Medicina e ricerca

Allarme malattie sessualmente trasmissibili tra i giovani: servono screening e informazione

Nelle fasce di popolazione più giovane, soprattutto di sesso femminile, sia italiani che immigrati, compresi casi di donne in gravidanza, si annidano le maggiori percentuali di batteri e virus trasmissibili sessualmente. La Chlamydia trachomatis con diffusione del 3,2% in Italia e con la prevalenza più elevata nella fascia 15-19 (8,2%). Fattori predisponenti risultano essere i partner multipli e l'abuso di alcool. Neisseria gonorrhoeae è presente 0,5% dei casi con prevalenza maggiore nei maschi. Il Trichomonas vaginalis risulta presente in percentuale dello 0,7% con prevalenza maggiore nelle donne. La pericolosità del fenomeno è anche data dalla frequente asintomaticità delle infezioni, di cui la persona infetta viene a conoscenza quando gli effetti critici per la salute si sono già attivati. Per fronteggiare questo pericolo strisciante occorre intervenire sia con campagne di sensibilizzazione della pubblica opinione sui rischi effettivi sia attraverso campagne di screening.

È questo l'auspicio che Amcli, l’ Associazione microbiologi clinici italiani, esprime alla luce dei risultati evidenziati dal secondo Sistema di sorveglianza sentinella delle Ist, promosso in collaborazione dal Centro operativo Aids (Coa) dell'Istituto superiore di sanità e il Gruppo di lavoro infezioni sessualmente trasmesse dell'Associazione microbiologi clinici italiani.
L'indagine - condotta dal 1 aprile 2009 al 31 dicembre 2013 – è stata effettuata su un campione di 93.403 esami condotti in 134 laboratori di Microbiologia clinica dislocati sul territorio nazionale. La maggioranza delle richieste di esame è stata richiesta da medici di medicina generale e da ginecologi.

L’87,7% degli individui da cui sono stati prelevati i campioni erano donne, il restante 12,3% uomini. L'età media è di 35 anni, con 34 anni per le donne e 37 gli uomini. Il 15% degli individui testai sono risultati stranieri, di cui il 60,6% provenienti da altri Paesi europei, il 19% dall'Africa, l'11,2% dall'America e il 9,1% da Asia ed Oceania.
Oltre alle percentuali di positività ricordate prima, un altro dato rilevante dell'indagine è quello dei soggetti asintomatici che rappresentano quasi il 50% della popolazione infetta. Questa percentuale è maggiore tra le donne rispetto agli uomini. Tra le donne la quota maggiore si registra tra i soggetti in stato di gravidanza, fatto che richiama l'importanza di eseguire il test per queste infezioni anche in stato di gravidanza, in modo da evitare complicanze che potrebbero colpire anche il nascituro.

«Le malattie sessualmente trasmissibili rappresentano un problema ormai di rilevanza sociale vista la diffusione nella popolazione - commenta il presidente Amcli Pierangelo Clerici -. La riduzione dell'attenzione sui possibili rischi di patologie di questo tipo, dovuta nel tempo al diluirsi dell'impatto mediatico dell'AIDS grazie alle terapie che oggi consentono al paziente non più di sopravvivere ma di vivere, ha fatto si che venissero abbandonati quei sistemi di prevenzione che negli anni erano cresciuti, come ad esempio l'utilizzo del preservativo. A ciò ha fatto riscontro un incremento di patologie a trasmissione sessuale come quelle sostenute da C. trachomastis (soprattutto nella fascia d'età 15-25 anni), quelle sostenute da Neisseria gonorrhoeae e quella da Papilloma virus (HPV). Se nei confronti di quest'ultimo una corretta campagna vaccinale in età preadolescenziale e soprattutto un'attenta verifica dell'avvenuta immunizzazione porterebbe ad una diminuzione del rischio di tumori del collo dell'utero, solo campagne di screening sugli adolescenti potrebbero evitare importanti sequele (fino all'infertilità) nel caso di infezioni sostenute dai primi due microorganismi. È tempo, come suggeriamo da sempre, di pensare a nuovi percorsi diagnostici che consentano in breve tempo e con limitata compliance del paziente (basterebbe un campione di urina) la ricerca dei microrganismi patogeni».
«L’utilizzo delle tecniche molecolare che permette ‘ di dare un nome' ai microrganismi patogeni responsabili delle malattie sessualmente trasmesse in tempi brevissimi con massima specificità ha rivoluzionato la diagnostica tradizionale che richiedeva più giorni per la coltura e l'identificazione dei microrganismi stessi. Ciò per mette al clinico curante di anticipare la terapia e, quindi, anche di interrompere l'eventuale catena del contagio», conclude Enrico Magliano, direttore scientifico Amcli.


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