Medicina e ricerca

Epilessia, rimettiamo al centro i bisogni e i diritti delle persone

di Francesca Sofia (direttore scientifico Federazione Italiana Epilessia)

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24 Esclusivo per Sanità24

A differenza di quello che la maggior parte della gente crede, l'epilessia è una malattia incurabile. Con i farmaci si cerca di prevenirne i sintomi, di evitare le crisi. Fortunatamente, circa il 70% delle persone a cui viene diagnostica una qualche forma di epilessia, risponde a queste terapie raggiungendo la libertà dalle crisi. Gli altri sono e rimangono farmaco-resistenti. Per loro, cioè, le terapie sono poco o addirittura per nulla efficaci.
Quando arriverà una cura per questa patologia? È la domanda più frequente che viene posta da chi ne è colpito o dai loro cari agli specialisti e alla Federazione Italiana Epilessie, un ente che riunisce 24 associazioni di pazienti e famigliari con lo scopo di tutelare i diritti delle persone con epilessia e promuovere la loro inclusione in ogni ambito sociale.
La realizzazione di nuove e più efficaci terapie è un processo lungo che richiede ingenti investimenti, pianificazione strategica, collaborazioni estese. E nonostante l'epilessia colpisca 50 milioni di persone nel mondo e mezzo milione solo in Italia, sia conosciuta fin dai tempi di Ippocrate, studiata con metodo almeno dalla seconda metà del 1800, rimane ancora oggi in moltissimi aspetti incompresa.
Le ragioni sono diverse. Innanzitutto, vi sono le difficoltà oggettive di comprensione dei meccanismi che si inceppano e che sono quelli alla base del funzionamento del nostro cervello, gli stessi che ci fanno pensare, muovere, provare emozioni. Poi, l'epilessia a dispetto dei numeri e del suo impatto socio-sanitario è, tra le malattie neurologiche diffuse, la più negletta in termini di finanziamenti, di interessi industriali e di attenzione delle istituzioni e dell'opinione pubblica. Se confrontati con gli investimenti in ricerca per altre importanti patologie, i fondi per lo studio di nuove terapie risultano molto ridotti: per esempio, negli Stati Uniti i National Institutes of Health e le agenzie private investono 400 dollari per paziente nella ricerca contro la malattia di Parkinson, 450 contro la sindrome di Alzheimer, 464 contro l'autismo mentre solo 74 dollari contro l'epilessia.
Tutto questo rallenta il processo della scoperta e dello sviluppo di terapie innovative, che affrontino le cause della patologia.
Eppure, non sono poche le recenti importanti scoperte. Un arsenale di strumenti e informazioni che vanno dalla comprensione del processo con cui si genera la crisi epilettica in alcune cellule del cervello allo studio di sistemi per raggiungere e curare selettivamente proprio quelle cellule.
In questa direzione vanno diversi studi finanziati dalla Commissione Europea, che usano la terapia genica per potare all'interno delle cellule nervose molecole ad azione terapeutica, come neurotrofine e neuropeptidi o ancora molecole che si attivano con la luce per aiutare le cellule a regolare la trasmissione dei segnali elettrici.
Altri fronti di indagine riguardano il controllo dei microRNA, piccoli “interruttori” che nel cervello presiedono alla regolazione dell'espressione dei geni e il cui effetto finale è regolare il livello di eccitabilità dei neuroni. Esistono e sono allo studio farmaci che potrebbero agire proprio su di loro.
Non da meno sono le scoperte sul ruolo dell'infiammazione nell'epilessia, ambito ancora più negletto ma nel quale le evidenze, almeno in alcune forme di epilessia, indicano un aumento patologico dell'infiammazione che nel cervello scatenerebbe crisi epilettiche. In questi casi, sono allo studio alcuni farmaci antinfiammatori che potrebbero avere azione anticonvulsivante.
Tutto questo - e molto altro - si inserisce in un quadro dove la ricerca genetica con le nuove tecnologie di sequenziamento del Dna sta rivelando sempre più informazioni sulle cause dell'epilessia, malattia in cui la predisposizione genetica gioca un ruolo determinate anche quando le crisi si manifestano a seguito di un evento traumatico. Ma per quanto promettenti, queste informazioni non sono ancora applicate in una sperimentazione clinica. Potremo assistere a questo passo in avanti solo quando si inizierà a pianificare a lungo termine la ricerca sull'epilessia, dedicandovi risorse adeguate, monitorando in modo stringente i risultati e prevedendone lo sviluppo con il coinvolgimento di tutti i portatori d'interesse. E forse così arriveremo a dare una risposta alla domanda di una cura.


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