Medicina e ricerca

Buon governo e leggi semplici per investire sulla ricerca italiana d’eccellenza

di Pier Paolo Pandolfi (MD, PhDDirector, Cancer Center and Cancer Research Institute) e George C. Reisman (Professor of Medicine and PathologyHarvard Medical School and BIDMC)

La scienza è la disciplina che ci impone di vedere la realtà in maniera oggettiva. Si fanno delle ipotesi di lavoro, ma se i dati sperimentali e numerici non tornano l'ipotesi va cambiata. Nel nostro paese sembra invece che una realtà virtuale e televisiva abbia preso inesorabilmente il sopravvento sulla realtà delle cose e nel libero confronto delle idee.
Da un lato si parla continuamente di fuga di cervelli, di carenza di fondi e di mancanza di controlli di qualità nella ricerca. Al punto che frasi al riguardo sono diventate quasi forme retoriche di discussione, anche alla luce del fatto che poco si è fatto nel passato a riguardo per correggere la situazione.

D'altro lato però sembra che nessuno voglia vedere ciò che di estremante positivo abbiamo a disposizione in Italia e potremmo sfruttare a nostro vantaggio onde rilanciare la ricerca nel nostro paese con correzioni e leggi adeguate. Questo è altrettanto pericoloso perché crea un alibi diffuso al non impegnarsi in una ricerca competitiva e di qualità anche al fronte delle limitate risorse.

Voglio pertanto focalizzare questo mio breve intervento sulle opportunità e le risorse che abbiamo a tutt'oggi a disposizione nel nostro paese e che sarebbe possibile nutrire e stimolare con correzioni e leggi adeguate.

La priorità dei finanziamenti
Agli occhi di chi governa il Paese Italia, la fondamentale assenza di finanziamenti alla ricerca sembra essere non rilevante. Mentre è ovvio che qualsiasi sistema produttivo richieda sia investimenti sia talenti: sia nell'arte, nell'industria, nello sport, che nella ricerca, sia essa di base o applicata. Basta ricordare il mecenatismo che ha portato al fiorire dell'arte e della scienza nell'Italia Medioevale. Reclutare talenti e dare loro l'infrastruttura e i finanziamenti adeguati sono dunque elementi imprescindibili per avere un ritorno di risultati di avanguardia e di ricchezza economica a breve e lungo termine.

Da questo punto di vista il nostro Paese investe molto poco nella ricerca. Questo è un fatto certo. Lo dicono i dati e la percentuale del Pil che devolviamo alla ricerca. Questo può e deve essere corretto. E' però vero che quando i finanziamenti scarseggiano, come in ogni fase recessiva lamentarsi non basta. Bisogna riconoscere il problema e rimboccarsi le maniche affinché le poche risorse vengano bene utilizzate. Focalizzare le risorse sui gruppi di ricerca più produttivi in base al merito e limitare gli sprechi sono cose ovvie e poco praticate in Italia. Ma ciò non può bastare. Bisogna generare un Piano Nazionale per la ricerca che identifichi le priorità e i temi dove investire: siano essi la ricerca sul cancro, o la ricerca sulle energie alternative. Dobbiamo decidere quali temi siano portanti per il paese Italia. Questo piano a breve e lungo termine manca e non è stato proposto né dal governo in carica né dall'opposizione. Bisogna inoltre stimolare il più possibile la cultura della donazione e la filantropia con misure fiscali adeguate. Qualcosa si è fatto e di più si può fare. L'aiuto diretto dei cittadini con donazioni e iniziative filantropiche è determinante a sostegno della ricerca, così come lo sono misure fiscali che aiutino sia le donazioni da parte dell'Industria, sia il reclutamento di talenti dall'estero con incentivi fiscali appropriati.

Investire sui talenti
Veniamo ai talenti. Si parla di fuga dei cervelli ma questo implica che i cervelli e i talenti ci siano ancora, e infatti in Italia ci sono: ne continuiamo a produrre molti. Ciò è dovuto al fatto che abbiamo creato dall'unità d'Italia in poi un sistema di formazione molto solido e competitivo sia nella Scuola sia nell'Università pubblica. Questo sistema c'è ancora e va difeso, rafforzato e stimolato invece di essere smantellato.

A riguardo mi addolora profondamente di leggere di attacchi ingiustificati a scienziati italiani di fama come il professor Pier Giuseppe Pelicci: uno scienziato che non solo ha dato molto con le sue scoperte a chi soffre di tumore, ma ha dato molto all'Italia avendo deciso di tornare nel suo paese, e lavorare con il suo talento a costruire scienza di livello in Italia. Ho avuto il piacere e l'opportunità di esserne un allievo, di lavorare e collaborare con il Prof. Pelicci, e mi rattrista di vederlo vittima di attacchi scellerati e privi di fondamento, dove la realtà virtuale e dell'invenzione prende il sopravvento sui fatti oggettivi e sui raggiungimenti.

Bisogna dunque creare un sistema che protegga i nostri talenti, che ne promuova ed esalti i raggiungimenti a livello nazionale e interazionale, e permetta loro di fare veramente ricerca ad alto livello. A riguardo, la separazione delle carriere di ricerca e di insegnamento all'interno dell'Università aiuterebbe chi ama insegnare a dedicarsi a questo importante ruolo senza sensi di colpa, e permetterebbe a chi fa ricerca di insegnare un po' meno e ricercare molto di più.

Questo è ciò che avviene in tutte le Università di punta americane compresa l'Harvard University dove attualmente lavoro. Inoltre valutare chi insegna sulla base delle pubblicazioni, e chi fa ricerca sulla base di quante ore insegna è assolutamente privo di senso. I talenti hanno bisogno di sentirsi apprezzati e stimolati, così nella ricerca come in tutte le discipline, incluso l'insegnamento: ciò si può fare facilmente indirizzando i finanziamenti nazionali ai più meritevoli ed incentivandone le prestazioni. Ciò indurrebbe le Università ad arruolare preferenzialmente persone competenti perché reclutando i cervelli e i talenti si otterrebbero più finanziamenti, generando di conseguenza una sana competizione per il talento fra le Università e i centri di ricerca.

Vorrei infine ricordare che nel settore Biomedico abbiamo un Sistema sanitario nazionale che ci permette di condurre trials clinici su scala nazionale che molti ci invidiano. È questo il motivo per il quale la nostra ricerca clinica in Italia è ancora molto rispettata nonostante le ristrettezze ben note.

A mio avviso in Italia e nella comunità europea in cui l'Italia opera, si può fare ricerca di altissimo livello. Abbiamo tutti gli ingredienti, i talenti, l'infrastruttura e la tradizione per far bene. Servono risorse ben indirizzate, nuove leggi semplici e chiare, e buon governo. Ci riescono paesi con risorse più limitate delle nostre ci possiamo sicuramente riuscire noi. È ora che si parli sempre più delle nostre scoperte e nostre terapie innovative, sulle riviste specializzate di punta e sui quotidiani di livello, e non solo di scandali o polemiche. La ricerca e la scienza sono bellissime attività e vanno raccontate per quello che sono, con gioia e con ottimismo.

Il nostro vero nemico è il cancro, la malattia e la sofferenza; e il vero nemico va fronteggiato uniti, con le nostre risorse e talenti, come sistema Paese, per un'Italia migliore e per un mondo migliore.


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