Medicina e ricerca

Ictus cerebrale, aprile mese della prevenzione. Che comincia a tavola

di Domenico Inzitari (responsabile Stroke Unit Ospedale Careggi di Firenze e professore in Neurologia presso il Dipartimento di Scienze neurologiche e psichiatriche dell'Università di Firenze)

S
24 Esclusivo per Sanità24

Aprile è il mese della prevenzione dell’ictus cerebrale. In questo mese le quasi 70 associazioni, che fanno riferimento alla Federazione A.L.I.Ce. Italia Onlus (Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale) organizzano in diverse piazze e ospedali italiani iniziative di prevenzione, di sensibilizzazione e di informazione su questa patologia, grave e disabilitante.
L’ictus cerebrale, purtroppo, rappresenta ancora la seconda causa di morte a livello mondiale e la terza nei paesi industrializzati. E le previsioni non sono delle migliori: entro il 2020 la mortalità per ictus rischia di raddoppiare a causa dell’invecchiamento della popolazione. In Italia ci sono 200.00 nuovi casi all’anno, la metà destinati a rimanere con handicap residui più o meno gravi. La spesa per il Servizio sanitario nazionale per l’assistenza a questi malati si avvia a raggiungere i 4 miliardi di euro l’anno nel 2020. L’sictus cerebrale, però, non solo si può curare ma si può prevenire nell'80 % dei casi: le linee guida sia nazionali che internazionali raccomandano di seguire adeguati stili di vita, che portino a controllare l’eccessivo peso corporeo e l'obesità, attraverso l'attività fisica moderata e costante, e un'alimentazione sana come quella che prevede la dieta mediterranea. Il controllo della pressione arteriosa è fondamentale, fino dai 40 anni, ancora più importante nei diabetici, così come il riconoscimento della aritmia cardiaca definita fibrillazione atriale e l'astensione dal fumo.

Il paziente colpito da ictus deve essere informato sulle cure oggi disponibili in emergenza-urgenza per poter essere sottoposto, se ce ne sono le indicazioni ai nuovi trattamenti della fase acuta (trombolisi e trombectomia meccanica). Negli ospedali l’ictus deve essere gestito da unità per l’ictus dedicate (stroke unit o centri ictus) dove team addestrati ed esperti , procedono alla stabilizzazione clinica ed iniziano precocemente la riabilitazione. L’evidenza scientifica sia nazionale che internazionale indica che il ricovero in questi reparti è in grado di ridurre di tre volte il rischio di morte e la disabilità dopo l’ictus.
In base a quanto stabilito dal decreto Lorenzin del giugno 2015, nel nostro Paese dovrebbe esserci un centro ictus di primo livello, dove poter effettuare la trombolisi intravenosa, ogni 150.00-300.000 abitanti (in media 200.000) e un centro di secondo livello, dove poter fare oltre alla trombolisi intravenosa anche la trombectomia meccanica, ogni 600.000-1.200.000 abitanti (in media 1.000.000). In tutto, quindi, dovremmo avere circa 300 centri, di cui circa 240 di primo livello e circa 60 di secondo livello. Al momento, invece, abbiamo in tutto 175 centri, fra i quali 53 hanno strutture per poter effettuare i trattamenti endovascolari. La distribuzione di queste strutture sul territorio nazionale è disomogenea, con una copertura da ottima a buona nel centro-nord ed insufficiente nel centro-sud.
È fondamentale sviluppare in maniera adeguata la connessione in rete fra centri di primo e di secondo livello, questo per poter assicurare le terapie più avanzate a tutti i pazienti che abbiano le indicazioni cliniche ad essere trattati. Oggi, infatti, vengono trattati ogni anno solo il 35% dei pazienti che hanno indicazione alla trombolisi intravenosa e addirittura meno del 10% di quelli che avrebbero indicazione alla trombectomia meccanica. Con campagne informative come Aprile mese della prevenzione, A.L.I.Ce. Italia Onlus intende ridurre l'incidenza dell'ictus cerebrale e migliorare la qualità della vita delle persone colpite, proprio attraverso la diffusione della conoscenza della patologia e dei suoi principali fattori di rischio.

Prevenzione a tavola. Pesce almeno 2 volte alla settimana, soprattutto salmone, pesce spada, pesce azzurro o trota; massimo 5 gr al giorno di sale; 3 porzioni di frutta e almeno 2 di verdura al giorno; non più di 2 bicchieri di vino al giorno. La prevenzione inizia a tavola. In numerosi studi epidemiologici, infatti, la dieta è stata individuata come uno dei principali fattori di rischio modificabile. L’Oms ha valutato in circa 2.64 milioni di casi all’anno il totale delle morti attribuibili a un inadeguato consumo di frutta e verdura. Aumentando il consumo individuale fino a 600 grammi al giorno, si potrebbe ridurre il rischio di infarto e ictus rispettivamente del 31% e del 19%.
Studi scientifici confermano come il consumo di olio d’oliva, frutta, verdura e pesce azzurro possa ridurre il rischio ictus fino al 20%. Consumare in particolare agrumi, mele, pere e verdure a foglia contribuisce molto alla protezione: un incremento di circa 200 grammi al giorno, sia di frutta che di verdura, fa diminuire il rischio ictus rispettivamente del 32% e dell’11 cento.
Un alto consumo di olio di oliva extravergine viene considerato come uno degli elementi che contribuisce maggiormente a proteggere il sistema cardiovascolare: un incremento di 23 grammi al giorno di consumo di olio di oliva è stato inversamente associato all’incidenza dell’ictus (riduzione del rischio del 20%) e alla mortalità (riduzione del rischio dell’11%). Se da una parte ci sono nutrienti da consumare con moderazione, come sodio, alcol e grassi saturi perché aumentano il rischio vascolare, per altri è stato evidenziato un effetto protettivo: omega3, fibre, vitamina B6 e B12, così come l’assunzione di calcio e potassio diminuiscono il rischio di ictus cerebrale. Seguire la dieta mediterranea riduce, dunque, il rischio di ipertensione, diabete, infarto, obesità e sindrome metabolica.


© RIPRODUZIONE RISERVATA