Medicina e ricerca

Farmaci, Aifa e ricerca indipendente: ecco i veri risultati

di Carlo Tomino (Irccs San Raffaele Roma) e Giuseppe Traversa (primo ricercatore Iss)

Nella rivista di riferimento delle malattie rare – Orphanet Journal of Rare Diseases (Ojrd) – è stato pubblicato un articolo nel quale si presentano i risultati dei bandi Aifa 2005-2007 nell'area delle malattie rare (http://www.ojrd.com/content/11/1/36 ). I dati mostrano che il programma della ricerca indipendente dell'Aifa è stato un successo, in termini di studi pubblicati su riviste prestigiose, di ricadute regolatorie e per la pratica clinica, di potenziale impatto economico per il Ssn. La pubblicazione di questo articolo consente di tornare su alcune recenti interpretazioni sostanzialmente negative, che ponevano l'enfasi sugli sprechi nella ricerca indipendente Aifa, che l'associazione Gimbe ha condotto in collaborazione con la stessa Aifa (http://www.gimbe.org/conferenze/nazionale/2016/relazioni/mattina/04.Progetto_AIFA-GIMBE_PRO.pdf ). Come responsabili per quasi 10 anni, a partire dal 2005, dell'Ufficio Ricerca & Sviluppo dell'Aifa vorremmo provare a spiegare perché di tutto si può parlare, meno che di sprechi.

La ricerca Aifa può vantare risultati molto positivi: il caso delle malattie rare
Il programma di supporto alla ricerca clinica avviata da un'Agenzia regolatoria, rappresenta già, di per sé, un esempio di lungimiranza e pionierismo nel panorama delle agenzie regolatorie. Ma proprio i risultati relativi all'area delle malattie rare – un terzo circa di tutti gli studi finanziati dall'Aifa – testimonia la necessità di essere lungimiranti. Per ottenere risultati negli studi clinici servono tempi lunghi. Ad esempio, se l'analisi attuale fosse stata condotta dopo tre anni dall'avvio dei contratti, solo il 5% circa degli studi sarebbe risultato pubblicato. Al momento si sono conclusi, e pubblicati, quasi i due terzi degli studi (40 su 62). Siccome una parte degli studi sono ancora in corso, si può stimare che la probabilità cumulativa di vedere una pubblicazione a dieci anni dall'avvio supererà largamente l'80% degli studi non interrotti precocemente. L'impact factor medio delle pubblicazioni (5,4) è elevato: basti tenere presente che meno del 7% delle riviste biomediche a livello internazionale ha un impact factor superiore. Gli autori documentano poi rilevanti ricadute per la clinica, oltre al fatto che alcuni studi mostrano che farmaci o strategie terapeutiche meno costose sono più efficaci di altre più costose: i potenziali risparmi stimati per l'Ssn sono superiori all'intero ammontare degli investimenti fatti per finanziare gli studi.

I finanziamenti Aifa best practice di monitoraggio pubblico
Tralasciamo in questa sede il fatto che il promotore di uno studio clinico (interventistico o osservazionale che sia) ha l'obbligo di rispettare le regole nazionali e internazionali. Come pure che, come tutti gli studi clinici, anche quelli supportati dall'Aifa prevedevano il monitoraggio dello studio ai sensi delle norme di buona pratica clinica.

L'Aifa ha monitorato tutti gli studi nel corso del loro svolgimento, come previsto dal contratto AIifa-Promotore, subordinando l'erogazione delle tranche di finanziamento al raggiungimento di precisi obiettivi. Il contratto includeva, ad esempio, l'invio periodico (annuale) di una relazione intermedia scientifica ed economica e, al completamento dello studio, la stesura di un Final Study Report. Tutti i ricercatori erano inoltre impegnati per contratto a pubblicare su riviste scientifiche i risultati degli studi, e l'ufficio R&S dell'Aifa ha chiesto periodicamente di segnalare le pubblicazioni scientifiche degli studi completati. Tutte le tappe di valutazione sono state effettuate dagli Uffici tecnici e amministrativi dell'Aifa, supervisionate da Commissioni di esperti interne ed esterne all'Aifa fino al 2012, e sottoposte all'approvazione finale del CdA dell'Aifa.

Per gli studi Aifa d’obbligo la registrazione nella banca dati Ue
Non è vero che il 75% dei protocolli non siano registrati. Gli studi clinici supportati dall'Aifa avevano, e hanno, l'obbligo di rispettare le normative nazionali e internazionali. La registrazione degli studi farmacologici interventistici è obbligatoria ai sensi della Direttiva 2001/20/CE (recepita in Italia con il D.Lvo 211/2003) la quale prevede il loro inserimento nella Banca dati Europea “EudraCT” (e in Italia nell'Osservatorio Nazionale sulle Sperimentazioni cliniche). Altre banche dati (ad es. Isrctn del Who, ClinTrial.gov dell'Fda) sono da ritenersi facoltative per gli sperimentatori italiani, e di conseguenza la registrazione in esse non può rappresentare un requisito di qualità dello studio. Peraltro, per gli studi non farmacologici, non esiste in Italia alcun obbligo di registrazione (tranne che per quelli con dispositivi medici, che comunque non sono stati oggetto di ricerca finanziata dall'Aifa).

d)“Altro che denaro pubblico sprecato …”
Nella ricerca clinica (chi la fa sul serio lo sa bene) servono molte risorse anche solo per avviare gli studi, a prescindere dal loro destino. I motivi d'interruzione possono essere tanti, e persino l'impossibilità di condurre uno studio produce informazioni che possono essere utili (anche se non sono quelle sperate). I circa 100 milioni di euro riferiti ai finanziamenti Aifa, in realtà rappresentano la cifra impegnata inizialmente. Per gli studi che non sono stati avviati, non è stato ovviamente erogato neppure un euro; per gli studi interrotti nelle fasi iniziali, oltre a sospendere l'erogazione del finanziamento si è provveduto al recupero delle somme non ancora impegnate dai ricercatori; per gli studi che prevedevano emendamenti relativi alla riduzione della numerosità campionaria si è provveduto alla riduzione dei finanziamenti.

Questo investimento ha prodotto numerosi risultati, sia scientifici che economici, che attraverso relazioni periodiche sono stati messi a disposizione del CdA dell'Aifa. Sui risultati scientifici si è già detto a proposito dell'articolo pubblicato sugli studi finanziati nell'area delle malattie rare. Risultati ancora più interessanti, se possibile, sono relativi alle potenziali ricadute economiche in aree diverse dalle malattie rare; prendendo in considerazione i risultati di 5 tra gli studi pubblicati (Ricercatori responsabili: Amadori, Faldella, Maggiolo, Massaccesi, Scanni), il potenziale risparmio annuo per il Servizio sanitario nazionale, se si applicassero i risultati ottenuti, ammonterebbe a una cifra stimata di oltre 100 milioni di euro, ben superiore cioè all'entità complessiva del finanziamento erogato dall'Aifa.

In conclusione, è sempre utile condurre valutazioni rigorose e rivedere con occhio critico le esperienze fatte. È pure chiaro che, come tutti i processi, è perfettibile anche il programma Aifa di finanziamento della ricerca indipendente sui farmaci. Tuttavia, sarebbe infondato, e imperdonabile, additare come esempio di spreco proprio un programma che ha ottenuto i risultati che sono stati documentati. Così si fornisce un pretesto alla chiusura di quei pochi canali di finanziamento rivolti a quesiti clinici che difficilmente trovano risposta nella ricerca caratterizzata da legittimi, ma prevalenti, interessi commerciali. Avere sospeso, dopo il primo triennio 2005-2007, il programma di ricerca indipendente Aifa nell'area delle malattie rare, è stato un errore grave. Evitiamo di contribuire a commetterne altri.

Carlo Tomino e Giuseppe Traversa
Le opinioni degli autori sono personali e non riflettono necessariamente quelle delle istituzioni di appartenenza


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