Medicina e ricerca

Autismo, un percorso «decrescente»

di Massimo Molteni (neuropsichiatra infantile responsabile Uo di psicopatologia dell’età evolutiva Irccs Eugenio Medea - Bosisio Parini - Lc)

Un nuovo percorso di cura rivolto a bambini autistici, il cui presupposto è la possibilità di garantire all’interno del Ssn un intervento di continuità di cura dai servizi specialistici al territorio, secondo quanto le linee-guida nazionali e internazionali consigliano. È l’iniziativa avviata lo scorso gennaio in Lombardia, presso l’Istituto scientifico Eugenio Medea e i centri di riabilitazione La Nostra Famiglia.

Compito apparentemente “banale”, ma di notevole complessità organizzativa e gestionale: le modalità di intervento sono radicalmente cambiate negli ultimi anni, sempre più bambini sono diagnosticati tra i 24 e i 36 mesi, con la necessità di competenze altamente specialistiche tra gli operatori coinvolti.

È inoltre necessario coinvolgere attivamente il nucleo familiare e il personale scolastico, per trasferire competenze in contesti e persone che non hanno un background specifico: il tutto, rigorosamente, a invarianza di risorse, come la situazione e anche la legislazione specifica sull’autismo (134/2015) impone.

I numeri della patologia
A livello internazionale, la prevalenza dei disturbi dello spettro autistico - quadro complesso con differenti livelli di gravità, di origine neurobiologica, che si manifesta con disturbi gravi della comunicazione sociale e del linguaggio, interessi ristretti, ipersensibilità a stimoli sensoriali, disabilità dello sviluppo intellettivo - ha subìto negli ultimi 15 anni cambiamenti impressionanti: da una prevalenza di 1 caso ogni 1.000 (primi anni 2000), si è passati negli Usa (Cdc) ai dati medi attuali, che per bambini di 8 anni di età indicano una prevalenza di 1/68, e in Europa (Finlandia - 2014) di 1/186.

Non ci sono dati epidemiologici italiani (a breve inizierà uno studio coordinato dall’Istituto superiore di Sanità): alcuni dati clinici parziali di alcune Regioni italiane stimano una prevalenza di 1/250. Dati così differenti tra loro sono dovuti alla complessità diagnostica di questa sindrome, tutt’ora solo di tipo fenomenico e descrittivo (non ci sono test strumentali che sappiano identificarla), e al radicale cambio dei paradigmi clinici che, a partire dalla fine degli anni Novanta, ha modificato conoscenze scientifiche, criteri diagnostici e logiche di intervento: la ricerca di base sull’autismo è vertiginosamente aumentata negli ultimi dieci anni (centinaia di nuove pubblicazioni scientifiche ogni anno).

Purtroppo, in Italia la ricerca anche in questo ambito è in grossa difficoltà, per la cronica mancanza di risorse e di un network nazionale di ricerca specifico per questa patologia: la recente costituzione della Fondazione italiana per l’Autismo, con lo scopo di implementare la raccolta fondi, potrebbe modificare la situazione nei prossimi anni. La ricerca non è solo studio delle cause o dei modelli neurobiologici che portano a questo disturbo: deve essere anche di tipo clinico, per individuare quali interventi sono più efficaci e quali modelli organizzativi adottare.

Quale intervento e a quale età, per avere la migliore efficacia?
Gli interventi di tipo comportamentale, nelle loro diverse evoluzioni metodologiche, iniziati precocemente, possibilmente entro i primi tre anni di età, sono il “gold standard” scientifico: purtroppo solo il 20% dei casi ha una evoluzione così positiva fino alla “guarigione” entro i primi sei anni di età, purché l’intervento sia iniziato molto precocemente.

La sfida del futuro sarà quella di capire come consolidare i miglioramenti che si ottengono anche nell’età adolescenziale e adulta.

Più difficile definire il modello organizzativo all’interno del quale strutturare gli interventi specifici, specie in patologie a forte coinvolgimento socio-sanitario: il sistema socio-sanitario italiano è uno dei pochi a copertura universale, fatto di straordinario valore, ma che rende molto complesso ogni cambiamento organizzativo, che necessita di modifiche radicali nei modelli di intervento e che coinvolge simultaneamente un grande numero di operatori e di cittadini: nei sistemi assicurativi non esiste questo tipo di problema.

Il nuovo percorso di intervento
Nel caso dell’autismo, solo in Lombardia sono attesi tra 900 e 2.500 nuovi casi ogni anno, nella fascia di età di 3 anni, la maggior parte dei quali dovrà essere seguita per anni, da équipe specialistiche e multidisciplinari: e così ogni anno.

Il nuovo percorso prevede interventi riabilitativi molto strutturati a intensità decrescente - come previsto dai lavori internazionali e dal modello organizzativo per l’autismo approvato dalla Regione Lombardia nell’aprile scorso - con una progettualità individualizzata rivista ogni semestre, dal momento della diagnosi fino all’ingresso nella scuola primaria, cui si affianca un follow-up specialistico sistematico.

Si parte con otto ore settimanali di interventi ambulatoriali basati sulle tecniche di derivazione Aba di ultima generazione - quelle con maggiore efficacia e rispetto della dinamiche evolutive, come confermato da una recentissima review internazionale - applicate subito dopo la diagnosi da un’équipe di psicologi, educatori, logopedisti e neuropsicomotricisti, con la supervisione di analisti del comportamento, con intensità e frequenza decrescente fino all’ingresso in scuola primaria.

L’intervento prevede la presenza “in box” di genitori e di operatori della scuola dell’infanzia, per trasferire loro le competenze necessarie che ne facilitino la positiva evoluzione: il coinvolgimento del contesto socio-familiare del bambino ha un positivo effetto moltiplicatore di efficacia e proseguirà con un processo di integrazione socio-sanitaria sempre più strutturata durante la scuola primaria, in collaborazione con altre agenzie del territorio in supporto all’integrazione scolastica e sociale (approccio Teacch). Questa è un’ulteriore novità: produrre un intervento che abbia come obiettivo non solo il miglioramento sintomatico, ma anche dei contesti sociali dove il soggetto vive.

Una sfida per il futuro modello di welfare europeo: non solo interventi a efficacia individuale, ma modalità di intervento che abbiano un positivo outcome anche sui contesti.

Nei 7 centri di riabilitazione della Nostra Famiglia in Lombardia coinvolti nel progetto, saranno seguiti 224 bambini tra i 2 e i 6 anni con un percorso a intensità decrescente cui si aggiungeranno 280 bambini della scuola primaria con una presa in carico di tipo socio-sanitario, per un totale di circa 500 bambini nei territori delle Ats della Brianza e dell’Insubria: a budget invariato.

Massimo

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