Lavoro e professione

Covid: i nodi irrisolti per la permanenza in servizio dei medici fino a 70 anni di età

di Stefano Simonetti

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24 Esclusivo per Sanità24

La materia del collocamento a riposo dei medici è stata da sempre una di quelle su cui il legislatore è maggiormente intervenuto. Numerose sono infatti le leggi che hanno nel tempo disciplinato il limite di età dei medici pubblici dipendenti o, per meglio dire, le deroghe che consentivano il trattenimento oltre l'ordinario limite di età. Si ricordano soprattutto, in passato, la legge 336/1964 (trattenimento fino a 70 degli apicali in ruolo al 16.5.1964) e la 50/1991 (trattenimento a fino a 70 dei primari ospedalieri).

In termini generali, i dipendenti delle aziende ed enti del S.s.n. vengono obbligatoriamente collocati a riposo al compimento del 65° anno di età. E' peraltro abbastanza diffusa la tesi che il collocamento a riposo coincida ormai con i requisiti soggettivi per la pensione di vecchiaia. Non è cosi e il collocamento a riposo d'ufficio per raggiunti limiti ordinamentali di età sopravvive perché non è stato mai abrogato esplicitamente l'art. 4 del DPR 1092/1973 né l'art. 53 del DPR 761/1979, normativa che, anzi, è stata oggetto di interpretazione autentica da parte dell'art. 2, comma 5 della legge 125/2013 nei confronti dell'art. 24, comma 4, secondo periodo della legge 214/2012. Sulla problematica è tra l'altro intervenuto un recente parere del Dipartimento della Funzione pubblica che conferma quanto sopra (nota prot. n. 14638 del 4 marzo 2021).

Quanto riportato sopra non vale per i dirigenti sanitari in quanto il limite massimo di età per la permanenza in servizio dei dirigenti medici, veterinari, odontoiatri, biologi, fisici, chimici, psicologi, farmacisti e delle professioni infermieristiche e tecnico-sanitarie del Servizio sanitario nazionale è disciplinato da una norma speciale che è l'art 15-nonies del d.lgs. 502/1992 (aggiunto con il d.lgs. 229/1999 e come modificato dall'art. 22 della legge 183/2010, detta "Collegato al lavoro"). La norma è tuttora in vigore in quanto non modificata dalla legge 114/2014 e, in particolare, prevede:

•il limite massimo di età per la permanenza in servizio del personale medico e sanitario del S.s.n. è fissato in 65 anni;

•il dirigente può chiedere di restare in servizio fino al compimento di 40 anni di servizio effettivo (compresi quindi le ricongiunzioni di periodi contributivi efferenti a servizi in amministrazioni pubbliche o il riscatto del servizio militare ed escluso il riscatto della laurea);

•comunque il servizio non può protrarsi oltre il limite di 70 anni;

•la permanenza in servizio non può dar luogo ad un aumento del numero dei dirigenti.

Per ciò che concerne il limite massimo di 70 anni, tale età, a mio parere deve essere corretta con l'aspettativa di vita, così come avviene per altre fattispecie previdenziali. Infatti l'art. 22-bis della legge 102/2009 ha previsto che "a decorrere dal 1° gennaio 2015 i requisiti di età anagrafica per l'accesso al sistema pensionistico italiano sono adeguati all'incremento della speranza di vita" e la locuzione "non puo' superare il settantesimo anno di età" non può non ritenersi un requisito di età anagrafica. In tal senso nel biennio 2019-2020 l'età è stata portata a 71 anni mentre, a decorrere dal 1° gennaio 2021, ai sensi del Decreto del MEF del 5 novembre 2019, i requisiti di accesso non sono ulteriormente incrementati.

La norma speciale è stata oggetto di chiarimenti con la Circolare n. 2 del 19.2.2015 della ministra della Funzione pubblica Madia che, al punto 2.3.2 titolato"Il regime speciale dei dirigenti medici e del ruolo sanitario", recita: "Per i dirigenti Medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale continua a trovare applicazione il regime speciale previsto dall'art. 15-nonies del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502, modificato dall'art. 22 della legge 4 novembre 2010 n. 183. Il comma 1 del citato articolo individua il limite massimo di età per il collocamento a riposo di questi soggetti, incluso i responsabili di struttura complessa, al compimento del sessantacinquesimo anno di età, ovvero, su istanza dell'interessato, al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo, in ogni caso con il limite massimo di permanenza del settantesimo anno di età".

Questo regime è perdurato fino a tutto il 2019 allorquando in sede di conversione in legge 8/2020 del decreto legge 162/2019 (cosiddetto "Milleproroghe") è stata introdotta la disposizione di cui all'art. 5 bis che consentiva il trattenimento in servizio del solo personale medico fino ai 70 anni di età, anche oltre i 40 anni di servizio effettivo, che avveniva su base volontaria e a discrezionalità dell'azienda la quale poteva non accordare la prosecuzione qualora fossero praticabili altri strumenti di reclutamento.

Con l'arrivo della pandemia e della conseguente emergenza sanitaria, in uno dei primi decreti legge adottati dal Governo, è stato previsto al fine di far fronte alle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione del COVID-19 e di garantire i livelli di assistenza che, fino al perdurare della stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei Ministri in data 31 gennaio 2020, si potessero trattenere in servizio i dirigenti medici e sanitari, nonché il personale del ruolo sanitario del comparto e gli operatori socio sanitari, anche in deroga ai limiti previsti dalle disposizioni vigenti per il collocamento in quiescenza (art. 12 del decreto legge n. 18 del 17.3.2020, convertito in legge 27/2020). La norma era trasversale e generica e si riferiva in pratica a tutto il ruolo sanitario (più gli OSS) mantenendo comunque natura congiunturale.

Da ultimo è arrivato l'art. 30-bis del decreto legge n. 104 del 14.8.2020, convertito in legge n. 126/2020, che ha modificato il richiamato art. 5-bis riformulandolo completamente con queste differenze :

•è stata allargata la platea dei destinatari, aggiungendo ai medici i biologi, i chimici, i farmacisti, i fisici, gli odontoiatri e gli psicologi ma dimenticando i veterinari e i dirigenti infermieristici e tecnico-sanitari; inoltre si fa esplicito riferimento anche ai dirigenti del ministero della Salute;

•sono state eliminate le tre condizioni poste nella prima formulazione e cioè l'adozione di criteri da predeterminate con apposito Atto aziendale, la durata del trattenimento fino all'assunzione di nuovi medici specialisti e l'indizione senza ritardo dei concorsi;

•la disposizione non sembra più legata allo stato di emergenza ma dovrebbe aver acquisito natura strutturale.

Il problema è che le due norme sono molto diverse e l'ultima in ordine di tempo sembra molto meno discrezionale. E proprio in ordine a questa presunta mancanza di discrezionalità è stato inoltrato uno specifico quesito al Dipartimento della Funzione pubblica. Riguardo ai destinatari si rileva comunque un disallineamento perché la segnalata assenza di veterinari e dirigenti delle professioni sembra essere recuperata dalla locuzione dispositiva "i dirigenti medici e sanitari del Servizio sanitario nazionale" laddove non si fa una elencazione ma si utilizza una formulazione generale.

Sulla questione è intervenuto il parere della Funzione pubblica prot. n. 4727 del 25.1.2021 che però non è stato diramato perchè si tratta di un parere reso al ministero della Salute che non risulta abbia fatto seguire qualcosa di ufficiale. Nel parere si dice che si deve "comunque ritenere necessaria una ponderata valutazione in ordine alla funzionalità della deroga per il perseguimento degli obiettivi previsti dalla legislazione. È vietato, in ogni caso, incrementare il numero di dirigenti sanitari". A questo punto sembra che la decisione resti affidata alla singola azienda o ente. In ogni caso il trattenimento può essere chiesto fino al 31 dicembre 2022 ma la norma è scritta piuttosto male perchè non si riferisce alla durata del trattenimento ma ai termini per la domanda; in tal senso una istanza potrebbe essere presentata anche nel mese di dicembre 2022 – quando ci si augura che l'emergenza sia superata – e il trattenimento sarebbe senza scadenza, a parte ovviamente il compimento del 70° anno di età. E' soltanto il caso di segnalare che con il trattenimento non si realizza una novazione del rapporto di lavoro per nessun aspetto, compreso l'incarico attribuito, e che il dirigente trattenuto ha in ogni caso la facoltà di dare le dimissioni in qualsiasi momento prima del compimento dei 70 anni.

Quindi lo stato odierno della legislazione ha previsto un vero e proprio diritto potestativo che può essere esercitato a prescindere dalle discipline, dall'avvenuta indizione dei concorsi e da criteri organizzativi ma – dice la Funzione pubblica - previa "ponderata valutazione in ordine alla funzionalità della deroga per il perseguimento degli obiettivi". Ulteriore dubbio discende dal richiamo fatto dal parere citato al divieto di incrementare il numero dei dirigenti perché l'art. 15-nonies dispone che la permanenza in servizio non può dar luogo ad un aumento del numero dei dirigenti e occorre capire se le parole "in deroga al comma 1 dell'articolo 15-nonies" si riferiscono soltanto ai quaranta anni di servizio effettivo o incidono anche sul resto della norma, cioè sul divieto di incremento del numero. Come visto, la Funzione pubblica propende per la prima ipotesi. Riguardo alla prescrizione c'è, in ogni caso da dire, che essa fin dal 2010 ha generato difficoltà di lettura ma credo che l'unico modo di applicarla sia quello di verificare se l'eventuale trattenimento di un dirigente sanitario, contestualizzato nel Piano del fabbisogno, comporti complessivamente un aumento e che tale aumento non può che riferirsi a tutti indistintamente e non ai singoli profili.
E' plausibile che un eventuale aumento possa conseguire anche da eventi contingenti quali una ristrutturazione aziendale o la soppressione di strutture complesse. Tale divieto discende dalla circostanza che nel nostro ordinamento i trattenimenti in servizio sono stati considerati come nuove assunzioni fin dalla decretazione d'urgenza del 2008.

La Funzione pubblica nel parere del 25 gennaio scorso ha affermato l'esigenza di garantire "la parità di trattamento tra i richiedenti" ma ha fatto anche riferimento ad una "ponderata valutazione in ordine alla funzionalità della deroga" per cui ritengo che le aziende e gli enti debbano opportunamente fissare alcuni criteri. Innanzitutto che la domanda di trattenimento sia inoltrata entro un certo termine al fine di garantire l'organizzazione dei servizi e, inoltre, che la "ponderata valutazione" debba includere situazioni soggettive particolari quali inidoneità parziali o temporanee, pregresse valutazioni negative, presenza di sanzioni disciplinari nel biennio precedente. Per il primo aspetto basterebbe il richiamo ai principi di correttezza e buona fede mentre, per il secondo, le ipotesi esemplificate costituiscono il minimo richiesto dal principio costituzionale del buon andamento.

Un'ultima perplessità che è sorta riguarda l'applicabilità dell'ultima norma ai Direttori di struttura complessa ma, francamente, non si vede il motivo per cui dovrebbero essere esclusi.

Sussistono, dunque, molteplici e delicati aspetti che sarebbe il caso di chiarire, viste anche le correlate situazioni personali e la stessa funzionalità delle aziende.


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