispone inoltre l’obbligo di quarantena per gli individui che abbiano avuto contatti stretti con casi confermati di malattia, e l’obbligo di permanenza domiciliare fiduciaria per gli individui che hanno fatto ingresso in Italia da zone che il WHO considera a rischio epidemiologico.
Quali sono i rischi per l'Italia e per l’Europa?
Il WHO valuta attualmente il rischio "molto alto" per la Cina e "alto" a livello globale. Secondo la ECDC, il rischio di infezione da SARS-CoV-2 per le persone residenti in UE e nel Regno Unito è “basso/moderato”, mentre il rischio che in Europa e nel Regno Unito si accendano focolai simili a quelli recentemente emersi in Italia è considerato “moderato/elevato”. La ECDC considera “elevato” il rischio per coloro che viaggiano, o che risiedono, in zone dove è in corso trasmissione comunitaria, in special modo per le persone più anziane e/o che presentano comorbilità. ECDC ritiene infine “basso/moderato” il rischio per la capacità dei sistemi di sanità pubblica dei paesi dell’Unione e del Regno Unito.
Possiamo continuare a viaggiare all’estero, soprattutto in Cina?
Il WHO raccomanda ai viaggiatori di praticare le abituali precauzioni. In caso di sintomi come tosse e febbre alta, che indichino l’insorgere di una malattia respiratoria acuta e che si manifestino prima, durante o dopo il viaggio, i viaggiatori devono rivolgersi ad un medico o ad un centro di assistenza sanitaria, condividendo le informazioni sui luoghi che hanno visitato.
Queste le raccomandazioni del Ministero degli Esteri:
• Per chi si trova in Cina, seguire le indicazioni delle autorità locali e contattare, in caso di necessità, il numero di emergenza dell’Ambasciata d’Italia a Pechino (+8613901032957) o il Consolato di riferimento
• evitare tutti i viaggi nella provincia dell’Hubei e di posticipare tutti i viaggi non necessari in Cina;
• evitare viaggi e spostamenti non necessari nelle città di Daegu e Cheongdo (Corea del Sud, provincia del Gyeongsang), e seguire le indicazioni delle autorità locali se si è già nell’una o nell’altra città.
• Per quanto riguarda l’Iran, altra nazione con un numero consistente di casi, è opportuno, come indicato dalle autorità locali, non recarsi nella città di Qom, che si trova 140 chilometri a sud di Tehran.
Il Ministero degli Esteri raccomanda inoltre di tenersi regolarmente informati sulla situazione dell’epidemia consultando i siti del WHO, dell’ECDC, del Ministero della Salute, oltre al sito www.viaggiaresicuri.it e al sito dell’unità di crisi della Farnesina.
Il Ministero della Salute raccomanda a tutti i viaggiatori che prevedono di recarsi in Cina di vaccinarsi contro l’influenza stagionale almeno due settimane prima del viaggio. La vaccinazione antinfluenzale semplifica infatti la diagnosi e la gestione dei casi sospetti, dati i sintomi simili tra COVID-19 e Influenza.
Cosa fare se si sospetta di aver contratto l’infezione da coronavirus?
Secondo le raccomandazioni dell’ECDC, perché vi sia un caso sospetto di coronavirus il paziente deve presentare sintomi di tosse e/o mal di gola e/o difficoltà respiratorie; e inoltre, nei 14 giorni precedenti all’insorgere dei sintomi, deve aver effettuato almeno una di queste attività:
• aver avuto contatti ravvicinati con un caso confermato o probabile di COVID-19,
• aver viaggiato in aree dove vi sia, o si presume vi sia, la trasmissione comunitaria del virus;
• aver visitato o aver lavorato in ambienti sanitari nei quali erano curati pazienti affetti da COVID-19.
In questi casi, il Ministero della Salute raccomanda di contattare il numero gratuito 1500. Se i sintomi sono lievi, non si è stati recentemente in Cina o in altre aree con trasmissione comunitaria del virus, e non si sono verificati contatti con casi confermati o probabili, il consiglio del Ministero della Salute è di rimanere a casa fino alla risoluzione dei sintomi applicando le misure di igiene delle mani e delle vie respiratorie.
L’Italia è pronta per una eventuale emergenza?
In Italia è attiva da anni una capillare rete di sorveglianza delle gravi infezioni respiratorie acute (SARI) e delle sindromi da distress respiratorio acuto (ARDS). La situazione è costantemente monitorata dal Ministero, che è in continuo contatto con il WHO e l’ECDC, e pubblica tempestivamente ogni nuovo aggiornamento sul suo Portale.
La capacità di intervento e risposta del nostro Servizio sanitario nazionale è andata perfezionandosi con il passare degli anni alla luce delle esperienze maturate con altre epidemie, come la SARS, l’influenza aviaria, Ebola. In particolare, l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani (INMI), centro di riferimento nazionale per la ricerca e cura sulle malattie infettive e Centro Collaboratore del WHO per le malattie altamente contagiose, è come sempre pronto a mettere in atto tutte le procedure per eventuali emergenze con la valutazione dei livelli di rischio e l’isolamento di eventuali casi sospetti. Il laboratorio di virologia, a sole 48 ore dalla diagnosi dei primi due casi in territorio italiano, ha isolato il virus, mettendolo a disposizione della comunità scientifica. Avere a disposizione il virus permette di studiare meglio i meccanismi della malattia, facilitando la messa a punto della diagnostica e la ricerca sulle possibili cure e sul vaccino. Per quanto riguarda la gestione clinica dei pazienti, l’Istituto dispone di una pluriennale esperienza nella gestione di pazienti affetti da malattie respiratorie infettive, con reparti provvisti di posti letto ad alto isolamento. Il personale dell’INMI viene costantemente formato sul corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, che permettono di fornire assistenza ai pazienti affetti da malattie infettive in condizioni di sicurezza. L’isolamento tempestivo di eventuali casi sospetti in strutture ad elevato livello di protezione permette di ridurre il rischio per la collettività.


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