Medicina e ricerca

Rete nazionale dei percorsi oncologici, modello da replicare

di Antonio Giulio de Belvis (Rete nazionaledei percorsi oncologici)

Lo sviluppo nelle realtà assistenziali di sistemi di continuous quality improvement dei processi di cura - ad esempio, attraverso l’applicazione di linee guida/buone pratiche grazie ai Percorsi clinico assistenziali (Pca) o Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (Pdta) - è non solo aspirazione dei clinici e dei manager più illuminati, ma punto cardine della più recente normativa di riferimento.

In particolare:

il decreto ministeriale 2 aprile 2015 n. 70 (Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera) prescrive che le strutture ospedaliere, per essere accreditate, debbano «promuovere ed attivare standard organizzativi secondo il modello di governo clinico (Clinical Governance)». Il punto 5.3 (Standard per i presidi ospedalieri di base e di I livello) prevede che le strutture ospedaliere, a partire da quelle di primo livello, debbano dimostrare una «documentata e formalizzata presenza di sistemi o attività di: [...] Implementazione di linee guida e definizione di protocolli diagnostico-terapeutici specifici; [...] Valutazione e miglioramento continuo delle attività cliniche; Misurazione della performance clinica e degli esiti; Audit clinico [...]»;

la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di Stabilità 2016), all’articolo 1, comma 539, ha disposto che «tutte le strutture pubbliche e private che erogano prestazioni sanitarie si debbano dotare di strumenti di monitoraggio, prevenzione e gestione del rischio sanitario adeguati, adottando, tra gli altri, [...] percorsi di audit o altre metodologie finalizzati allo studio dei processi interni e delle criticità più frequenti; [...] Rilevazione del rischio di inappropriatezza nei percorsi diagnostici e terapeutici [...]»;

e ancora, all’organizzazione delle cure per Pca/Pdta si richiama indirettamente il Ddl “Gelli” sulla responsabilità medica, che tutela l’operatore sanitario che avrà rispettato le linee guida o le buone pratiche assistenziali, proprio perché i percorsi clinici ne costituiscono la veste organizzativo-gestionale di implementazione.

I Pca/Pdta sono quindi strumento di miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza delle cure, di riduzione del livello di inappropriatezza e del rischio, nell’ottica di una reale focalizzazione sui bisogni della persona assistita.

Tutto semplice? No, perché l’organizzazione dell’assistenza, i sistemi di misurazione e rendicontazione e, più complessivamente, la logica complessiva di valorizzazione dell’attività assistenziale non sono coerenti con le logiche di percorso. Ad esempio, i sistemi informativi e di rendicontazione dell’attività sanitaria non sono nati per supportare il decisore in un’ottica di filiera assistenziale (processo o risultato) e consentono con grandi difficoltà il monitoraggio sistematico dell’attività assistenziale attorno ai Pca/Pdta e, quindi, non favoriscono la messa a regime della loro introduzione nella più complessiva gestione aziendale sanitaria.

Le nostre organizzazioni soffrono oggi per un dualismo ingessante: da una parte, sono investite dalla crescente pressione e aspettativa di pazienti, società scientifiche e mondo dell’industria verso una gestione dei problemi di salute dei pazienti attraverso i Pca/Pdta, con il conseguente sforzo di clinici e manager di introdurli nella pratica clinica; dall’altra vivono la frustrazione, stanti gli attuali limiti, del vivere quotidianamente la difficoltà nel garantirne vita propria nell’organizzazione delle cure.

Che fare? Alcune tra le più rappresentative strutture nazionali hanno sentito il dovere di lanciare la sfida in questo ambito, realizzando un good willing network. Da qui la costituzione della Rete nazionale dei Percorsi oncologici. Nata nel 2014, per iniziativa di Istituto clinico Humanitas Irccs Rozzano, Grande ospedale metropolitano Niguarda Milano, Asst Papa Giovanni XXIII - Bergamo, Fondazione Poliambulanza Istituto ospedaliero di Brescia, Istituto oncologico Veneto Irccs Padova, Arcispedale S. Maria nuova Irccs Reggio Emilia e della Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Roma, la Rete nazionale dei Percorsi oncologici ha come obiettivo primario quello di individuare requisiti, regole rigorose e condivise di confronto sulle performance dei rispettivi Pdta in oncologia, al fine di migliorare la qualità assistenziale e la qualità percepita dalla persona curata.

Il primo ambito di confronto della Rete è il Percorso della persona con tumore del colon-retto, rispetto al quale sono stati definiti alcuni indicatori validati in letteratura, rigorosi e omogenei per razionale e metodologia di calcolo, non routinariamente disponibili dai correnti sistemi informativi aziendali, in modo da consentire la sostenibilità nel calcolo, la replicabilità nell’analisi, la confrontabilità tra le differenti realtà assistenziali e il benchmarking.

L’importanza, anche all’interno del Ssn, del ruolo della Rete nazionale dei Percorsi oncologici è stata ribadita il 14 novembre scorso all’interno di un Workshop patrocinato e ospitato dall’Istituto superiore di Sanità, in cui le strutture si sono confrontate con autorevoli rappresentanti di Agenas e del ministero della Salute.

Nel corso dell’incontro, è stata presentata la metodologia di individuazione e calcolo degli indicatori e l’applicabilità nelle strutture. La prospettiva di presentazione è stata duale, per ognuno dei sette centri: quella del medico, generalmente il coordinatore di percorso e quella del manager apicale della struttura. È stata inoltre ribadita la necessità di una forte regia istituzionale che riunisca in un’unica strategia nazionale proposte, iniziative e professionalità per la definizione dei principi che devono regolare la costituzione dei Pca/Pdta in oncologia, e quindi, strettamente correlate, delle Reti oncologiche regionali.

Questa prima validazione consentirà alla Rete, anche integrandosi con le iniziative istituzionali di Iss, Agenas e ministero della Salute, di:

a. implementare il sistema di benchmarking volto al perseguimento del miglioramento continuo della qualità attraverso un confronto costruttivo strutturato e un’azione di trasferimento di best practice;

b. fornire un contributo alla diffusione e al consolidamento presso la comunità scientifica, i pazienti, gli operatori e i decisori istituzionali della implementazione di forme di assistenza al paziente con tumore al colon retto realmente centrate sul paziente, anche per implementare logiche di Value based healthcare, combinando valutazioni di processo e di outcome con quelle di costo, per proporre costi di riferimento per percorso;

c. proporsi ai cittadini e alle persone in cura e alle altre strutture oncologiche del Paese che vogliano misurarsi e crescere confrontandosi con e dentro la Rete.


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